Sicilia, crollano affluenze e Pd
RAGUSA – UN PLEBISCITO PER IL CANDIDATO A CINQUE STELLE
Aveva tutti contro Federico Piccitto, il giovane ingegnere elettronico esperto in microchip che ha regalato un’altra città capoluogo a Beppe Grillo. Vince a Ragusa contro l’esercito di liste del suo avversario Giovanni Costantini. Non solo le cinque di centrosinistra allargato all’Udc, ma anche il Pdl, che dopo il ballottaggio ha annunciato “sostegno pieno a Costantini perché non vinca l’antipolitica”. Hanno perso e malamente, perché Piccitto sbaraglia tutti col 69.35% e 20mila voti, mortificando il suo avversario che si ferma a 9mila voti e al 30%. “Ora dobbiamo governare e non sarà facile – dice parlando con i giornalisti nella sede del suo comitato elettorale a Villa Margherita – le emergenze della città sono tante”. E’ euforico il “Piazzarotti siculo”, come già lo chiamano, ma ancora di più i cinque stelle siciliani che ancora una volta hanno avuto ragione. “Abbiamo azzeccato la candidatura e la campagna elettorale e abbiamo vinto”, dice Giancarlo Cancelleri, il capogruppo M5s alla Regione. “Hanno vinto Federico, la sua squadra e i nostri militanti, ma anche il modello Sicilia, la capacità del movimento di aprirsi, fare una opposizione durissima ma sempre attenta ai problemi della gente. A Ragusa voglio ringraziare di cuore le liste civiche che ci hanno sostenuto. Non c’era apparentamento e al ballottaggio chi ci appoggiava sapeva che in caso di vittoria avrebbe perso consiglieri, ma lo hanno fratto lo stesso, una prova di grande coerenza e pulizia”. Chi perde? “Il modello Crocetta, la volontà del governatore di imbarcare tutti, trasformisti di destra e di sinistra. E’ stata sconfitta la Sicilia peggiore, quella dei gattopardi”. E ora, la parola d’ordine è governo a cinque stelle nella città considerata la Milano dell’Isola. Esce sconfitto da queste elezioni Rosario Crocetta, lo spregiudicato governatore della Sicilia, perché Costantini era un suo uomo, o meglio, uomo di Nello Di Pasquale, l’ex sindaco di Udc-Pdl, che alle scorse elezioni regionali traslocò armi, bagagli e voti nel “Megafono”, la lista-contenitore del presidente della Regione. E ne esce con le ossa rotte il Pd, spaccatosi sulla candidatura di un personaggio espressione diretta del vecchio sistema di potere. In prima fila nel rifiuto di tale candidatura, un nome storico della sinistra ragusana, l’ex senatore Gianni Battaglia, che ha fatto votare la lista Pd, ma non il candidato a sindaco. Perché “è stata svenduta la storia del Pd, umiliati i militanti, il tutto per un posticino di assessore o di vicesindaco”. Altri militanti del partito di Epifani che in questi giorni hanno dichiarato il loro appoggio al candidato di Grillo, come la giovane Valentina Spada, sono stati espulsi senza troppi complimenti. Si salva Sel, che non ha presentato il simbolo, ma solo candidati nelle due liste civiche che hanno appoggiato Piccitti. “E’ il fallimento di un centrosinistra che decide di appaltarsi ai transfughi del Pdl e che è incapace di essere in sintonia con la voglia di cambiamento dei siciliani”, commenta Erasmo Palazzottto, deputato e coordinatore regionale del partito di Vendola. Polemiche passate, perché già in serata gente comune e attivisti cinque stelle hanno accompagnato il nuovo sindaco di Ragusa in corteo per la città fino a Palazzo dell’Aquila, la sede del Comune. C’erano migliaia di persone e i rappresentanti delle liste civiche e di sinistra che hanno appoggiato il candidato grillino. Perché qui il Movimento è aperto. Questo è “il modello Sicilia”.
IL PROFESSORE VINCE CON IL SUO “NO AL PONTE”
“Siamo una bicicletta scassata che ha battuto una Ferrari. E’ vero: abbiamo fermato una portaerei con le mani”. Renato Accorinti è il “bambino” con la fionda che ha battuto il gigante. Quando si candidò nessuno avrebbe scommesso un euro falso su quel professore di educazione fisica alle medie, il tipo strano che per urlare il suo “No al Ponte” si arrampicò su uno dei piloni destinati a distruggere per sempre lo Stretto. E ci rimase per giorni. Contro, l’uomo che non ha neppure un telefonino e che per la campagna elettorale ha speso quattro soldi, rifiutando finanche di mettersi in aspettativa dal suo lavoro, aveva la più formidabile macchina di potere mai vista in Italia. Il sistema Franzantonio, Franza e Genovese, gli armatori, i padroni dello Stretto, quelli che da anni dominano sulla città. Eppure ce l’ha fatta, Renato, che al primo turno meravigliò tutti arrivando al ballottaggio col 23% e 19540 voti. Strappò così il trionfo all’avvocato Felice Calabrò, sostenuto da otto liste, che per soli 59 voti (si fermò a 40mila preferenze e al 49,94%) fu costretto al ballottaggio. Di voti, Renato Accorinti ne ha recuperati più di 20mila, il suo avversario solo 3mila. E ha vinto. “Abbiamo sconfitto un sistema fatto di mafia, ‘ndrangheta e massoneria, un monopolio economico fortissimo, abbiamo dimostrato all’Italia intera nel luogo più immobile della Sicilia, che le lotte pagano, che la coerenza è un valore. Me li ricordo i calci in faccia presi fin dagli anni Settanta del secolo passato, le battaglie pacifiste a Comiso con Pio La Torre, i processi che ho subito per il mio no alla guerra in Iraq, le lotte per il no al Ponte. Mi credevano un visionario, mi sbattevano in faccia le porte del Comune, ma alla fine abbiamo vinto”. Si commuove il professore nelle stanze-sgabuzzino del suo comitato elettorale. “Ci sono” era il suo slogan nei giorni del ballottaggio mentre girava per la città e stringeva mani. Per il suo avversario si sono mossi i big del centrosinistra, non solo Francantonio Genovese, l’armatore e re della formazione professionale che è praticamente il padrone del Pd, ma il governatore della regione Crocetta, il ministro del governo Letta, D’Alia, e poi Epifani, e finanche il “rottamatore” Matteo Renzi, rinnovatore a corrente alternata. Tutti sconfitti dalla coerenza di quest’uomo e da una città sull’orlo del default finanziario (sono 500 milioni di debiti certificati), stanca del vecchio sistema. Renato era solo con i movimenti che lo hanno sostenuto (dalla gioventù francescana alle associazioni laiche e di sinistra), anche Sel era dall’altra parte, senza nessun big della politica a fargli da testimonial. L’unica che fin dall’inizio ci ha messo faccia è cuore è l’europarlamentare Sonia Alfano. “In questa città dominata da poteri mafiosi e massonici, ora vince un sindaco libero, che non subirà le pressioni di lobby e sistemi di potere. Renato non deve chiedere conto a nessuno, risponde solo alla città. E’ una vera e propria rivoluzione”. Messina cambia? Sarà durissima. Accorinti e la sua squadra di assessori, tutti professori universitari e specialisti che hanno creduto nel suo progetto, sono in campo. La prima mossa della nuova giunta provocherà scontri ferocissimi. Renato Accorinti vuole rompere il monopolio dell’attraversamento dello Stretto mettendo in piedi una flotta comunale. Il potere reagirà duramente. “Ma si può fare, perché io sono un sognatore concreto”.
LA SICILIA AL BALLOTTAGGIO UMILIA il centrosinistra dei “larghi inciuci”, dà una boccata di ossigeno a Beppe Grillo che conquista un altro capoluogo di provincia, Ragusa, e terremota Messina facendo vincere Renato Accorinti, il candidato del “No Ponte”. Il partito di Epifani, sull’isola fortemente ipotecato dal governatore Rosario Crocetta, vince solo a Siracusa con Giancarlo Garozzo, che porta a casa il 53,3% battendo Paolo Ezechia Reale, il candidato sostenuto dal centrodestra, che si ferma al 46,7. Ma i risultati che fanno notizia sono quelli di Messina e Ragusa. Nella città dello Stretto, vince, e con una sola lista, Renato Accorinti, personaggio di rottura, lontanissimo dal sistema di potere che da anni domina sulla città. L’insegnante di educazione fisica notissimo per le sue battaglia No Ponte,porta a casa il 52,86% superando il candidato di centrosinistra più Udc, Felice Cavallaro che si blocca al 47,14. Un miracolo, giurano nella città dello Stretto. Accorinti aveva il 23,8% al primo turno e 19mila voti, il suo avversario il 49,94 e 40mila voti, per appena 59 schede non ha vinto subito. Clamoroso il risultato di Ragusa, dove il giovane ingegnere elettronico Federico Piccitto, sbaraglia col 70% il candidato di centrosinistra, sostenuto da cinque liste e anche dal Pdl nel secondo turno, che si ferma al 30%. Giovanni Cosentini, già vicesindaco della città col centrodestra, è fuori gioco. Perde il centrosinistra allargatissimo all’Udc e ai transfughi del Pdl in rotta, e agli uomini di Raffaele Lombardo orfani del Mpa.
(Articolo pubblicato il 25-06-2013 su Il Fatto Quotidiano)