Mediterranea (è) Rosarno
Dopo i fatti di Rosarno del 2010 l’Italia e il mondo intero hanno aperto gli occhi e scoperto le vere condizioni dei lavoratori africani nel nostro Paese. Tutti ci siamo fermati a guardare le immagini della “Rivolta dei neri” rimanendo senza fiato di fronte alle scene dei migranti che hanno messo a ferro e a fuoco la piccola cittadina calabrese, sfasciando vetrine dei negozi e macchine. Rosarno da sempre nota per essere il cuore pulsante della ‘ndrangheta, dove non si muove foglia se non per volontà di chi comanda – il paese regno incontrastato dei Pesce e dei Bellocco – si è trovata a dover affrontare il problema immigrazione sotto i riflettori di mezzo mondo. Ma non era quello l’inizio della storia e nemmeno la fine. Mediterranea di Jonas Carpignano – il lungometraggio del regista trentunenne che ha aperto il Medfilm Festival di Roma al Cinema Savoy è un racconto davvero esclusivo rispetto alla complessità di quei fatti e del territorio calabrese o, come lo stesso regista direbbe, di ‘a Chjana (il suo primo cortometraggio made in Calabria). Perché nel film non c’è spazio per la retorica, non c’è tempo per capire chi sono i buoni e chi i cattivi, non si sente pronunciare nemmeno una volta la parola mafia. Il racconto complesso del fenomeno viene fatto attraverso lo sguardo sincero e speranzoso dell’attore protagonista, Koudous Seihon, che ha rappresentato di fronte alla macchina da presa il dramma che ha vissuto a Rosarno durante gli scontri ma anche il viaggio sul barcone in mezzo al mare e l’arrivo in una città straniera per poter guadagnare qualche soldo da mandare alla sorella e alla sua bambina. Lo sguardo di Ayiva accompagna lo spettatore per tutta la durata del film senza attori veri ma pieno di gente vera, quella buona e quella cattiva; criminali comuni e Rom – come Pio, il bambino che vende oggetti rubati e fa da ponte tra le campagne e la città dove Mamma Africa cucina per i fratelli di colore e regala sorrisi – gli assistenti sociali organizzano l’accoglienza e i pochi, pochissimi volontari, si fanno in quattro per fronteggiare le emergenze di salute. E poi c’è quel caporale “buono” che invita Ayiva e il suo compagno a pranzo: pasta, pane e vino a volontà per i fratelli africani ma mai un contratto di lavoro per ottenere il permesso di soggiorno. “Io ti faccio lavorare, puoi lavorare anche alla festa di compleanno di mia figlia. Basta che si mangia e che si beve…” i diritti sono tutt’altra cosa…
Rosarno come metafora dell’integrazione mai avvenuta. La stazione deserta dove si arriva senza speranze e quel treno che passa sopra le case di cartone dei migranti a ricordare da dove sono venuti. Ayiva ha vissuto quell’inferno della rivolta ma la disperazione lo ha accompagnato lungo tutto il suo viaggio che non era quello che aveva pensato. Il Mediterraneo che ci unisce eppure ci separa l’ha condotto in Calabria a scoprire le case di fortuna costruite in veri e propri ghetti. Niente acqua, niente riscaldamenti, niente servizi igienici, sere fredde in compania dei topi e all’alba il lavoro estenuante nei campi. La scintilla è arrivata con il ferimento dei due migranti che ha fatto scattare la rivolta, ampiamente annunciata. La divisione fra bianchi e neri. E quello che è accaduto dopo: un migliaio di migranti rispediti via, lontano da quel posto senza speranza con la forza, imbucati su decine di autobus senza sapere qual era la meta. Questo è successo nella città ignorata dalle istituzioni e teatro di passerelle politiche senza senso. Ma alla fine Ayiva ce l’ha fatta. Ed oggi ha anche un grande amico, il suo regista, Jonas Carpignano. L’emozione più grande l’ha provata durante la presentazione del film a Gioia Tauro, città dove vive da cinque anni. Lì c’era tutta la complessità che si trova anche dentro al film: c’erano i buoni e i cattivi. C’era la gente del posto che applaudiva, insieme ai migranti. C’era il mondo, quello vero che finalmente qualcuno ha saputo osservare spogliandosi da ogni pregiudizio e da falsi luoghi comuni. Il Medfilm Festival ha regalato alla città di Roma questa grande opportunità, grazie al dinamismo di una grande squadra che ha lavorato a questa 21esima edizione, con la sapiente guida del presidente fondatore e direttore artistico Ginella Vocca. Il film di Carpignano è di produzione franco – tedesca – americana ed è in uscita in vari paesi europei ma non ha distributori in Italia perché siamo saturi di documentari sul fenomeno immigrazione. Paradossalmente non siamo mai abbastanza saturi dei morti del Mediterraneo.
Il festival proseguirà fino al 13 novembre. Per info: http://www.medfilmfestival.org/