Le mani sulla foresta
(di Angelo De Luca)
Serra San Bruno.Lo chiamano, in gergo, «taglio colturale», ma secondo gli ambientalisti lo si dovrebbe definire “culturale”. Perché da queste parti lo sanno in tanti: nulla succede mai per caso e nulla si fa mai per oggettivo senso del bene comune. In fondo, qui a Serra San Bruno, c’è una logica sempre diversa da quel che appare, al di là delle ragioni di ognuno, mentre ogni ragionamento è una metafora e ogni metafora è un indirizzo.
Lo spiega, con sfacciata precisione, uno stralcio della relazione prefettizia bocciata poi dal Ministero degli Interni, che mesi addietro ha stoppato il commissariamento per mafia del Comune di Serra San Bruno perché gli elementi emersi, nel loro insieme, non presentavano «la necessaria congruenza rispetto ai requisiti di concretezza, univocità e rilevanza». Lumi, sugli alberi, contenuti nel capitolo della relazione riguardante la gestione dei patrimoni boschivi che sottolinea situazioni di presunte contiguità amministrative atte a favorire taluna o talaltra ditta direttamente o indirettamente riconducibile a personaggi in odor di ‘ndrangheta. Nelle carte di quel procedimento “archiviato” viene descritto uno spaccato di quotidianità applicata a normalità e che inchioderebbe tutti i politici locali alla medesima responsabilità, ovvero a quel peccato originale figlio del tornaconto elettorale e costituito, sovente, da superficialità nella gestione amministrativa in materia di lotti boschivi assegnati.
Nel caso specifico, ad esempio, per ben 19 volte su 31, in dieci anni, i lotti boschivi sarebbero finiti alla stessa ditta di Mongiana, diretta da un certo Vallelonga, che sarebbe stretto da vincoli di parentela proprio ai Vallelunga (quasi omonimi se non fosse che per una “u” generata da un errore di trascrizione in anagrafe) del clan dalla ‘ngiuria “famosa” e in tema e trama con la storia in questione: i “Viperari”.
Emergono, infatti, particolari singolari. Sono riassunti in tre punti principali che, nonostante la bocciatura ministeriale della relazione prefettizia, potrebbero rappresentare una cartina al tornasole dell’intero affaire, oltre che ovviamente riassumere il legame tra una foresta sottoposta ad uno sfruttamento intensivo e interessi poco chiari. Ad esempio: sovente non sarebbero stati rispettati i tempi previsti dal capitolato d’onori e conseguente incasso della cauzione prevista; sarebbero state omesse o ritardate le richieste di certificazione antimafia, indispensabili già da subito per l’aggiudicazione provvisoria dell’asta; non ci sarebbe stata una certa trasparenza, avvalorata dal fatto che su 31 gare aggiudicate 30 sono pervenute da un’unica offerta, atta a favorire una più ampia partecipazione di ditte…
In pratica, e senza giri di parole, qualora fosse questa la verità – e considerando il periodo di riferimento, un decennio contraddistinto politicamente da un’alternanza sinistra-destra (alternanza che ha praticamente scisso perfettamente il paese della “Certosa” in due principali aree e in due principali uomini, Brunello Censore del Pd e Nazzareno Salerno di Ncd, uno parlamentare e l’altro assessore regionale) – si potrebbe tranquillamente concludere che le mani, e le ombre, sulla foresta, non nascono certo oggi in seguito alle polemiche legate al paventato abbattimento del presunto «albero più grande d’Europa».
«Volete sapere se l’amministrazione ha fatto tutto a regola? Chiedete a chi quel documento l’ha firmato». Dice ostentando sicurezza, e un pizzico di soddisfazione, il sindaco di centrodestra Bruno Rosi, il quale durante il gentile colloquio nello studio notarile dove presta servizio come segretario ha spiegato le ragioni e le scelte del Comune, puntando poi il dito contro le asserite «strumentalizzazioni politiche degli avversari», ribadendo l’assoluta necessità di tagliare gli alberi «non per fare cassa, ma per salvaguardarli». La firma della delibera, in effetti, porta in calce un nome, ovvero quello di Maria Censore, responsabile dell’area amministrava del Comune e, cosa forse più importante, sorella del più conosciuto Brunello, deputato del Partito Democratico e serrese doc. «Il mio compaesano – precisa ancora il sindaco, riferendosi alle polemiche prese in esame dallo stesso deputato – dovrebbe sapere come stanno le cose. Avesse chiesto alla sorella…». E continua: «Ce l’abbiamo messa noi a dirigere il settore, giusto per far capire le buone intenzioni della nostra amministrazione, lontano da qualsiasi interesse di parte».