A Lampedusa torna la politica: Cicchitto fa la predica al papa
Il giorno dopo la visita del Papa, Lampedusa ritorna alla sua complicata normalità. Con i turisti che vogliono solo divertirsi, due settimane per assaporare tutto il sole e il mare possibile dell’isola e via, e i lampedusani, che da giugno a ottobre ringraziano il Padreterno per quello che hanno, ma che nel resto dei mesi dell’anno vorrebbero scappare, perché qui d’inverno anche le cose più semplici della vita diventano impossibili. E poi migranti, profughi, fuggitivi che continuano ad arrivare, perché fame e guerre in Africa e Medioriente non si fermano mai. Ieri la radio della Guardia Costiera è letteralmente impazzita, dalle navi della Marina militare che controllano il Mediterraneo sono arrivate segnalazioni di almeno quattro “obiettivi”, i barconi degli immigrati. Un “gozzo” con 150 nordafricani a bordo, stremati da una decina di ore di viaggio, riesce a toccare terra. Un altro viene soccorso all’alba dalle motovedette della Guardia Costiera. A metà giornata sono più di 350 i migranti sbarcati o in procinto di approdare sugli scogli di Lampedusa. Gli sbarchi continuano e il timore di tutti è l’Egitto sconvolto da crisi e violenze : da qui può partire una nuova, massiccia migrazione che i trafficanti di carne umana sono già pronti a convogliare verso la porta d’Europa. “Le nostre isole non sono solo un depliant turistico”. Giusi Nico-lini, il sindaco di Lampedusa e Linosa, è in partenza pure lei. Direzione Roma, ministero dei Trasporti. “Incontrerò il ministro Lupi per affrontare una volta per tutte il problema dei collegamenti con la Sicilia e col resto d’Italia. Non è possibile che la nave che normalmente usiamo per raggiungere Porto Empedocle impieghi dieci ore.
E POI C’È IL PROBLEMA degli aerei, una partita ancora aperta con l’Alitalia sul tema delicatissimo delle tratte sociali”. Sullo spiazzo dove il Papa ha commosso migliaia di persone con la sua coraggiosa omelia, sventolano ancora le bandiere vaticane e i segni della speranza, ma questa è l’isola dei diritti negati. “Da quello elementare dell’acqua – ci dice il sindaco – che arriva con una nave e quando il mare è grosso rischiamo anche di rimanere a secco. Basterebbe costruire un moderno dissalatore per risolvere il problema, invece si preferisce spendere per tutte le isole della Sicilia 30 milioni l’anno per le navi cisterna. Fino alla sanità: non abbiamo un ospedale e tutte le cure e i parti devono essere fatti a Palermo. Le famiglie si stanno dissanguando, per questa ragione stiamo studiando con l’associazione Libera la possibilità di utilizzare un bene confiscato alla mafia per trasformarlo in una casa di accoglienza per i parenti degli ammalati”. Isola di profughi, Lampedusa, quelli che ci vivono da sempre e quelli che vi approdano alla ricerca dell’Europa. E isola delle promesse mancate. “Nel 2011, quando ci fu l’ultima emergenza, promisero sgravi fiscali e contributivi agli imprenditori. È finita che abbiamo dovuto restituire quei soldi con gli interessi e in una rata sola per una dimenticanza del governo”. Totò Martello è presidente di uno dei consorzi di pescatori dell’isola, quelli che lunedì hanno scortato Papa Francesco in mare issando un cartello che più esplicito non si poteva: “Il Papa la speranza, la politica la panza”.
GIÀ, LA POLITICA il giorno dopo le parole del Papa: il solito vuoto, il bla-bla-bla continuo sull’immigrazione che sentiamo da decenni. E rigurgiti di razzismo. “Me ne frego delle parole del Papa, se affonda un barcone sono contento”, parola del leghista Erminio Boso. “Il ministro Kyenge non operi forzature”, avverte col ditino alzato Fabrizio Cicchitto subito supportato da Maurizio Gasparri. Perché “un conto è predicare, un altro è gestire un fenomeno complesso come quello dell’immigrazione”. Finale del “monito” di Cicchitto al Papa, l’immancabile “lo Stato non abbassi la guardia”. Diatribe inutili in un Paese che ha votato le peggiori leggi sull’immigrazione. Tutte, dalla Turco-Napolitano alla Bossi Fini, e che non ha il coraggio di cancellare, come suggerisce il settimanale paolino Famiglia Cristiana, il reato di clandestinità. “Quest’isola non la finirà mai di essere al centro delle tempeste che attraversano tutte le sponde del Mediterraneo, e forse è questo il suo fascino”. Mario e Giusy sono due studenti universitari di Brescia stesi al sole di Cala Greca, felicissimi di essere qui. Hanno visto l’azzurro del mare, hanno esplorato i suoi fondali, si son fatti anche il giro sul finto veliero dei pirati che costeggia tutta l’isola assaporando le arancine di don Pino. Torneranno l’anno prossimo.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 10/07/2013.)