Frattura non curata, Cassazione riconosce colpa dei medici

(di Elisabetta Cannone)
C’è chi vive per mesi, tra dolori atroci, con piccole forbici o tamponi di sutura nel proprio corpo e deve finire di nuovo sotto i ferri e chi, invece, muore per malattie non diagnosticate e non curate o per errori durante un intervento, magari di routine, che gli avrebbe salvato la vita.
Ancora oggi, in Italia, nonostante le indubbie eccellenze e le alte professionalità che possiamo vantare, sono tanti i pazienti che in ospedale subiscono danni fisici irreversibili o peggio muoiono. E per comprendere quale può essere l’entità del fenomeno, basti dire che dall’aprile 2009 al dicembre 2012 sono stati ben 570 i casi di malasanità portati all’esame della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario che ha reso note le cifre. Di questi, 400 sarebbero quelli con esito fatale. Diverse le cause: dalla carenza di personale e strutturali, ai ritardi nei soccorsi, fino a interventi non adeguati da parte del personale medico.

E dalle stanze di ospedale alle aule di tribunali il passo è breve. Qui però non sempre vittime e familiari ritengono di avere giustizia. E poi ci sono le eccezioni. Capita ad esempio che dopo due gradi di giudizio in cui gli imputati siano assolti, la Corte di cassazione ribalta tutto e fa ripartire il processo, anche se in sede civile. Accade a Palermo, dove si tornerà nelle aule della Corte di appello civile per stabilire un eventuale risarcimento per la morte di un paziente. A stabilirlo è stata la IV sezionale penale Corte di Cassazione che ha annullato, lo scorso 15 ottobre, due sentenze dei tribunali di Palermo in merito alla morte di un alto dirigente Serit, Francesco Galioto, morto in seguito alla frattura del bacino riportata in un incidente stradale e mai diagnosticata.
Soddisfatta la famiglia del signor Galioto e il loro avvocato, Ermanno Zancla, che vedono fare giustizia in un caso che definiscono di malasanità e mala giustizia. I fatti risalgono all’agosto del 2004, quando il signor Galioto è stato trasportato in ambulanza al pronto soccorso dell’ospedale Cervello di Palermo, dopo un incidente col motorino e fortissimi dolori. Nessuno dei medici che lo ha visitato, però, si è accorto che c’era una frattura al bacino. Così pochi giorni dopo lo hanno dimesso con la diagnosi, risultata poi sbagliata, “di trauma contusivo rachide lombo sacrale e non evidenza di frattura” e per di più senza alcuna cura per evitare i rischi derivanti da immobilità. A un mese esatto di distanza, tra atroci dolori e le continue richieste dei familiari di altri controlli, il signor Galioto non ce l’ha fatta ed è morto a causa di un embolia dovuta proprio al suo stato di immobilità e alla frattura non curata.
Al caso di malasanità si aggiunge quello che familiari e il legale definiscono di mala giustizia. Alla morte del signor Galioto, infatti, moglie e figli denunciano i medici e si costituiscono parte civile anche nei confronti dell’Azienda Ospedali riuniti Villa Sofia- Cervello, assistiti dall’avvocato Ermanno Zancla. Parte il primo grado lunghissimo, fatto di udienze rinviate di tre mesi in tre mesi, che arriva nel marzo 2012, quasi sul filo di lana della prescrizione, alla sentenza della dottoressa Cristina Russo del Tribunale di Palermo che ha assolto tutti i medici perché il fatto non costituiva reato. Altro grado di giudizio, il secondo. Questa volta invece i tempi sono stati brevissimi, “fin troppo” a detta del legale di parte civile, l’avvocato Zancla. In appello, a distanza di pochissimi mesi dalla prima sentenza, sia il ricorso del procuratore generale che quello dell’avvocato Zancla su procura della famiglia Galioto, sono stati respinti. Il primo per prescrizione, il secondo “con valutazioni giuridiche quantomeno singolari e fantasiose, mi permetto di dire – ha commentato il penalista palermitano – tanto che sono state annullate dalla Corte di Cassazione”.
Proprio la Suprema corte ha messo la parola fine, anzi un punto e a capo, a questa vicenda. Con la sentenza della IV sezione Penale è stato azzerato il procedimento penale a carico dei cinque medici imputati in concorso del reato di omicidio colposo. Ora tutto dovrà essere rinviato alla Corte di Appello civile per un eventuale risarcimento del danno.