Amatrice, quelli che restano “Dateci container e stalle”
Io non mollo. Non me ne vado. Avevo la possibilità di un buon lavoro a Roma, ma questa è la mia terra e non l’abbandono. Chiaro?”. Venticinque anni, il volto da ragazzina e un paio di stivali ai piedi per difendersi dal fango misto al letame. Amatrice, frazione Bagnolo, abitanti 44. Qui il terremoto del 24 agosto non ha ucciso, le case hanno crepe vistose e stanno in piedi malamente, la vera vittima rischia di essere la piccola economia della zona, le povere cose che assicurano il pane quotidiano a questa gente. Pecore, vacche, prati e fieno. Il mondo di Anita Supplizzi, del suo ragazzo e dei suoi genitori. “Abbiamo 140 pecore, 5 maiali, galline di una razza particolare che producono uova con basso contenuto di colesterolo, e poi cavalli, yak tibetani (anche la loro carne ha poco colesterolo), muli, asini” e un lama. Ci sono un enorme capannone dove sono ricoverate le pecore, il recinto per gli altri animali e le gabbie per le galline. Due roulotte (“portate da amici volontari servono ad ospitare noi e altre due famiglie”) e una casetta di legno. “IL NOSTRO SOGNO è costruire una fattoria didattica con un piccolo ristorantino per i prodotti locali, io ho studiato da chef e so come si fa. I cavalli possono servire per l’ippote – rapia. Ma ora la nostra urgenza è non morire. Servono container per noi e stalle prefabbricate per gli animali. Noi al mare non andiamo, la nostra ragione di vita è su questa terra”. Qui, per il momento, non si è Amatrice, quelli che restano “Dateci container e stalle” visto nessuno. Il mastodontico apparato di soccorso per la prima emergenza non ha ancora pensato a chi vive e lavora sulla terra. A pochi passi dalla famiglia di Anita c’è un altro campo di auto-organizzati, poco più su sei tende bianche portate da una organizzazione francese. Le hanno montate su un prato in discesa. Di notte sono fredde e non ci dorme nessuno. “Sono venuti dei volontari a portare un po’di mangime per gli animali, per il resto stiamo facendo da soli. Irriducibili e auto-organizzati, perché qui è il nostro futuro. Il terremoto non può uccidere anche le nostre speranze e i nostri progetti. Presenteremo la domanda per i fondi europei e regionali e realizzeremo il sogno della nostra fattoria didattica”. Non va via Anita con la sua famiglia, hanno mille problemi a lasciare le loro cose tanti cittadini di Amatrice. Il sindaco ha annunciato che da venerdì verranno smontate le tendopoli. ANCORA 48 ORE e si vedrà il destino di questa piccola comunità. Contrada San Cipriano, campo della “Brigata di solidarietà attiva”. È aperto lo spaccio solidale. Chi ha bisogno viene qui e prende: alimenti, prodotti per l’i gi e ne , vestiti, giochi per i bimbi, libri. Prende e si informa. Per chi non può raggiungere il campo ci sono le “s ta ff et te ”, macchine di volontari che fanno il giro di frazioni e campagne per portare quello che serve. Mille dialetti (dal piemontese dell’attivista No-Tav, al sardo delle ragazze di Orgosolo, al romanesco), tanta passione vera. “L’obiettivo è dare una mano, raccogliere e distribuire aiuti, ma anche informare”, mi dice Peppe Cremolizzi. “La gente ha bisogno di districarsi nella burocrazia dell’em e rg e n za , delibere comunali e ordinanze della Protezione civile”. “I TERREMOTATI di Amatrice e degli altri paesi colpiti temono di essere tagliati fuori dalle scelte importanti. Le aree per le casette, la tipologia dei moduli abitativi, i tempi. Per questa ragione molti non vogliono allontanarsi”, è l’opinione di Ilaria Mugnai, altra volontaria delle Brigate. “L’Aquila dista pochi chilometri e il disastro provocato dalle new townè lì a dimostrazione di quello che non si deve fare ad Amatrice. Noi non siamo un soggetto politico, non organizziamo la gente. Ma daremo una grande mano se i terremotati lo faranno”. Il tema è il futuro. La domanda quale ricostruzione. “Guardati intorno, qui eravamo terremotati già prima del terremoto”, mi dice un piccolo imprenditore di Borgona. Piccoli paesi con poca gente. Piazze vuote di giovani. Inanimate. Un ’economia fragile che rischia di morire definitivamente. In un dossier la Confesercenti calcola che “gli effetti negativi sul pil delle zone colpite dal terremoto provocheranno l’entrata in povertà per oltre duemila famiglie nell’area del cratere”. (pubblicato su IL FATTO QUOTIDIANO 21 settembre 2016)
Le soluzioni tecniche ci sono basta saperle e vedere se sono compatibili