Confiscato il villaggio dove i boss stavano al mare
Da gran commis e custode di grandi segreti a collaboratore di giustizia. Parliamo di Vito Roberto Palazzolo, 67 anni, alias Robert Von Palace Kolbatschenko, il cosidetto manager della mafia, il riciclatore di grandi denari tra Berna e Città del Capo, da quando si è consegnato alla magistratura palermitana non manca di dare importanti contributi per la confisca di beni. E’ tornato in Italia, nel dicembre del 2012, lasciando, dopo 25 anni, quel paradiso dorato che per lui era diventato il Sudafrica, dove faceva da intermediario a grandi mafiosi. Contro di lui c’è il timbro di una condanna definitiva a nove anni che così come scrisse Giovanni Falcone fa di Vito Roberto Palazzolo, uno dei più grandi e importanti riciclatori di Cosa Nostri. Palazzolo ha deciso di rispondere alle domane dei giudici, ma per carità non ditegli che è, o è stato, un mafioso men che meno che oggi sia un pentito, “io non sono né un pentito, né un collaboratore, né qualcuno che accusa le persone, oppure un calunniatore…racconto le vicissitudini nelle quali mi sono ritrovato dal 1961”. E poi aggiunge, “la mafia ieri come oggi mi fa schifo”. E’ tornato a dirlo ai giudici del Tribunale del riesame di Trapani che lo hanno sentito come teste nel procedimento per un sequestro di beni ai danni di un imprenditore palermitano originario di Monreale, Calcedonio Di Giovanni. Proprio in questi giorni il Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani, presidente Piero Grillo, ne ha disposto la confisca. Un patrimonio da 100 milioni di euro. Il grosso del patrimonio confiscato, a parte società immobiliari e finanziarie tra Londra e San Marino, è costituito da un maxi villaggio turistico sulla spiaggia di Torretta Granitola a Campobello di Mazara, il villaggio Kartibubbo. Un villaggio per la Dia di Trapani costruito con i soldi della mafia, 5 miliardi di vecchie lire, ma non solo, lì dentro una volta costruito hanno trascorso la latitanza, al mare, tutti i big di Cosa nostra, da Riina a Provenzano, sino a Ciccio e Matteo Messina Denaro, padre e figlio, quest’ultimo super capo di Cosa nostra ricercato dal 1993. Cosa c’entrano Kartibubbo e Di Giovanni con Palazzolo? Palazzolo fu artefice negli anni ’70 poco più che ventenne, di quel progetto da 4miliardi di lire, assieme ad una cordata di imprenditori svizzeri, ma fu costretto a cedere il tutto a Di Giovanni per farlo costruire in nome e per conto di Cosa nostra, lui, Palazzolo ha così raccontato a pm e giudici che quel progetto la mafia glielo tolse dalle mani, anzi ha raccontato ai giudici che lui sino a quei giorni “la mafia non l’aveva mai incontrata”, tanto da dire che il fatto per lui ancora oggi “rappresenta un ricordo amaro”. Ha poi aggiunto che fu suo nonno a portarlo dall’allora capo mafia di Partinico Nino Geraci che in cambio di 20 milioni lo fece mettere d’accordo con Di Giovanni che lo ricompensò per quel progetto con 400 milioni e una villetta, “nemmeno la volevo e l’ho dovuta cedere al boss mazarese Mariano Agate”. Palazzolo ha raccontato che fu l’allora sindaco di Campobello di Mazara Antonino Passanante a fare da “compare” nell’affare a Di Giovanni, “si inventò pretesti per farmi fermare i lavori. Poi un salto all’indietro nella storia dei crimini mafiosi: “seppi che anche Passanante era mafioso, un suo antenato nel 1909 ammazzò il poliziotto italo americano Joe Petrosino appena giunto a Palermo” I giudici di Trapani hanno intanto inflitto tre anni di sorveglianza speciale all’imprenditore palermitano Calcedonio Di Giovanni. I giudici hanno accolto la proposta di confisca avanzata dalla Dia, a firma del Direttore Nunzio Antonio Ferla, e il procedimento è stato coordinato dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Dino Petralia. Di Giovanni per decenni è stato un imprenditore assai attivo nel settore edilizio e turistico alberghiero, nel 2014 aveva subito il sequestro del patrimonio ora confiscato perché risultato contiguo all’associazione mafiosa, l’attività edilizia da lui condotta ha avuto sempre dietro le spalle il contributo di Cosa Nostra, molteplici gli interessi con le cosche come con quella di Mazara del Vallo capeggiata dai famigerati Agate. Da ultimo poi Di Giovanni ha ottenuto finanziamenti pubblici nazionali e comunitari coinvolgendo nei propri progetti anche interessi della mafia di Castelvetrano, capeggiata dai Messina Denaro. Sul suo conto anche le accuse di lottizzazioni abusive, truffe, furti, omissioni contributive per oltre 60 milioni di euro, a tanto ammonta il suo debito col fisco italiano, fatturazioni per operazioni inesistenti e bancarotta.