Degrado Roma

Degrado a lungotevere Farnesina, Roma, 19 settembre 2015. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Degrado a lungotevere Farnesina, Roma, 19 settembre 2015.
ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Se una notte d’inverno un viaggiatore… Ma qui Italo Calvino c’entra poco..E’ autunno e piove. Roma un giorno qualsiasi, aeroporto di Fiumicino, area arrivi. E’ passata la mezzanotte e insieme al professore londinese conosciuto in aereo siamo alla ricerca di un taxi. Il professore è innamorato della Città eterna ed è curioso. Negli occhi ha le belle immagini in bianco e nero de “La dolce vita” e quelle a colori de “La grande bellezza”. Il grigio di questa sera lo colpisce. “Taxi, taxi…”. Il signore vestito tutto di nero ci avvicina per proporci il suo personalissimo servizio. “Perché gli ha detto di no?”, mi chiede il professore. “E’ un abusivo, non ha licenza e ci spellerà vivi”. Commento: “Incredible”. Passiamo alla fila dei taxi regolari, quelli bianchi. Siamo tra i primi eppure nessuno ci fa salire. I tassisti preferiscono i gruppi di turisti in attesa. Solo dopo qualche protesta uno di loro ci prende finalmente a bordo. “Dottò a quest’ora è sempre così, alcuni colleghi preferiscono i gruppi, se guadagna di più”. Replica: “Ma come? E il tassametro, le tariffe, i controlli?”. “Risposta: “Vabbé lassamo perde. Fanno così, io so un cojone ho scelto di guadagnarmi il pane onestamente”.

E’ Roma, caro professore. Il mio interlocutore si illumina. “Già, ho letto la storia del vostro mayor, Marino, e degli scontrini per le cene. Incredible!”. “Caro professore, fossero solo cene e scontrini. La realtà è che Roma l’hanno sbranata lupi famelici”. A questo punto la curiosità del viaggiatore lievita. Siamo arrivati, ma lui vuole saperne di più. “Voglio capire come una città così bella, simbolo mondiale della vostra storia e dell’arte, abbia potuto ridursi così. Cosa è successo?”. Lo accontento e ci diamo appuntamento l’indomani mattina per fare il nostro tour nella Roma degli affari e degli imbrogli, quella che non c’è nei pacchetti all inclusive dei tour operator.

Ore 9, capolinea di piazza Zama. Aspettiamo il mitico 360, un pullman chiamato desiderio. Non arriva mai. Sul piazzale due bus fermi, gli autisti a terra, la gente senza alcuna informazione. Sono rotti, cadono a pezzi. La pensilina è troppo stretta per riparare tutti dalla pioggia. “Professore, la vede quella scritta sui pullman, Atac, è il simbolo di uno scandalo infinito. Stiamo parlando di un colosso pubblico dei trasporti. Un colabrodo che ha chiuso il bilancio 2014 con 141 milioni di perdite, qualcosa come 386mila euro al giorno, 20mila ogni ora che passa. Gli autobus? Li vede in che condizioni sono, 900 mezzi su 2300 sono fermi. E non è finita nell’azienda dove ogni politico ha sistemato nani e ballerine di lap dance, manager inventati e amici degli amici, si sono appaltati lavori a trattativa privata per due miliardi di euro. Per essere chiari, caro professore, basta leggere i dati dell’Autorità anticorruzione: nel solo 2011 è stato affidato a trattativa privata il 99,94% degli appalti per forniture, il 93 di quelli per lavori e il 98,84% per i servizi. Ora capisce perché i bus sono fermi? Allora prendete la metro. Facile a dirsi. Ma lo sa che la metro C, eterna incompiuta, è già costata 3,7 miliardi di euro, 700 milioni più del previsto? Una grande opera con dentro i colossi delle costruzioni italiane, Ansaldi, Vianini, Finmeccanica e il Consorzio costruttori cooperative. Ma ci sono ben 5mila subappalti, ed è qui – dicono i magistrati – che si infiltrano mafia e ‘ndrangheta”. “Incredible, quindi si pagavano quelle che voi chiamate mazzette?”. “Esatto professore, perché la filosofia di come si vive a Roma l’ha descritta bene Salvatore Buzzi: “Per mungerla la vacca la devi fa magnà”.

48361 Roma Sciopero trasporti sciopero fermata autobus metro trasporti (EIDON) (Agenzia: EIDON) (NomeArchivio: PHPIMrf4.JPG)

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Ora il professore chiede chi è Salvatore Buzzi, e chi Massimo Carminati, ed è veramente arduo spiegargli in poche parole il cancro che ha divorato Roma. L’impasto di fascistume e politici di sinistra, cooperative e imprese, mazzette e soldi pubblici che è Mafia Capitale. Gli facciamo vedere la famosa foto della cena della vergogna, quella con Alemanno, consiglieri e politici del Pd, Buzzi, il ministro Poletti, quando era capo della Lega Coop, e sullo sfondo uno dei Casamonica con panza ben in vista. “Non è possibile, ma il ministro ha mai smentito questa foto, si è giustificato?”. “No – replico – il ministro se l’è presa con i giornali e ha minacciato querele”. “Incredible”.

Vuole sapere chi era Buzzi, il professore. Va accontentato: ex galeotto, si laurea in carcere, commuove le anime candide della sinistra, fonda cooperative per i detenuti ed esce. A Roma è una potenza. La sua Coop “29 giugno” fattura 60 milioni l’anno, lui è nel cda di 12 società, ogni mese spende per mazzette ai politici amici 27500 euro, più il 2,5% di stecca sul valore degli appalti che la coop riesce a prendere grazie al loro appoggio. Il professore ascolta e si tura il naso, non solo per le notizie nauseabonde, ma per quel cassonetto traboccante monnezza che ammorba l’aria. “Professore l’azienda per l’igiene pubblica della Capitale si chiama Ama. Bello, vero? Ama, richiama l’amore, ma questi la città la odiavano. L’Ama c’est moi, diceva Buzzi all’epoca di Franco Panzironi, Ad dell’azienda. Ai tempi suoi l’Ama era il regno di Bengodi, 841 assunzioni sospette in un solo anno, più una serie di mazzette pagate da Buzzi. Per i magistrati l’uomo, un fedelissimo del sindaco Alemanno, era “l’espressione di una rara capacità a delinquere”.

Il professore è estasiato. Prende appunti. “Quindi – mi chiede – lo scandalo è tutto della destra e dell’ex sindaco”. “No, professore, e le rispondo con una frase del procuratore capo Giuseppe Pignatone. Alcuni uomini vicini all’ex sindaco Alemanno sono componenti a pieno titolo dell’organizzazione mafiosa, ma Buzzi e Carminati erano tranquilli chiunque vincesse le elezioni”. Ha capito ora? Se non le basta le faccio sentire cosa diceva Buzzi alla vigilia delle elezioni comunali del 2013: “L’avevamo comprati tutti, se vinceva Alemanno ce l’avevamo tutti comprati…che cazzo voi di più?”. “Incredible”.

Non tanto. Perché ora, ed è la parte più difficile del tour, bisogna spiegare al nostro curiosissimo e insaziabile interlocutore, come potessero convivere fascisti e mafiosi, politici di destra e politici di sinistra. Cito a memoria la “teoria” di Carminati: “Ci sono i vivi sopra e i morti sotto, e noi in mezzo. C’è un mondo in cui tutti si incontrano. Il mondo di mezzo, ed è quello dove è anche possibile che io mi trovi a cena con un politico”. Ora, al prof londinese le cose sono più chiare.

Siamo al centro, Piazza Venezia, direzione Campidoglio. Traffico bloccato da una manifestazione. Le periferie esasperate contro i campi rom. “Professore, non vorrei deluderla, ma è una farsa, una finta, una recita. Perché anche sui campi rom, sui profughi e sulla disperazione delle periferie, questi hanno mangiato a quattro ganasce”. E racconto di Luca Odevaine, uomo potente ai tempi del sindaco Veltroni, potentissimo con tutti i ministri dell’Interno. “Abbiamo chiuso con 40 milioni di fatturato – si esaltava Buzzi -, gli utili li facciamo sugli zingari, sull’emergenza abitativa e sugli immigrati, quelli fruttano più della droga”. “Professore, funzionava così: Odevaine orientava le scelte dei vari tavoli ministeriali di cui faceva parte, in modo da assegnare i flussi degli immigrati alle strutture gestite da soggetti vicini a Buzzi e Carminati, per questo – lo scrivono i pubblici ministeri – riceveva 5mila euro al mese di mazzette. Quando le cose si mettevano male, politici della destra organizzavano le proteste delle periferie che ospitavano queste strutture. I talk show mandavano le loro telecamere, il Comune tremava e accettava la proposta di Buzzi di aprire nuovi centri. Quindi altri finanziamenti, altre assunzioni, altro potere per mafia capitale. Stiamo parlando di un grande business, pensi che nel 2014 solo per ospitare 2581 profughi nella Capitale, lo Stato ha speso 35 milioni, più altri 7 investiti dal Comune. Una miniera d’oro”.

“E adesso c’è il Giubileo – mi chiede esterrefatto il mio ospite -, cosa accadrà?”. Lo tranquillizzo. O almeno cerco di farlo. “Va tutto a rilento, tranne le mazzette. Pensi che per la prima gara assegnata dal Comune sono stati arrestati due imprenditori e un funzionario pubblico. E temo non sia finita, visto che per soddisfare la richiesta di Papa Francesco occorrerà almeno un miliardo”.

Il professore chiude il taccuino sconsolato ma conservando un pizzico di fiducia. “Però i responsabili di Mafia Capitale sono in galera, si può ripartire, la corruzione è stata colpita…”. Lo interrompo per deluderlo. “Caro professore, non è così semplice. Certo, il sistema della corruzione ha subito un duro colpo, ma le forze che vogliono mangiarsi Roma hanno una grande capacità di rigenerarsi. Si voterà e il sistema è già all’opera, diciamo che ha espulso la sua parte più volgare e appariscente. Presto arriveranno quelli più sofisticati. Punteranno su un nuovo sindaco e vinceranno di nuovo”. Il povero professore è alle corde, mi accusa di essere pessimista e cerca nel Marcello della Dolce vita, o nel Geppino Gambardella del film di Sorrentino, una frase che offra un po’ di speranze. Gliene propongo una, le ultime parole di Accattone nel film di Pasolini. Disteso su una stradina di Testaccio, lo sbandato Vittorio Cataldi sta morendo, eppure dice “Mo sto bene”. “Quindi – è la conclusione dello studioso londinese – solo se muore Roma potrà risorgere”. “Bravo professore. Solo se questa Roma (delle mafie, degli affari e dei sistemi di potere) muore la vera Roma potrà risorgere”.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 26 ottobre 2015)