Trapani, appalti pilotati e forniture scadenti

Cento milioni di appalti pubblici in dieci anni a Trapani sono passati dalle mani di una holding di imprese che aveva come referenti gli stessi imprenditori, Francesco e Vincenzo Morici, 79 e 50 anni, padre e figlio. Per il Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani questi appalti sono stati aggiudicati in modo fraudolento, “appalti pilotati” sotto l’occhio vigile della potente mafia capeggiata dal latitante Matteo Messina Denaro, ricercato dal 1993. Dieci anni di inchieste che la divisione anticrimine della questura diretta dal dott. Giuseppe Linares ha rimesso insieme delineando un sistema illegale che ha funzionato sotto le direttive dei capi mafia locali, Vincenzo Virga e Francesco Pace e che a loro volta riferivano ogni cosa a Matteo Messina Denaro che dava altri ordini e il suo benestare. Un clan spietato e arrogante. Spietato anche per i delitti e le stragi che si porta sul groppone: Virga è all’ergastolo per la strage mafiosa di Pizzolungo del 1985, arrogante e sprezzante; Pace è uno di quelli che ascoltato parlare auspicava un giorno si e l’altro appresso pure i trasferimenti di prefetti, questori e dirigenti della Mobile. Cosa nostra e non solo Cosa nostra. Di mezzo anche la politica e la burocrazia, in altre parole mafia e corruzione, Cosa nostra agevolata con il coinvolgimento in queste opere pubbliche delle imprese “raccomandate” o ancora “vicine” o addirittura in mano agli stessi capi mafia, politici e funzionari pubblici ricompensati con “pesanti” bustarelle. Fissate anche le percentuali delle “mazzette” dal 2 al 5 per cento.

Hanno manipolato le “grandi opere”: la costruzione della Funivia Trapani/Erice, il recupero di un tratto costiero e delle antiche mura della città, la costruzione di una galleria sull’isola di Favignana, nell’arcipelago delle Egadi, e infine l’allestimento di nuove banchine nel porto di Trapani, lavori pubblici che sono in corso dal 2005 quando vennero definiti urgenti per il concomitante svolgersi delle gare preliminari della Coppa America di quell’anno, un cantiere aperto grazie al decreto del Governo Berlusconi che definiva “grande evento” quella manifestazione e affidava alla Protezione civile l’esecuzione delle opere finanziate. Fu quella la formula del “grande evento” che poi venne attuata anche in altre circostanze e nessuna di queste da Trapani a L’Aquila è sfuggita alle brame della criminalità mafiosa. Ridevano gli imprenditori intercettati sul terremoto che ha colpito L’Aquila, pensando agli incassi che avrebbero fatto, ridevano gli imprenditori che costruivano a Trapani chiosando a loro volta “abbiamo fatto trenta…facciamo trentuno”. Opere pubbliche eseguite anche senza rispettare i capitolati di gara: come per la Funivia Trapani/Erice. Ha raccontato l’imprenditore Nino Birrittella reo confesso per avere fatto parte della cupola mafiosa: “Per la Funivia ho fornito acciaio tondino … da un iniziale ipotetico 100 tonnellate, ne abbiamo poi di fatto messo la metà…P.M.: Però l’avete fatturato … BIRRITTELLA: Bravissimo. Con la rimanente parte il MORICI, ricordo per circa 200 milioni, quell’anno ho fatto ….., ho fatto …… le fatture a coprire la metà del ferro che me l’hanno impiegato”. In un caso addirittura risulta essere stato danneggiato un antico arco della città di Trapani per farvi passare sotto un grosso camion. Opere che già hanno dimostrato la loro fragilità, come quelli per il recupero delle antiche mura di tramontana a Trapani, che in alcune parti hanno ceduto e hanno fatto sprofondare tratti della strada litoranea della città, eppure le imprese capeggiate dai Morici, che hanno eseguito questi lavori anzicchè ricevere una contestazione dal Comune di Trapani per la non regolare esecuzione hanno riscosso circa 500 mila euro che non avrebbero dovuto intascare, attribuendo colpa dei cedimenti alle mareggiate. Tutto questo grazie a funzionari pubblici compiacenti denunciati alla magistratura assieme ai Morici: Ugo Testa, Paolo Contini, Pietro Costa. . Chiamato in causa anche l’ex sindaco di Trapani Girolamo Fazio: Vincenzo Morici è stato ascoltato dagli investigatori che lo intercettavano mentre metteva fretta perché i lavori, nel caso specifico quelli di recupero delle antiche mura della città, proseguissero velocemente e riferiva di una telefonata ricevuta dal sindaco Fazio mentre questi si trovava in vacanza in Egitto: “… eh… ad Aprile ci sono le elezioni qua amministrative, il sindaco è super infervorato… si ricandida e mi ha… e mi ha telefonato dall’Egitto”.

Indagini antimafia. Il nome di Francesco Morici compare in diverse indagini della Dda di Palermo e della Procura di Trapani e lo si ritrova anche agli atti dell’inchiesta contro l’ex sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì, il parlamentare del Pdl sotto processo (rito abbreviato) a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Francesco Morici è stato anche sentito nell’ambito di queste indagini, è stato ascoltato da “indagato di reato connesso” e pare abbia sorriso alle contestazioni del pm sulle vicende degli appalti pilotati, anche quando è stato a lui contestato il contenuto di alcune intercettazioni dove si coglieva la spavalderia sua e del figlio Vincenzo. Discussioni nelle quali i Morici avrebbero fatto il nome del sen. D’Alì come soggetto che avrebbe loro garantito l’aggiudicazione di grandi appalti come quelli per il porto in occasione della Louis Vuitton Cup del 2005: “per il rapporto che mio padre ha con il senatore D’ALI’ puoi stare certo che l’appalto sarà aggiudicato a noi”. Una cupola di imprenditori che governavano il territorio con metodi mafiosi. Era così che Francesco Morici parlava con Tommaso Coppola il regista degli appalti pilotati ancora a proposito del senatore D’Alì: “…gli hanno assegnato un pò di soldi… qua ne ho un’altra… quella che il Senatore mi ha promesso che me la faceva passare… quella di 20, 30 miliardi… questa… la convenzione… questa per la cosa del porto…”. .

Facciamo un passo indietro. Agosto 2001. Il ministro (Pdl/Forza Italia) Pietro Lunardi annuncia che per stare bene in Italia bisogna sapere convivere con la mafia. Scoppia il putiferio, ma in verità più passa il tempo e più ci accorgiamo che questo è accaduto. Da Milano a Trapani passando per Roma. Stato, istituzioni e mafie hanno scelto la strada di convivere. E Lunardi guarda caso quando nel 2005 venne a Trapani a ispezionare i lavori al porto si trovò a poca distanza dai mafiosi che lavoravano in quel cantiere.