Il 25 Aprile in “salsa” trapanese
“Resistenza”, “Liberazione”, “Partigiani”. A Trapani queste parole non hanno cittadinanza. La “festa della Liberazione”, il 68° anniversario della “cacciata” del nazismo, l’affermazione dell’antifascismo, la creazione delle prime forme di governo democratico, l’affacciarsi della Repubblica contro quella monarchia che aveva consegnato il Paese alla dittatura, purtroppo restano episodi che da queste parti possono leggersi sui libri di scuola e dunque trattati solo in forma scolastica peraltro senza tante passioni se poi per la maggioranza degli studenti il 25 Aprile è solo una data per fare vacanza. Per gli adulti è una data per …non andare al lavoro. La celebrazione resta ristretta alle sole autorità, un rapido passaggio davanti al monumento dedicato al ricordo delle vittime di tutte le guerre e poi anche loro a fare bisboccia. Un silenzio e una disattenzione che è spezzata solo da una iniziativa assunta dal sindaco di Erice, Giacomo Tranchida, e dalla sezione dell’Anpi, che ricorderanno Pietro Lungaro un militare ucciso alle Fosse Ardeatine. Il 25 Aprile come data che ha segnato la storia del nostro Paese oramai è scivolato via, dimenticato, trascurato. A Trapani oramai è stata inaugurata una nuova stagione, il vento su tutto. C’è un “festival del vento” in corso legato ad una manifestazione sportiva di carattere velico, tornano il vento e la vela e tornano i “grandi eventi”…Iniziativa per carità lodevole, ma che rischia di essere nota stonata. Musiche, parole e divertimenti cozzano con una realtà sociale e d economica schiacciata dalla crisi e non solo dalla crisi. La platea di questa manifestazione è il porto, lo stesso porto che ha visto la chiusura di importanti cantieri navali, finiti falliti, dove la marineria peschereccia è una tradizione cittadina che ogni giorno compie un passo indietro, dove si è scoperto la mafia è venuta ad affondare le sue voraci mani, dove da otto anni vanno avanti i lavori per la costruzione di banchine che dovevano essere pronte in sei mesi e che oggi si è scoperto grazie ad una indagine di Polizia, essere state realizzate in malo modo, così per fare un elenco delle cose delle quali non si parla, l’ordine è non parlare. Nessuno si aspettava che quando tanti anni addietro il ministro Pietro Lunardi auspicava che lo Stato sapesse convivere con la mafia, a Trapani si facevano le prove generali di questo “inciucio”, e quando Lunardi venne a vedere i lavori in corso al porto, accompagnato dai “potenti”, il senatore D’Alì, il sindaco Fazio, il prefetto Finazzo, praticamente era mettere il sigillo a quell’accordo, perché qui mafia e istituzioni erano riuscite a mettersi bene d’accordo. Però erano tutti contenti perché tutto quello era fatto per il “grande evento”, per la Louis Vuitton Cup che giungeva con le favolose barche della Coppa America nella città di Trapani. E allora oggi questo “festival del vento” poteva essere qualcosa di diverso approfittando che si svolge anche in coincidenza del 25 Aprile e dentro al porto. E invece no, questo non è accaduto perché probabilmente il 25 Aprile come data della Liberazione non è più nell’agenda di tanti, giovani e meno giovani. Ce ne sono di ragioni per riscoprire il valore non solo storico ma anche culturale di questa data. Quella “resistenza” è più che mai attuale. Poteva essere l’occasione per parlare della nuova “resistenza” alla quale tutti dovremmo sentirci coinvolti, la “resistenza” contro le mafie ed i mafiosi, contro i colletti bianchi corrotti e l’area grigia collusa, contro i politici corrotti, chiacchieroni e “inciucisti”. Ci saranno alcuni spazi, alcune iniziative, si parlerà certamente anche di mafia e di mafie, di storia della Sicilia, di cose interessanti, ma è il contesto che non funziona, o meglio funziona se la parola d’ordine resta quella pronunciata dal neo sindaco della città, Vito Damiano, che parlare di mafia significa mettere paura ai giovani. Non può essere un “festival del vento” a fare dimenticare che per tanti a Trapani la mafia non esiste, non può essere un “festival del vento” a farci dimenticare che da otto anni si attende il conferimento di una cittadinanza onoraria al prefetto Fulvio Sodano, non può essere un “festival del vento” a farci dimenticare che oggi il personaggio politico più in vista della città, il senatore D’Alì, è sotto processo per mafia, o che a Valderice c’è un sindaco rimasto in carica nonostante una condanna per favoreggiamento e dovendo anche pagare al suo Comune 20 mila euro di danni, non può essere un “festival del vento” a farci dimenticare che per combattere la mafia, perché avevano scelto di essere e restare fedeli servitori delle istituzioni, qui a Trapani, sono state uccise tante persone e altre sono state isolate. O almeno non dovrebbe essere un “festival del vento” a farci dimenticare tutte queste cose, ma alla fine è questo quello che sta accadendo. Si fa festa e basta. Anche il 25 Aprile quando dovremmo semmai cogliere l’occasione per ragionare su quello che ci circonda. Non solo mafia. Ma anche malapolitica. In un colpo sono stati dimenticati quegli operai che per mesi e mesi sono rimasti chiusi dentro una nave o ancora quelli che per giorni hanno occupato il tetto del Palazzo della Provincia, tutti uniti dal fatto di avere perduto il posto di lavoro. Trapani, città del sale e del vento c’è scritto sui cartelloni di benvenuto nei punti di ingresso della città. Trapani città silente, città della distensione, città dove la politica segue regie trasversali, dove non ci sono steccati se non quelli apparenti che servono solo a fare scena. Ecco si potrebbe dire “Trapani città del presidente Napolitano” che oggi commentando l’incarico al presidente Enrico Letta si è rivolto ai giornalisti chiedendo che anche loro abbassino i toni e si crei un clima di distensione. Ma distensione, come diceva il fantastico Gino Cervi, nei panni del Peppone di Guareschi, non dovrebbe significare “calarsi le braghe”! Un 25 Aprile che arriva anche in periodo elettorale. Si sono svolte delle elezioni, adesso altre se ne svolgeranno. Elezioni amministrative. Che sono quelle più importanti perché riguardano la gestione immediata del territorio, dei Comuni, delle frazioni, delle comunità. Sono scene incredibili quelle alle quali si sta assistendo. Non si muovono partiti ma le lobby, i clan, da destra a sinistra. Chi chiede discussioni e dibattiti è zittito. E semmai oggi è l’ora delle discussioni e dei confronti, dei programmi scritti con le adeguate consapevolezze e non dettate dai potenti di turno. Il governo dei cittadini è ancora lontano. A questo punto abbiamo capito perché il 25 Aprile è dimenticato. Quella data segnò la fine delle dittature, oggi in presenza di nuove dittature è una data da cancellare. Ma davvero tutti hanno voglia di “calarsi le braghe”?