Alcamo e il comitato d’affari

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(di Marco Bova)

Chiesto il giudizio immediato per il «Comitato d’Affari» di Alcamo. La richiesta, firmata dai sostituti della Procura di Trapani Marco Verzera e Rossana Penna, è stata depositata nella cancelleria del gip del Tribunale di Trapani, dopo aver interrogato il principale indagato dell’operazione «Dirty Affairs»: Pasquale Perricone, di 61 anni, imprenditore edile e vicesindaco nella giunta di Alcamo presieduta da Sebastiano Bonventre. L’uomo, fondatore del movimento Area Democratica – nel 2012 candidato, e per poco non eletto, alle Regionali con il Megafono dell’attuale presidente della Regione, Rosario Crocetta – è considerato un «dominus assoluto» della vita politica ed economica di Alcamo. L’inchiesta coinvolge altre sei persone: Girolama Maria Perricone di 50 anni (cugina di Perricone), Marianna Cottone di 34 anni, (compagna di Perricone), il funzionario regionale Emanuele Asta, 55 anni, Francesca Cruciata, 58 anni, Mario Giardina, 50 anni e Domenico Parisi, 50 anni. L’inchiesta -svolta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Trapani – emerse lo scorso 24 maggio con gli arresti di alcuni di loro, ma adesso gli unici a rimanere in carcere sono Pasquale Perricone (detenuto al San Giuliano di Trapani) e Marianna Cottone (di recente trasferita al Petrusa di Agrigento). I due, al telefono, parlavano della qualunque e in una delle conversazioni, l’imprenditore è stato ascoltato mentre si vantava di aver conosciuto il «gotha» di Cosa Nostra.

INTERROGATORIO – Dinanzi ai pm Perricone ha ammesso alcune delle accuse contestate, confermando l’organizzazione di alcuni corsi di formazione professionale fantasma svolti dalla coop Promosud (uno di questi si chiamava «Cultura della Legalità») escludendo un ruolo occulto nelle cooperative impegnate nei lavori del porto di Castellammare del Golfo. Secondo gli inquirenti, inoltre, avrebbe tentato di condizionare l’attività della Banca di Credito Cooperativo “Don Rizzo”, nominando un consigliere all’interno del Cda e influenzandone le scelte: anche questa ipotesi è stata negata da Perricone. Tra gli argomenti discussi, anche l’approvazione del «Piano delle opere triennali» del comune di Alcamo, emersa nel corso di alcune intercettazioni telefoniche. «Erano riunioni di maggioranza», ha detto Perricone, rivendicando il ruolo di «secondo gruppo consiliare» dell’aula. Venerdì i i pm hanno interrogato la compagna Marianna Cottone e oggi sarà il turno di Mario Giardina (che nel frattempo è rientrato in unarichiesta di rinvio a giudizio, in un altra indagine sui lavori di rifacimento del porto di Castellammare del Golfo, di cui era direttore dei cantieri).

CONTESTAZIONI – Al centro delle contestazioni l’organizzazione di corsi di formazione fantasma e la realizzazione del porto di Castellammare del Golfo. L’accusa è di Associazione a delinquere finalizzata alla truffa, reati contro la pubblica amministrazione, corruzione e bancarotta fraudolenta. Perricone negli anni novanta era stato «additato da alcuni collaboratori di giustizia come contiguo alla famiglia mafiosa dei Melodia di Alcamo, del quale sembrerebbe essere stato «uomo di riferimento» nel campo imprenditoriale ed all’interno dell’Amministrazione comunale di Alcamo». Secondo gli inquirenti, Perricone (politicamente ed economicamente) avrebbe giovato consapevolmente del beneplacito dei Melodia. Nell’inchiesta venne arrestato Emanuele Asta, funzionario dell’ispettorato del lavoro, adesso trasferito ai domiciliari. L’uomo, iscritto alla loggia massonica Myrhiam (la stessa in cui era iscritto Sebastiano Bonventre, sindaco di Alcamo dal 2012 al 2015) di recente era stato nominato dalla Curia di Trapani come vicepresidente dell’Opera Pia Mangione di Alcamo e commissario straordinario per la liquidazione del Residence Marino di Trapani. Longa manusdella chiesa trapanese, è stato anche consigliere comunale di estrazione democristiana, avvicinandosi poi al Partito Radicale e durante le indagini è emerso perfino un incontro avvenuto in un noto ristorante trapanese assieme al senatore Antonio D’Alì (imputato dinanzi la Corte d’Appello di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa). Tuttavia Asta durante l’interrogatorio si è avvalso della facoltà di non rispondere. Parziali ammissioni invece per Francesca Cruciata (marginale la sua posizione) adesso in stato di libertà, che ha confermato «la falsificazione di alcuni registri di presenza dei corsi di formazione».

INDAGINENell’indagine erano emersi i nomi di altre 25 persone la cui posizione è stata stralciata e secretata. I nomi sono top secret, mentre per i sette emersi con gli arresti del 24 maggio, dinanzi al Tribunale del Riesame, si è dissolta l’accusa di intestazione fittizia di beni contestata, “trattandosi di cooperative, geneticamente intestate ai soci, e non di società di capitali”, dicono gli avvocati. L’indagine è articolata e, per spiegarla con le parole del Procuratore capoMarcello Viola, «dietro una serie di reati, apparentemente slegati abbiamo notato dei collegamenti e l’esistenza di un organizzazione dal rilievo particolarmente pesante. Sullo sfondo di questo contesto, abbiamo individuato un vero e proprio Comitato d’Affari composto da soggetti che potevano influenzare la vita pubblica e politica del territorio di Alcamo». L’identikit è chiaro e si amalgama con la descrizione dei sistemi criminali, fatta dalla Commissione Parlamentare Antimafia durante la recente missione nella Sicilia occidentale. “A Trapani – ha detto la presidente Rosy Bindi – esiste una nuova cupola fatta di mafia e massoneria capace di condizionare l’attività economica, pubblica e politica delle comunità”. E si vede.