#MafiaCapitale oltre il sacco di Roma
“Capitale corrotta nazione infetta”. Volesse il cielo si potesse fare ancora un titolo così. Come quello che “L’Espresso” dedicò nel 1955 all’inchiesta di Manlio Cancogni sul “sacco di Roma”. Oggi, con “Mafia Capitale”, siamo molto oltre. Ogni livello di guardia è stato superato, abbiamo già attraversato il ciglio del burrone. L’impasto di fascismo, mafia e politica, senza distinzioni di steccati e bandiere, che da anni governa i destini di Roma, rischia di farci rimpiangere quel preistorico 1955 e i suoi voraci palazzinari. Al confronto con questi criminali che avevano libero accesso nelle ovattate stanze del Campidoglio, sia ai tempi del fascista ripulito Gianni Alemanno, sia ai tempi di oggi del sindaco in bicicletta, anche gli anni di Evangelisti (“a Fra che te serve”) e di Vittorio Sbardella, “Lo squalo”, risplendono come anni d’oro. Chi comanda nella Capitale d’Italia ce lo dice un sodale del “sistema” in una intercettazioni. Comanda Massimo Carminati, il Re, il fascista dei Nar che si fece affarista di altissimo livello, perché “lui è un fenomeno, è un boss, è tutto”.L’inchiesta della procura di Roma è solida e ampiamente documentata, ma quello che è certo è che siamo solo di fronte alla prima puntata di una storia che promette di aprire altri e ben più inquietanti capitoli. Ha voglia Matteo Renzi a dire che “quello che emerge è letteralmente uno schifo”. Il giovane premier si limita a fotografare una situazione che è sotto gli occhi di tutti, ma omette un passaggio che era lecito aspettarsi da chi predica la “rottamazione” del vecchio: quello schifo è roba sua, il cancro ha corroso le ossa del suo partito, la pratica del volemose bene e dell’accogliere tutto e tutti senza stare tanto ad indagare sul passato e sul presente di chi ci siede accanto, ha spalancato le porte della politica e delle istituzioni a questa gentaglia. Certo, i processi si faranno e presto, come auspica il premier, ma per fare piazza pulita nella parte del suo Pd corrotto non è necessario attendere i lunghissimi tre gradi della Giustizia. Chi è accusato di intascare mazzette va cacciato e subito, chi non ha vigilato anche, chi come il ministro Giuliano Poletti è stato quanto meno leggero nell’accostarsi a un personaggio come Salvatore Buzzi, dovrebbe fare decine di passi indietro e non limitarsi a denunciare la sua indignazione per le notizie pubblicate. La foto a colori delle cena del ministro, allora capo della potente centrale delle coop rosse, con Alemanno, Buzzi, Panzironi, l’onorevole Marroni, e sullo sfondo un membro del potente clan dei Casamonica intento a mangiare a quattro ganasce, parla da sola. E ci racconta di quell’impasto fatto di politica, mafia, affari e fascisti buoni per tutte le stagioni, che ha soffocato la Capitale e sta ammazzando l’Italia intera. Ma chi, ai tempi della famosa copertina de “L’Espresso”, avrebbe mai potuto immaginare che un giorno si sarebbe addirittura ipotizzata la possibilità di sciogliere per mafia il Comune di Roma? Non accadrà, certo, ma è il solo fatto che se ne discuta che dovrebbe far tremare le vene ai polsi a chi è al governo del Paese. Non è finita qui, lo sanno tutti, i rumors su sviluppi clamorosi e su possibili collegamenti del “sistema capitolino” con altre mafie, si fanno sempre più insistenti. C’è nel ventre molle del sistema di potere mafioso-affaristico chi si agita e sta già correndo ai ripari. Come leggere diversamente l’incursione nei locali degli uffici che ospitano il Servizio giardini e la Protezione civile del Comune di Roma? Hanno rubato un computer, cosa c’era in quei file? Cosa doveva sparire per sempre? Dietrologie? Se sì, sono ampiamente giustificate. Perché tra i protagonisti di questa storia italiana ci sono personaggi come Carminati che hanno avuto anni di frequentazione collaborativa con pezzi importanti dei servizi e delle istituzioni. Il sindaco Marino annuncia una giunta di salute pubblica, aperta alla società civile e ai grillini. Chissà se c’è ancora tempo per attestarsi su questa ultima spiaggia, prima che l’onda del malaffare travolga anche l’ultimo granello di sabbia.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 6 dicembre 2014)