Reggio,Scopelliti e le paure della borghesia cittadina

(di Aldo Varano)

SCOPELLITI: «Mentre Reggio veniva condannata, piegata, umiliata dal governo più vergognoso della storia repubblicana, la borghesia cittadina è stata silente. Nessuno ha difeso la città dall’ignobile onta dello scioglimento del Comune. Nessuno».
SCOPELLITI: «Tutto ciò che abbiamo fatto è stato vanificato dal governo Monti, il più nefasto della storia repubblicana, con un provvedimento ignobile e umiliante. La mia città, però, la borghesia reggina, il mondo imprenditoriale, sono rimasti in silenzio. Mi hanno “fucilato” in pubblica piazza, si è uccisa la città nella sua anima. Quando il mondo imprenditoriale prendeva i soldi, pero, eravamo tutti bravi».
SCOPELLITI: «Superiamo questo clima di tensione. Invochiamo il contributo dei club service, delle associazioni e del volontariato nel programma di ricostruitone del tessuto cittadino. Nessuno può immaginare che la rinascita di Reggio possa passare da un commissario prefettizio. Soltanto noi possiamo essere gli artefici del nostro futuro».
Non è facile capire l’attacco del Presidente Scopelliti alla borghesia reggina. Ma significherebbe offenderlo far risalire a uno sfogo o a una gaffe dichiarazioni così impegnative e, soprattutto, mirate.
Certo, dal punto di vista culturale e delle origini (sempre rivendicate con orgoglio dall’ex sindaco) ai salotti radical-chic con puzza sotto il naso lui ha sempre preferito l’odore vitale dei sudori delle tifoserie. Ma il tempo passa per tutti. Scopelliti ha fatto strada. Solo pochi giorni prima del suo singolare j’accuse aveva spiegato che nella geografia tra falchi e colombe si sente colomba (simbolo di pace); insomma: con Alfano, Lupi e Quagliarello mica con la Santanchè.
E allora perché un attacco che da colomba non è?
Vediamo. Intanto, non è vero che la borghesia reggina e gli imprenditori l’abbiano lasciato solo al momento dello scioglimento dell’amministrazione Arena. E’ vero il contrario: la borghesia s’è schierata compatta e c’ha messo la faccia facendo a gara per firmare il manifesto dei Cinquecento (il documento Bombino) che allo scioglimento si contrapponeva. Rileggetevi i nomi: c’è il fior fiore della borghesia delle professioni che, in una città priva di un diffuso tessuto produttivo, ne forma la sua spina dorsale. Avvocati, primari e medici ospedalieri, commercialisti, burocrati di livello, pezzi interi dell’università, leader delle organizzazioni sociali, una parte grande di gruppi locali e di quel che resta dell’imprenditoria reggina. In più, circoli culturali e il grosso del volontariato e del movimento antimafia militante (confluito in parte nelle liste elettorali del Governatore). Il documento Bombino fu detto della “società civile” ma in realtà significò lo schierarsi di classi dirigenti e borghesia reggina con Scopelliti (con l’inevitabile eccezione delle opposizioni politiche che, tra l’altro, rispetto allo scioglimento ebbero – vanterie a parte – un peso irrilevante).
Esiste a Reggio una borghesia diversa dal mondo dei Cinquecento? Certo che no. E non saremo noi a mancare di rispetto al Governatore immaginando che lui non lo sappia.
E allora? Allora, l’unica spiegazione è che l’attacco di Scopelliti non sia agli orientamenti politici della borghesia sullo scioglimento, ma agli orientamenti maturati successivamente, quelli attuali emersi dopo lo scioglimento.
La città s’è ritrovata dentro una crisi senza precedenti. Monti viene accusato dal Governatore di aver annientato tutto quel che era stato costruito, di aver distrutto perfino l’anima di Reggio. Si prende atto che Reggio è distrutta e ferita nell’anima, anche se la responsabilità viene da fuori. Ma lo scioglimento (chi scrive s’è pronunziato ripetutamente e fin dall’inizio sul punto) al di là di ogni giudizio, ha svelato e rivelato una fragilità di Reggio che ha impaurito e continua ad impaurire le sue classi dirigenti e le componenti produttive. A che serve essere borghesi e privilegiati, benestanti e/o ricchi, se la città diventa una trappola invivibile, se cresce la voglia di andar via, se i genitori iniziano a capire che resteranno soli perché figli e nipoti li lasceranno, se le belle case borghesi sono intristite dalle stanze chiuse e disabitate dei ragazzi?
Possibile – è questo il tarlo che corrode borghesia e imprenditori? – che Reggio fosse tenuta insieme con la saliva e che un po’ di mesi di Commissariamento (per carità, inadeguato quanto si vuole!) l’abbiano rasa al suolo come un bombardamento facendola emergere come città da terzo mondo anziché potenzialmente metropolitana? Da qui il dubbio: siamo un gigante coi piedi d’argilla? E perché? E se così stanno le cose, il nostro destino borghese e imprenditoriale qual è?
La borghesia e gli imprenditori reggini avvertono, intuiscono, oscuramente percepiscono che nella ricetta di Scopelliti qualcosa è andato storto? Si chiedono se si è arrivati a un punto che compromette anche i loro diretti interessi (e gli antichi privilegi) di categoria e ceto sociale? Difficile rispondere con certezza a queste domande.
Ma Scopelliti ha già dimostrato di essere un animale politico che “sente” prima degli altri quel che si muove nella pancia della città. Forse è per questo che si “sente” mollato da borghesi e imprenditori e li anticipa scaricandoli. Non a caso, a legger bene le sue dichiarazioni, quello che potrebbe sembrare un attacco distruttivo è accompagnato a una pacata richiesta di alleanza politico-elettorale che strizza l’occhio ai “club service” dell’”associazionismo” e del “volontariato” rivelando un disegno strategico e culturale che comporta un cambio di cavallo.

(da zoomsud.it)