Via il prefetto di Reggio: sgradito agli amici di Alfano

Il prefetto non piace a Peppe Scopelliti e ai suoi uomini, e allora va cacciato. Lontano da Reggio Calabria, Città dello Stretto sull’orlo del default finanziario e soprattutto primo Comune capoluogo ad essere sciolto per mafia. Perché Scopelliti, con la lista-partito che porta il suo nome, è uno degli azionisti di maggioranza del partito di Angelino Alfano. Al ministro dell’Interno in fuga da Berlusconi ha portato senatori, deputati e una pattuglia di sindaci e consiglieri regionali, Angelino gli è grato e ha obbedito: Vittorio Piscitelli, prefetto da meno di due anni, all’inizio di dicembre è stato trasferito a Roma. Fuori ruolo e a disposizione del Viminale che lo colloca al vertice della “Commissione straordinaria per la gestione del fenomeno delle persone scomparse”. Non certo una promozione, basta vedere le destinazioni degli altri prefetti della Città dello Stretto, l’ultimo a Firenze, il penultimo, prima mandato a Genova, poi alla prefettura di Napoli. Piscitelli non è certo un “prefetto di ferro” alla Cesare Mori, ma un prefetto che nei mesi del commissariamento del Comune per mafia ha cercato di rapportarsi alla parte migliore della città senza mai farsi incantare dalle sirene del sistema di potere politico. La colpa maggiore, però, è quella di non aver mai rinnegato i motivi che il 9 ottobre del 2012 portarono l’allora ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri alla clamorosa decisione di sciogliere per mafia il Comune di Reggio. Quello scioglimento, ha detto nel suo discorso di addio alla città, “è stato un processo inevitabile. Sono arrivato quando questa procedura era già avviata, ma la vicenda c’era tutta e non c’è stata alcuna forzatura, né burocratica, né politica”. Parole dette con toni pacati, ma ferme: quella decisione era giusta, il Comune era ormai sotto l’influenza delle più importanti cosche della città, non c’era aspetto della vita amministrativa, scrivono i commissari del Viminale che hanno redatto la relazione per lo scioglimento, che non fosse nella mani delle ‘ndrine. Dalle municipalizzate, fino ai legami di consiglieri comunali, assessori e presidenti di importanti commissioni, con esponenti della ‘ndrangheta. Giudizi confermati anche da una recente sentenza del Tar del Lazio, cui si erano rivolti consiglieri e amministratori del Pdl, ma che non sono mai stati graditi dal centrodestra reggino e soprattutto da Scopelliti. Anche Angelino Alfano si è scagliato contro la decisione del suo ministero. Sua, infatti, è la prefazione ad un libretto del Pdl calabrese dal titolo emblematico: “Reggio la democrazia sospesa”. L’ex sindaco Demetrio Arena “l’ho conosciuto personalmente”, “purtroppo al sindaco e alla sua amministrazione, complice anche una violenta campagna denigratoria a opera del Pd, non è stata concessa la fiducia auspicata, e con il provvedimento di scioglimento è stata loro negato il tempo di realizzare le tante iniziative in programma finalizzate al rilancio della città”. Poi l’affondo finale: “L’impegno di tutto il Pdl rimane forte affinché Reggio Calabria possa risollevarsi e tornare alla libera vita democratica”. Come se in città al posto dei prefetti fossero arrivati i saraceni nemici, come se la ‘ndrangheta e un poderoso sistema di affari non avessero messo le mani sull’istituzione più importante di Reggio. Ma non è tutto, in questi giorni gli uomini di Scopelliti stanno sparando a palle incatenate contro il prefetto Piscitelli. “La sua presenza in città non ha lasciato traccia positiva. Sulla base di quali meriti avremmo dovuto premiarlo?”, scrive l’avvocato Oreste Romeo, pasdaran scopellitiano e coordinatore della lista Scopelliti presidente. Il quale avvocato, mai smentito né da Alfano, meno che mai dal governatore Scopelliti, ha capito qual è il vero morbo che affligge la Calabria: “Questa burocrazia che rappresenta il problema dei problemi della nostra terra in misura almeno pari a quelli ascrivibili alla criminalità organizzata”. Prefetti, affaristi e boss pari sono per gli Scopelliti-boys.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 27 dicembre 2013)