Montecitorio assediato

Quando dall’interno del Palazzo arriva la notizia dell’elezione di Giorgio Napolitano, la piazza, all’unisono, urla “vergogna, vergogna”. E poi venduti, mafiosi, maledetta casta, e ancora vergogna. Montecitorio è assediato da tutti i lati. “Noi non ce ne andiamo”, urlano, “vogliamo occupare il Parlamento”. Si forma un corteo che vuole dirigersi verso il Quirinale. “One solution revolution”, c’è scritto sullo striscione che lo apre. La tensione è altissima, la Camera è “circondata”. Tutto bloccato, la piazzetta e i vicoli che guardano all’obelisco e all’ingresso della Camera, il varco di Largo Chigi transennato e presidiato da poliziotti in assetto antisommossa e le stradine accanto. Tutte zeppe di gente indignata per una soluzione che ha frantumato il Pd, decretato il rientro sulla scena politica da vincitore assoluto di Silvio Berlusconi, raggiante come neppure nel 1994, e certificata la lontananza, ormai siderale, del ceto politico dall’opinione pubblica. È stato l’appello del tutti a Roma lanciato da Beppe Grillo nel tardo pomeriggio a spostare la gente sotto i palazzi del potere. Si rincorrono le voci, “arriva Beppe”. Si fanno calcoli sul quando, a che ora? Dicono che è partito in camper dal Friuli, è all’altezza di Bologna, alle nove di sera sarà qui, a Montecitorio.
POI, IN SERATA un tweet spegne gli entusiasmi, Grillo arriva, in nottata. “Domani (oggi per chi legge, ndr) – annuncia il leader del M5s – sarò a Roma ed organizzeremo un incontro con la stampa e i simpatizzanti”. Beppe non arriva, e non solo per questioni chilometriche e di traffico, qualcuno dice che sarebbero stati i suoi a consigliargli di non essere presente proprio nella serata delle proteste e dell’indignazione. Clima troppo teso per esporsi. Ma la piazza, fino a tarda sera non molla.
Non solo grillini, ma anche iscritti al Pd, militanti di Rifondazione comunista, semplici cittadini indignati per l’incomprensibile rifiuto del democratici ad accettare la proposta di Stefano Rodotà. Una ragazza espone a telecamere e giornalisti la sua tessera del Pd e la brucia. La giovanissima deputata democrat Giuditta Pini, 28 anni eletta a Modena, cerca un contatto. “Che esperienza, che dolore, lo stesso che ho vissuto un anno fa dopo il terremoto. C’erano solo macerie, come qui, adesso, ma allora avevi la speranza che si poteva ricostruire qualcosa, ora no, sarà molto difficile” . L’onorevole ha volto e fisico da ragazzina, tenta di spiegare, ma dalla folla arrivano slogan contro “gli inciuci”, invettive contro la casta, esortazioni ad andare tutti a casa e subito. “Napolitano – ci dice – è la soluzione meno peggiore dopo il disastro di Prodi”. Perché non avete accettato Rodotà? le chiede un militante del Pd. “Non potevamo”, replica lei, “ma anche i grillini che hanno affidato la gestione di una trattativa così delicata a Rocco Casalino, quello del Grande Fratello”. È l’Italia di oggi, tra partiti che si dissolvono, leader che affondano, leader che risorgono, Grandi Fratelli e un vecchio sistema che si ostina a non voler morire mai. Il deputato-cittadino a Cinque stelle Maurizio Buccarella, un avvocato di Lecce, si avvicina alla folla e tenta di parlare. “Tu stai bene, guadagni ventimila euro al mese, noi facciamo la fame”. “Siete tutti uguali, buffoni, ladri…”. L’avvocato-deputato-cittadino scoppia in lacrime, piange davanti a tutti come un bambino. Si sfoga al nostro taccuino. “Non ne posso più, dentro è stata dura, questa gente ha ragione. Potevamo riunificare il Paese e le generazioni attorno ad una figura splendida come quella di Stefano Rodotà, ma non l’hanno voluto. La colpa del Pd è enorme”. Nel frattempo dall’ingresso principale di Montecitorio esce un altro deputato grillino, Alessandro Di Battista, cammina con passo lento e impone le dita a “V” e sempre a favore di telecamera. “Che buffone”, chiosa una sua collega anche lei a cinque stelle. “A Clio, ripigliatelo”, si legge su un cartello, il riferimento è alla moglie del Presidente-bis.
MA L’IRONIA sparisce quando un imprudente Carlo Giovanardi pretende di uscire proprio dove si concentra la maggior parte dei manifestanti. Gli lanciano tappi di minerale e gli urlano “buffone, buffone”. Solo Ignazio La Russa, pure lui sommerso da fischi e improperi, mostra, ma molto da lontano, il petto alla folla. Quelli gli urlano buffone e ladro, e lui impone il dito medio. “Noi l’inciucio non lo vogliamo”, “spiegateci perché no a Rodotà”, “Finocchiaro – nel senso di Anna, la sentarice del Pd che giorni fa si chiedeva cosa volesse quella folla – scendi così ti spieghiamo cosa vuole la tua gente”. “Che tristezza – ci dice Francesco Molinari, senatore grillino eletto in Calabria – hanno distrutto una occasione storica per il Paese, ma la cosa più vergognosas è l’abbraccio tra Bersani e il Pdl. Pensa che quando l’elezione di Napolitano è stata chiara, Pd e berlusconiani, insieme hanno cantato l’inno nazionale a mo’ di sberleffo nei nostri confronti. Ma la vera antipolitica sono loro, con i loro atteggiamenti e la porta sbattuta sul grugno della società civile”.
Da Il Fatto Quotidiano del 21/04/2013.