Moro e la cassetta mancante
Diciassette audiocassette, di quelle in voga negli anni Settanta del secolo passato, quando la musica si ascoltava sui mangianastri, uno dei supporti tecnologici preferiti dalle Brigate Rosse. Diciassette reperti da archeologia tecnologica che però aprono un nuovo mistero nel caso Moro, o meglio nella serie di disattenzioni, sciatterie organizzate e depistaggi, maturati nei 37 anni di ricerca della verità sul rapimento e l’uccisione dello statista democristiano ad opera delle Brigate Rosse. Le cassette sono state scovate in uno degli archivi della procura di Roma da Antonia Giammaria, magistrato in servizio presso la Commissione Moro. Un primo mistero: nel verbale che accompagna l’importante reperto, si parla di diciotto cassette, all’appello, quindi, ne manca una. Fermiamoci un attimo, e prima di approfondire “il giallo” della cassetta sparita, concentriamoci sulla qualità del materiale oggi a disposizione della Commissione. Si tratta di audiocassette (nastri per registrazione) utilizzate più di una volta. Alla prima registrazione ne sono state sovrapposte altre, canzoni, in modo particolare, canti “rivoluzionari” in voga in quegli anni, i cileni “Inti Illimani” e l’eterno Francesco Guccini. Toccherà al Ris di Roma e alle nuove tecnologie utilizzabili in questo campo, tentare di ripulire tutto e riportare il nastro alle condizioni delle prime registrazioni. Quali voci furono registrate, quelle dei brigatisti del covo di via Gradoli, o anche la voce di Aldo Moro? Oppure quelle cassette contengono la registrazione degli interrogatori dello statista democristiano? Presto per dirlo, l’unico dato certo è che quelle diciotto cassette furono repertate e ascoltate da qualcuno, un addetto della polizia giudiziaria del tempo, senza però essere “sbobinate”. Secondo indiscrezioni, non esisterebbe un verbale completo del loro contenuto, ma solo un brogliaccio di massima nel qualee vviene indicato il sesso del soggetto che parla e sommariamente il contenuto delle cose dette. Torniamo al mistero della cassetta sparita. “Facciamo una scommessa – dice l’avvocato Walter Biscotti che da anni rappresenta le famiglie degli agenti uccisi nell’agguato di via Fani – so che la cassetta mancante sulle 18 sequestrate nel 1978 in via Gradoli, è una a due cifre, vale a dire da 10 a 18. Scommetto che alla fine mancherà la numero 13, perché è quella che ha delle voci incise, molto interessanti ma mai pienamente analizzate”. Cosa conterrebbe di tanto interessante ai fini della ricostruzione della prigionia di Aldo Moro, la cassetta scomparsa, per il momento lo si può soltanto ipotizzare. Valerio Morucci, uno dei capi della colonna brigatista che portò a termine l’operazione Moro, sentito anni fa dalla Commissione Stragi, disse che tutte le cassette con gli interrogatori di Moro furono distrutte sovraincidendole. Una affermazione che ha sempre suscitato perplessità tra chi da anni indaga sui misteri del caso Moro. I capi brigatisti, Morucci, Faranda, Senzani, Moretti, erano ossessionati dalla sicurezza, le loro tecniche di sicurezza erano mutuate dalle esperienze dei gruppi di guerriglia che in quegli anni operavano negli Stati del Sudamerica, e mai avrebbero lasciato in giro una traccia così a rischio. Insomma, per distruggere le cassette c’erano altri metodi più radicali e sicuri rispetto al loro riutilizzo. L’avvocato Biscotti, però insiste sulla cassetta numero 13: “Nella prima parte ci sono canti rivoluzionari, così come nella seconda parte, ma per alcuni giri, l’ufficiale di pg che ha redatto il verbale, annota voce maschile che parla di alcuni articoli. E’ da escludere che per ragioni di sicurezza, le Br registrassero le loro discussioni”. Forse sul lato b di quella cassetta si sente la voce di Moro, è la tesi dell’avvocato, al quale Moretti portava ogni giorno una rassegna stampa. Ma anche questo è presto per dirlo: le speranze di avere almeno un barlume di luce su questo nuovo mistero sono tutte nelle mani degli specialisti del Ris. Come nei migliori gialli all’italiana.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 14 marzo 2015)