Trapani, la crisi del lavoro, la malapolitica e la mafia che ringrazia

Ancora un gruppo di lavoratori che si asserragliano, che occupano, che decidono di accamparsi. Ieri era toccato agli operai di un cantiere navale che per mesi occuparono lo stabilimento da dove erano stati licenziati e la petroliera, rimasta non consegnata, dopo un paio di vari in pompa magna, che doveva essere il fiore all’occhiello di quell’impresa e che invece è diventata la causa di tutti i disastri, sino a giungere all’odierno fallimento. Oggi tocca a 68 dipendenti, donne e uomini da sette mesi senza stipendio con la prospettiva concreta della disoccupazione. Erano dipendenti di una spa, la Megaservice, una società mista finanziata dall’amministrazione provinciale, creata diversi anni addietro per dare occupazione a operai rimasti senza lavoro per la crisi del comparto industriale, erano finiti dentro questo calderone e che però con l’andar del tempo è stato svuotato di compiti, sino a giungere alla crisi, alla messa in liquidazione alla chiusura. La Megaservice nacque con l’obiettivo di far svolgere una serie di lavori per i quali di solito la Provincia ricorreva ad appalti esterni, venne introdotto il sistema del lavoro diretto, sembrava che le cose potessero andare bene e invece l’ultima delle Giunte provinciali ha scelto un’altra strada, ha dimenticato la Megaservice ed ha preferito tornare a dare appalti, ovvio che a quel punto la spa si sia fermata, sia rimasta senza commesse, con i debiti da pagare.

Sotto accusa è finito l’ultimo dei presidenti, l’Udc Mimmo Turano, nel suo ultimo anno di mandato ha affidato all’esterno 5 milioni di appalti che avrebbe potuto assegnare direttamente alla Megaservice. I dipendenti della Megaservice sono tornati ad occupare il tetto di Palazzo Riccio di Morana l’austero edificio nel centro storico di Trapani che ospita gli uffici della presidenza della Provincia dove da qualche giorno si è insediato il prefetto che ha l’incarico di liquidare l’intera amministrazione in virtù della legge regionale voluta dal presidente Crocetta che ha sciolto in Sicilia le nove Provincie, via i Consigli e via le Giunte. Il presidente Crocetta aveva promesso un tavolo tecnico per risolvere i problemi dei lavoratori della Megaservice, ma il tavolo non si è mai insediato e quindi nessuna soluzione si è mai provato a trovarla per davvero. E loro sono lì sul tetto giorno e notte, vigilati a vista dai vigili del fuoco che sotto hanno sistemato un grosso materasso per evitare che qualcuno perda la testa e decida di lanciarsi di sotto. E’ difficile restare calmi. Lo ammettono gli operai che siamo andati ad incontrare.

Sul tetto hanno sistemato un gazebo, un tavolo, dei computer, c’è anche una fornacella per preparare pranzi e cene, attorno tende e sacchi a pelo per affrontare la notte. A turno portano pane, acqua, il cibo da preparare o già cotto pronto da consumare. «Ci sentiamo maciullati tanti parlano di crisi del lavoro noi la stiamo vivendo la soffriamo la stiamo pagando eppure lavoravamo con impegno e risultati, ci occupavamo della pulizia nelle scuole, della manutenzione del teatro dell’Università, dello stadio provinciale». Aggiunge Maurizio: «Oggi abbiamo sentito dire che i soldi per la cassa integrazione l’Italia li ha esauriti immagini cosa proviamo noi che siamo qui su questo tetto decisi a non scendere che cassaintegrati lo siamo da mesi a sapere che adesso anche questi soldi ci verranno meno e per tornare a lavorare continuiamo a non sapere nulla». Si sentono presi in giro anche dal presidente Crocetta: ricordano che in campagna elettorale il candidato Crocetta li aveva incontrati, aveva espresso partecipazione al loro dramma e garantito impegno, qui sul tetto dell’edificio della Provincia di Trapani i dipendenti Megaservice attendono che questo impegno si possa concretizzare.

Tutto questo accade mentre Trapani continua a vivere in una apparente tranquillità. La questione appartiene a questi 68 dipendenti e quindi a queste 68 famiglie, non ci si rende conto che la Megaservice è una delle finestre della crisi cittadina.Trapani non reagisce. Non ha reagito quando un imprenditore, Mucaria, specialista nel campo delle forniture medicali, dopo avere fatto man bassa dei fondi 488 quando questi fondi sono venuti meno ha chiuso i battenti alle sue imprese e le ha portate in Tunisia. Non ha reagito dinanzi a quei lavoratori che hanno trascorso tanti giorni e tante notte su quella petroliera che doveva portare ricchezza e che ha portato solo sventura a loro primna e agli imprenditori D’Angelo dopo. Non ha reagito quando ha scoperto che la fortuna di alcune imprese nel campo dell’edilizia, delle energie alternative, eolico, fotovoltaico, per intenderci Morici, Tarantolo, Cascio, Nicastri, Mazzara, era dovuta alla mafia. Non ha reagito quando ha scoperto che una serie di aziende nate nel campo dell’agricoltura si erano ingrandite grazie anche al sangue di tre morti ammazzati, la famiglia Cottarelli di Brescia, di mezzo false fatture, finanziamenti spariti, casseforti segrete in Svizzera e il figlio e il nipote, i cugini Marino, di un noto capo mafia di Paceco Una città che sul lavoro dovrebbe fare una battaglia al giorno invece sta silente. Sopporta addirittura la condanna di un avvocato, Giuseppe De Luca, che nella parte di chi dovrebbe tutelare la legalità, ha costruito testimonianze perfette per salvare dai guai un imprenditore del settore marmifero. L’avvocato Giuseppe De Luca è stato condannato a pagare una salata ammenda, ma la notizia sui giornali nemmeno c’è andata, nessuno si è premurato di raccontarla. Come dare torno per questa scelta ai cronisti di giudiziaria che ogni giorno invece scrivono abbondantemente di altri fatti della cronaca giudiziaria, il lavoro, il lavoro che non c’è, il lavoro rubato, non fa notizia, non interessa a nessuno. Trapani è abituata da anni a non prendersi pena per chi il lavoro non ce l’ha. Trapani non si interroga come mai da sempre qui si fa la più grande raccolta di risparmi e ogni giorno tanti giovani partono, vanno via perché qui non trovano lavoro. Trapani sonnolenta. Come piace alla mafia.