A Ustica ci fu una collisione Il Mig libico era sotto il Dc9
Un tavolo pieno di carte. Appunti, mappe geografiche del Mediterraneo, piani di volo e ritagli di giornale ingialliti. Quelli con la data del 28 giugno 1980, il giorno dopo la tragedia del Dc9 di Ustica. Renzo Martinelli inanella cifre, confronta orari, mostra tracciati radar e testimonianze giurate di esperti di volo. Siamo nello studio romano del regista, immersi in uno dei misteri di questo Paese e a pochi passi da via Fani (luogo simbolo che ha ispirato Piazza delle Cinque lune, il film sul sequestro di Aldo Moro). Materiali, suggestioni ed emozioni sufficienti per perdersi. “Tre anni di lavoro, le cinquemila pagine dell’inchiesta su Ustica lette e rilette. Gli articoli dei giornali dei primi giorni, li vede? Sono i più utili, perché ancora sulla tragedia non sono iniziati i depistaggi, non è ancora calata la cortina fumogena delle mezze verità e delle verità che non dovevano essere esplorate…”.
Martinelli, va bene, ci spieghi perché 35 anni dopo le viene in mente di fare un film sulla strage di Ustica? Per amore della verità. Le sembra una frase retorica?
Ho studiato, approfondito, ho investito soldi per capire e sono arrivato a mie conclusioni.
Quali?
La prima è che nessuna delle ipotesi avanzate sulle cause della strage, è da ritenersi provata fino in fondo. Hanno parlato di cedimento strutturale del velivolo, bomba nella toilette posizionata alla coda dell’aereo, e di un missile che per puro errore colpisce il Dc9. Ipotesi frutto di anni e anni di inchieste giudiziarie, con specialisti, tecnici, studi approfonditi. La accuseranno quanto meno di essere presuntuoso. Corro il rischio, ma non sono un tecnico, né un magistrato, sono un regista. Il mio compito era quello di portare all’attenzione dell’opinione pubblica, e mi permetta, soprattutto dei familiari delle 81 vittime, una quarta ipotesi. Che io ritengo la più vicina alla realtà.
Martinelli, ci dica la sua “verità inconfessabile”. Cosa è successo quella notte nel cielo di Ustica?
Diciamolo semplicemente. Sotto la pancia del Dc9 c’era un aereo libico che cercava di nascondersi ai radar americani. Siamo in piena guerra fredda, la tensione tra Stati Uniti e Libia è alle stelle. Il nostro governo ha buoni rapporti con la Libia di Gheddafi, nostro fornitore di petrolio e socio al 10% della Fiat. Come diceva Giulio Andreotti avevamo “una sposa americana e un’amante libica”. Frase suggestiva.
E allora?
I Mig libici andavano a fare manutenzione negli aeroporti della ex Jugoslavia riparandosi sotto la pancia di aerei di linea maltesi per evitare di essere intercettati dai radar. Ovviamente i nostri servizi di sicurezza chiudevano un occhio. Quella notte si incrociano una serie di coincidenze. Il Mig libico aspetta un aereo proveniente da Londra per compiere il suo tragitto. L’aereo ritarda. Anche il Dc9 in partenza da Bologna si alza in volo in ritardo. Il pilota libico si confonde e capisce solo dopo che è sotto la pancia dell’aereo sbagliato. Tenta di svincolarsi, viene addirittura visto dal copilota del Dc9. Nel frattempo parte l’allarme Nato e sei caccia si alzano in volo (francesi, italiani e americani). Per ordine della Nato opereranno solo gli aerei Usa.
Quindi?
Il Dc9 è in fase di atterraggio su Palermo, a bordo la gente è tranquilla mentre nel cielo di Ustica è in atto un inseguimento tra i caccia americani e il Mig libico. Il pilota tenta di salvarsi riparandosi sotto il nostro aereo. Pensa che gli americani non spareranno. Sono attimi concitati. Scene di guerra che si concludono con la collisione tra il caccia americano e il nostro aereo.
E il Mig-23Ms libico?
Ha consumato il suo carburante, forse vuole tentare un atterraggio in una base italiana in Sicilia, ma non ce la fa e precipita sulla Sila.
Martinelli la copriranno di insulti, la attaccheranno…
Lo so, ma almeno si parlerà di una tragedia che in troppi hanno interesse a seppellire sotto una valanga di menzogne. Per promuovere il film abbiamo ricostruito il relitto del Dc9, lo esporremo nelle piazze e nei centri commerciali. La gente deve sapere.
Prima un film sulla tragedia del Vajont, poi Moro, ora Ustica. Chi glielo fa fare?
La passione per la verità. Il cinema può essere uno strumento formidabile per far aprire gli occhi alla gente, anche ai giovani. Cinema civile. La offende questa definizione? Assolutamente. I precedenti in Italia sono illustri. È una strada faticosa ma va percorsa fino in fondo.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 20 marzo 2016)
Purtroppo la mole impressionante di falsità e di invenzioni diffuse sul caso ha fatto perdere ogni interesse per una ricostruzione oggettiva dei fatti. Per qualche approfondimento v. il sito http://www.claudiopizziit.wordpress.com .