Vittime sangue infetto, ricorso al TAR
(di Elisabetta Cannone)
Cinque contro uno. Ma in questo caso i numeri non descrivono al meglio gli effettivi rapporti di forza. Perché i cinque legali che ieri nella sede del Tar del Lazio di via Flaminia a Roma hanno discusso gli altrettanti ricorsi a difesa di 350 assistiti si sono dovuti “scontrare” con l’avvocatura dello Stato che difende il ministero della Salute. La causa è quella che vede protagonisti le vittime e i familiari di vittime di sangue infetto, ovvero coloro che hanno contratto patologie come epatite B, epatite C o Hiv in seguito a trasfusioni, vaccinazioni o assunzione di emoderivati prodotti con sangue infetto e su cui il ministero non ha fatto al tempo alcun controllo.
Un’ora circa la discussione davanti ai giudici del Tar nel corso della quale i legali Stefano Bertone, Ermanno Zancla, Dario Cutaia, Domenico Fragapane e Gualandri sono entrati nel merito della vicenda, sostenendo le ragioni dei loro assistiti che da anni, troppi ormai, cercano giustizia.
Sotto accusa, per i legali , la decisione in corso d’opera nella transazione di utilizzare il termine della prescrizione, cinque anni, per stabilire se si può avere o meno un risarcimento. E poi la scelta di una data: 1978, anno a partire dal quale inizia a decorrere questo termine.
“Questi criteri non erano mai stati utilizzati prima nelle altre transazioni, dove infatti tutti i richiedenti hanno ricevuto delle somme da parte dello Stato – afferma Stefano Bertone dello studio legale Ambrosio & Commodo di Torino -. Ci è stato detto che i principi da noi richiamati di analogia e coerenza non significano uguaglianza, e per noi potrebbe andare anche bene – aggiunge il legale torinese -, ma non si può neanche stravolgere il senso della norma”. Altrettanto duri gli interventi degli altri colleghi che hanno evidenziato come una legge voluta dallo Stato (la 210/1992, con la quale si voleva in qualche rimediare a una responsabilità dello Stato per omissione di controllo sul sangue arrivato in Italia) viene snaturata e cambiata nella applicazione da parte di una amministrazione. Infine l’avvocato Zancla, di Palermo, che fa notare la scelta scellerata del ministero nel non voler pagare le vittime, perché “è ovvio che i nostri assistiti che avranno una risposta negativa continueranno la propria battaglia nelle aule dei tribunali. E vinceranno. Come sta accadendo già a me personalmente. E lo faranno con cifre molto più alte di quelle previste con la transazione. Senza contare il pagamento delle spese legali. Mi chiedo se a questo si sta pensando o meno”.
A queste obiezioni ha risposto l’avvocato Vincenzo Rago, legale del ministero della Salute. Secondo il legale del Ministero, l’applicazione della prescrizione è dovuta solo a un mero adeguamento giurisprudenziale. La norma a cui ci si rifa, secondo l’avvocatura dello Stato, è quella delle sentenza del 2008 della Corte di Cassazione che ha introdotto questo principio. E anche per la scelta della data, il 1978, come inizio per far partire i cinque anni l’avvocato Rango si richiama alla decisione della Suprema Corte perché è a partire da quella che la comunità scientifica scopre l’epatite B.
Adesso tutto è in mano ai giudici del Tar che dovranno stabilire nei prossimi giorni chi, tra legali delle vittime e avvocatura dello Stato, ha ragione.
[…] fonte:malitalia.it Se ti e' piaciuto l'articolo condividilo sul tuo social network preferito.Tweet […]