“C’erano militari libici che scortavano i barconi”

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La notizia arriva quasi in sordina nel corso dell’audizione davanti alla commissione Difesa del Senato del procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro. Il tema è l’inarrestabile flusso di migranti in partenza dalla Libia. Chi c’è dietro? I trafficanti, certamente, ma aiutati da complici eccellenti. Il magistrato parla dei gommoni che partono dai porti libici, “spesso accompagnati in mare da navi sospette”. A questo punto Zuccaro si ferma e chiede al presidente della Commissione, Nicola Latorre, di spegnere i collegamenti audio e video. A fare da “scorta” a gommoni e barche in pessime condizioni provvederebbero anche “navi della marina o della Guardia costiera libica”. ZUCCARO NON DICE di pig>ù. Non sa quale sia la bandiera, di quale governo o di quale milizia, battuta da queste imbarcazioni, ma il tema è esplosivo. Perché solo quattro giorni fa il ministro dell’Interno Marco Minniti ha restituito due motovedette regalate dall’I t al i a alla Guardia Costiera libica del governo di unità nazionale (Gna) di Fayez al Sarraj. Erano state donate nel 2009, danneggiate nel 2011 e riportate l’anno dopo in Italia. La restituzione fa parte dell’acc ordo raggiunto tra Libia e Italia il 2 febbraio scorso, nel quale il nostro Paese si impegna a finanziare e istruire la Guardia costiera libica per fermare il traffico di esseri umani. La richiesta del governo libico per affrontare l’emergenza è di almeno 800 milioni. La rivelazione del magistrato pone un interrogativo pesante: ci si può fidare dell’attuale governo libico e delle sue strutture di polizia? Audizione lunga e attesa, quella del procuratore Zuccaro. “Il mio focus non sono le Ong, ma chi specula, in mare e a terra, sul dramma dei migranti ”, ha esordito il magistrato, quasi a voler esorcizzare le polemiche di queste settimane. Il capo della Procura di Catania chiede più mezzi, nuovi strumenti di indagine. Respinge l’idea di Carlo Giovanardi che l’Italia (emulando la Tunisia e Malta) chiuda l’ac – cesso ai porti. “Le Ong che battono bandiera tedesca, se li portino in Germania”, specula il senatore. “Mi vergognerei di un Paese che chiude gli occhi di fronte a un dramma di questa portata”, replica con garbo il procuratore. RIMANGONO alcuni punti interrogativi. Il capo della Procura di Catania dice di non aver “mai chiesto dati e informazioni ai servizi di sicurezza. Non li potrei utilizzare proc e ss u a lm e n te ”, ma ribadisce di avere notizie provenienti dalla Marina Militare e dalla Guardia Costiera. Per la senatrice Loredana de Petris (Sinistra Italiana), tutto è ancora poco chiaro. “C’è ancora tanto fumo, scarse ipotesi investigative e una polemica che sta danneggiando le Ong che operano onestamente”. C’è una inchiesta giudiziaria? “Se c’è un procedimento in corso non lo posso dire”, la replica del magistrato. I dati raccolti non sono spendibili in un processo, ma ci sono notizie che “ri – chiedono approfondimenti”. Comunicazioni via radio e via Internet tra “persone sospette che operano a terra, in Libia”e “operatori delle Ong sulle navi”, lo spegnimento del sistema “transponder ” (che permette la localizzazioni delle navi di soccorso h24). Infine la notevole dotazione finanziaria di alcune Ong, Moas (che verrà sentita oggi in Commissione difesa) in primo luogo. Per approfondire tutti questi elementi, Zuccaro chiede più uomini e più mezzi. Intanto fioccano le polemiche. Il magistrato sarà sentito dal Consiglio superiore della magistratura, ma il ministro della Giustizia Orlando assicura che non ci saranno conseguenze disciplinari. La sua, assicura il Guardasigilli, è “un’analisi di carattere generale, con la quale si può essere d’accordo o meno, la cui espressione può essere più o meno opportuna, ma non mi pare che configuri in alcun modo un illecito di carattere disciplinare che giustificherebbe un intervento del ministero”. DESTRA E LEGA fanno quadrato a difesa di Zuccaro, scende in campo anche il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri (“è una persona serissima, perbene e, oserei dire, un gentiluomo. Se ha detto questo probabilmente ha delle informazioni certe dei Servizi”), Rosy Bindi vuole sentirlo in Commissione antimafia per capire come e quanto le mafie sfruttino il sistema dell’accoglienza dei migranti. Ma il procuratore pone l’accento su un tema centrale: non devono essere organizzazioni private a svolgere il lavoro del salvataggio in mare dei migranti, questo è un compito degli Stati e delle istituzioni europee. Parole rivolte a una politica sorda e a un’Europa che ha scelto di chiudere gli occhi.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 4 maggio 2017)