Il piano casa, precari e una generazione perduta

disordini roma

Doveva essere il primo corteo contro il governo Renzi. La prima prova di forza della piazza insoddisfatta che non ce la fa più. E’ finita con scontri e cariche della polizia, una decina di feriti e almeno ottanta fermati. Il ferito più grave un uomo di 45 anni, pantaloni della tuta nera, una felpa rossa e la mano destra spappolata da una esplosione. Un petardo, una bomba carta. Tante ne sono esplose in via Veneto, all’altezza del ministero del Welfare e all’inizio di via Del Tritone. Incidenti prevedibili, annunciati, scontri che si potevano prevenire ed evitare. Perché è a metà del corteo, almeno diecimila persone partite da Porta Pia, che si vedono i primi movimenti. Ragazzi che si calano il cappuccio della felpa nero, indossano caschi e si muovono a gruppi compatti rompendo la lunga scia di ragazzi e ragazze, tanti, famiglie intere di occupanti delle case sfitte a Roma, precari, extracomunitari, umanità dei centri sociali. Un altro gruppo, poco prima di via Barberini, indossa k-way di colore azzurro, si autodefiniscono blue bloc, parenti stretti e abbastanza violenti dei black-bloc. Sono loro che conquistano la prima fila del corteo e si posizionano di fronte ai reparti di poliziotti e carabinieri messi a difesa del ministero del Welfare. Volano bottiglie di birra vuote, tantissimi petardi, molte bombe carta. Un minuetto della stupidità che viene fatto ballare per quasi un’ora, con agenti e carabinieri lasciati a fare da bersaglio. Poi le cariche. Dure, violente, disordinate. Molti manifestanti cadono a terra. La foto di questa giornata è quella che fissa l’immagine di un giovane che col suo corpo copre una ragazza per non farla calpestare dalla folla in fuga. Ci sono fermati, feriti, un poliziotto ha una gamba bruciata da un petardo. A Piazza Barberini è di nuovo carica. Qualcosa nel dispositivo studiato dalla Questura non ha funzionato come doveva, trasformando la gestione di una giornata difficile in un allarmante flop. E poteva andare anche peggio, visto che poi il corteo viene fatto deviare per il tunnel dei via Del Tritone. A pochi metri, in una viuzza laterale di Via Veneto, un uomo a terra urla da dolore, la sua mano destra è spappolata da una esplosione. E’ un peruviano, uno che ha occupato una casa popolare e stava tirando un petardo. No, era un venditore ambulante che protestava, sono le prime informazioni. E’ finito in ospedale in condizioni gravissime.
Quindicimila persone, la fotografia di interi settori sociali ricacciati indietro dalla crisi e che non sono toccati dai debolissimi segnali di ripresa. “Noi – ci dice un ragazzo – gli 80 euro di Renzi non li vedremo mai perché una busta paga non l’abbiamo mai vista”. “Il piano casa del ministro Lupi è una truffa, tocca solo chi ha un reddito, qui c’è gente che non ha un salario e degli sgravi Irpef per acquisto di mobili se ne sbatte. La verità è che anche questo governo è lontano da un enorme pezzo di società”. L’analisi di Paolo Di Vetta, uno dei leader della protesta è brutale ma ha fondamenti di verità. Basta osservare le facce e sentire le storie di chi parte da Porta Pia per manifestare disagio e povertà. Sono immigrati, lavoratori in nero, ragazzi delle università, gente che non ha un presente e sa di non avere un futuro. “Chiamateci come c…vi pare, se vi piace chiamateci neet, all’inglese, una generazione perduta che non studia e non lavora, siamo semplicemente precari”, ci urla una ragazza. “Questo governo – chiarisce una sua amica – col job acts ha legalizzato la precarietà, l’ha istituzionalizzata. Precari a vita, questo è il destino ce hanno disegnato per noi”. Cova un fuoco pericolosissimo sotto la cenere delle politiche per la fuoriuscita dalla crisi, e sono fiamme che nessuno, nel mondo politico, vuole governare. Ed è contro la politica che questa massa indistinta di bisogni punta il dito. “Li vedo ogni sera in tv, nel talk – ci dice Gianni, che si autodefinisce occupante abusivo – parlano di loro stessi, fanno finta di litigare, ma non sanno cos’è questa parte dell’Italia, ignorano il dramma di chi non ha un reddito fisso e non può pagare un affitto. Il sindaco Marino parla, ma qui a Roma comandano i palazzinari. Ci chiamano criminali ma noi abbiamo occupato case e uffici sfitti da anni”. Finisce così, a sera con quello che rimane del corteo che si ritrova da dove era partito, a Porta Pia. C’è rabbia e delusione, un senso di sconfitta per quegli inutili scontri con la polizia. “Dovevamo assediare in maniera rumorosa e colorata i ministeri, è finita con un padre di famiglia che ha perso una mano”. Rita, cameriera in nero in una pizzeria della Tuscolana, ci racconta così la sua delusione.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 13 aprile 2014)