Asl Roma A, tutti pazzi per la poltrona
All’Asl Roma A pare proprio che gli incarichi siano per pochi privilegiati e i decreti ad personam. A partire dalla posizione del direttore generale, Camillo Riccioni. Al professore, infatti, non bastava essere commissario straordinario dell’Azienda (incarico provvisorio), così come non bastava essere direttore generale o solo primario del reparto di Angiologia. Voleva essere tutte e due le cose. Fare il direttore generale senza perdere il primariato. E per far questo ha dovuto trovare il modo di aggirare l’ostacolo della palese incompatibilità, facendosi aiutare nella complessa operazione dall’allora governatore della Regione Lazio, Renata Polverini.
Tutto ha inizio nel 2011, quando Riccioni è già commissario dell’Asl Roma A ed anche primario di Angiologia della stessa Asl. In quanto dipendente, poteva fare forse il commissario straordinario ma non il direttore generale dell’Azienda ospedaliera, perché incompatibile. Per superare l’incompatibilità, dunque, ha chiesto e ottenuto il trasferimento volontario al San Giovanni. E già qui la prima domanda: ma se il nulla osta al trasferimento presuppone l’esigenza di ricoprire posti vacanti, per far fronte a necessità assistenziali, perché lo si da ad uno che sta facendo in quel momento il Commissario Straordinario e che infatti da allora non ha mai prestato neanche un giorno di servizio al S. Giovanni?
E comunque con il trasferimento volontario Riccioni non avrebbe mai potuto mantenere il primariato. Ed allora ci ha pensato la Polverini con due decreti ad personam.
Con il primo, prende atto che Riccioni ha dichiarato di aver disattivato la specialità di Angiologia alla Roma A e quindi lo trasferisce al San Giovanni. Con il secondo decreto, invece, data la disattivazione nella Roma A e l’esistenza di un posto vacante di primario di Angiologia al S. Giovanni, lo trasferisce direttamente come primario. Allora la seconda domanda: che vuol dire esattamente disattivare la specialità? Se si tratta di risparmiare (come il piano di rientro impone) dovrebbe voler dire sopprimere tutto il reparto perché quelle attività le deve svolgere un’altra azienda che ugualmente abbia quel reparto. Ed invece, al contrario della logica, le attività dell’Angiologia nella Roma A non sono mai state disattivate e sono oggi più in funzione di ieri e tutto il personale continua beatamente a lavorarci, salvo Riccioni che ha mantenuto il primariato.
In teoria, questi provvedimenti sono normali in casi di esubero del personale a seguito (appunto) della chiusura di reparti. Negli atti della Polverini e dello stesso Riccioni, però, non si rinviene nulla di tutto questo. I documenti parlano solo della ricollocazione di Riccioni ma nulla si dice di tutto il resto del personale del reparto. A dimostrazione del fatto che la questione aveva a che fare solo con la ricollocazione di Riccioni e non con la soppressione del reparto, basta andare a prenotare una visita angiologica al Cup, per rendersi conto che la prestazione viene rilasciata regolarmente. L’Angiologia funziona come prima e come sempre alla Roma A, tanto che il resto del personale sta lì, non è mai stato trasferito e il reparto di fatto non è mai stato chiuso. Non è stato rispettato l’accordo sindacale che, nei casi di esubero e mobilità, presuppone che le parti vengano messe al corrente rispetto al personale che viene trasferito da un presidio all’altro e deve prendere atto della chiusura di un reparto e anche dei motivi. Il dubbio di essere in presenza di un leggero interesse privato in atti d’ufficio è d’obbligo. Ed il favoritismo è di casa alla ASL Roma A. Anche sulla nomina del direttore amministrativo dell’Asl, infatti, l’illegittimità è, più che un dubbio, una certezza. Alessandro Moretti è riuscito a diventare direttore amministrativo, pur non avendo nel settore la dovuta esperienza. Una laurea in Scienze della Comunicazione (e non in scienze economiche e giuridiche) e un curriculum con esperienze varie nel campo della telecomunicazione e del marketing (e non nella direzione di strutture sanitarie apicali). Altro che titoli ed esperienze professionali specifiche (parliamo di Sanità). Lo stesso metodo che era stato usato per conferire l’incarico a Luciano Crea. L’avvocato calabrese “assistente” di Riccioni che ufficialmente non compariva da nessuna parte ma, nella sostanza, gestiva delicate situazioni della ASL. In quest’ultimo caso, Riccioni ha tentato in un secondo tempo di regolarizzare la sua posizione affidandogli una “consulenza gratuita”. Ma, anche qui, senza i requisiti richiesti, senza alcun bando di pubblica evidenza e senza alcuna procedura comparativa (di selezione). Tale tipo di metodologia, nell’affidamento di funzioni, è finita al vaglio della Procura della Repubblica di Roma, dopo l’esposto di un sindacato (la Fedir Sanità), che ha denunciato tutte le nomine illegittime. A marzo, per l’allegro modo di attribuire gli incarichi dirigenziali, l’Asl è stata condannata dal giudice del lavoro e dovrà fare chiarezza sulla lunga serie di incarichi fiduciari e perfino la Regione Lazio ha ufficialmente chiesto, finora invano, a Riccioni di revocare l’incarico di struttura complessa conferito ad un biologo che non ha la necessaria anzianità dirigenziale. E l’esposto del Sindacato non parlava né dell’incarico di Riccioni, né di quello di Moretti.