La sanità in Abruzzo:un’idrovora da 22 miliardi di euro l’anno

Entravano soldi. Uscivano mele. La sanitopoli abruzzese provocava strane mutazioni. A raccontare la storia delle mele è Vincenzo Maria Angelini, il maggior beneficiario dello scialo abruzzese, ma anche grande corruttore di politici di destra e di sinistra. Non è il superpentito di cui si favoleggia. Angelini, ai tempi del governo Del Turco, è in un mare di guai, viene convocato in procura più volte, interrogato, pressato, con la prospettiva di finire in galera, alla fine decide di parlare. Nel novembre del 2007 ha preso la macchina ed è andato a Collelongo, il paese di governatore Del Turco, e gli ha portato, dice, 200mila euro. Li ha prelevati in banca, li ha divisi in mazzette da 50mila, li ha “fascettati”, ma prima li ha fotografati. Si è scattato una istantanea mentre entra in banca, quando varca la soglia della casa dell’ex numero due della Cgil, e quando ne esce. Fotografa di nuovo i sacchetti con le banconote che questa volta, però, contengono solo mele. Rosse. “I soldi il Presidente mi ha detto di metterli lì, nella libreria della stanza dove mi ha ricevuto”. Tanti danari (si parla di tangenti a Del Turco e altri per oltre 5milioni), che avevano un preciso scopo politico. “Servivano per il Partito democratico – fa mettere a verbale il re della sanità – , Del Turco doveva spaccare lo Sdi di Boselli (una delle tante costole del fu Partito socialista, ndr) e poi doveva convincere un gruppo di senatori a passare nel nuovo partito”. Riceveva tanto e pagava sempre Angelini, stranissimo personaggio che più volte di definisce “uno sprecone”, ossessionato dalla concorrenza di altri padroni della sanità privata come gli Angelucci e il gruppo De Benedetti, e per questo sempre alla ricerca di protezioni politiche. Le mazzette le portava in una pesante giacca da vela, ribattezzata “il giaccone delle dazioni”. “D’estate i pacchetti me li mettevo nelle tasche dei pantaloni. Ho una certa esperienza. Centomila euro hanno uno spessore così, si può vedere”. I soldi, 100mila euro, Camillo Cesarone, ex sindacalista Cgil diventato manager della holding sanitaria di Angelini, infine consigliere regionale, li riceveva in una nota pasticceria di Pescara. Ma di danari si parlava davanti a un piatto di tenerissima carne alla brace. “La cena del capretto”, l’hanno chiamata i pm nella loro inchiesta, è del 2007, la organizza l’ingegner Masciarelli, un personaggio a cavallo tra destra e sinistra, il teorizzatore del “partito dei soldi”. Ci sono Del Turco (condannato a 9 anni), l’assessore Boschetti (4anni), il consigliere regionale Camillo Cesarone (9 anni), e Lamberto Quarta, segretario alla presidenza della Giunta regionale in quel periodo (6 anni e 6 mesi). Mangiano, parlano, ridono, e concordano la spartizione di 12,8 milioni di euro. Andavano così le cose nella sanità abruzzese, una idrovora che negli anni delle mele consumava 22 miliardi e mezzo di euro ogni dodici mesi, l’85% del bilancio regionale. Si pensava poco ai malati, tanto al partito delle cliniche, una sorta di governo parallelo della sanità pubblica. I magistrati di Pescara hanno fissato la data precisa della nascita del “sistema” Abruzzo: dicembre 2003, giunta di centrodestra guidata da Giovanni Pace, predecessore di Del Turco, e uomo di Alleanza nazionale. Per il compimento del suo settantesimo compleanno Gianfranco Fini gli invia un biglietto d’auguri commovente: “Per uomini della tua tempra la maggior ricompensa è l’assolvimento del dovere”. Pace, assolto in primo grado per la “sanitopoli” è stato condannato in appello a due anni per una tangente di 100mila euro versata sempre dal munifico Angelini. Il sistema era bipartisan, destra e sinistra come Franza o Spagna, e il regista era l’abilissimo ingegner Giancarlo Masciarelli. “Vero assessore ombra – scrivono i pm nell’inchiesta – avrebbe continuato ad operare anche all’interno della nuova giunta del governatore Del Turco”. E’ lui l’inventore delle cartolarizzazioni, la vendita a banche straniere degli 800 milioni di debiti della sanità regionale. Nel 2011 ha patteggiato ed è stato condannato a 3 anni e 4 mesi per le tangenti della sanità e per lo scandalo della Fira, finanziaria regionale. Giravano soldi e tanti, ma, dicono gli avvocati di Del Turco, tracce non ne sono state trovate. L’attenzione dei pubblici ministeri si è concentrata sulle case acquistate dall’ex governatore. Sono tre, una del patrimonio ex Inps, un’altra per il figlio (valore 453mila euro), più un immobile prestigioso acquistato sempre nella Capitale. Acquisti che l’accusa ritiene frutto di tangenti, Del Turco, invece, ha sempre parlato di alcuni quadri di Schifano venduti ad ottimo prezzo. Case, quadri e denari. Il più esoso di tutti sembrava Sabatino Aracu, l’ex campione di pattini a rotelle, quello che oggi invoca Berlusconi al quale tributa un coraggioso evviva. “Vincenzì, mi devi dare due milioni di euro”. Vincenzì è Vincenzo Maria Angelini, la gallina dalle uova d’oro. Gli risponde serafico: “Sabatì, ma vaffanculo”.
(pubblicato su Il fatto Quotidiano del 23 luglio 2013)