Napoli che brucia/2
Vento, freddo, acqua, i piedi che affondano nelle pozzanghere, gli automobilisti che smadonnano per le buche. E la gente che chiede se parte il treno della Cumana o quello della Circumvesuviana. No non parte: è sciopero. “Ma come?”. “E che volete, quelli non prendono lo stipendio da mesi, hanna campà pure loro, o no?”. “E io come arrivo a Castellammare, mannaggià a morte?”. “Arrangiatevi”. Benvenuti a Napoli, città seduta su un vulcano pronto ad esplodere. Protestano gli autisti, protestano i 130 sfollati di Chiaia, nuovi senzatetto che si aggiungeranno ai senzatetto “storici”, agli “scantinatisti”, agli occupanti abusivi, ai terremotati ancora ospitati in qualche hotel della Ferrovia. Li hanno trasferiti in alberghi pagati dall’Ansaldo, l’impresa che sta facendo i lavori della metropolitana, ma ancora non si è trovato chi dovrà mettere mano al portafogli per provvedere a pranzo e cena. Sono pronti a scendere in piazza pure loro, quando sarà necessario, insieme all’immenso popolo dei senza casa. Intanto, un altro palazzo crolla a San Giovanni a Teduccio, periferia, era vuoto, ma forse lì dormivano degli abusivi, barboni, extracomunitari. “Stiamo verificando, speriamo bene”, dice un vigile urbano. Speriamo, Napoli campa di speranze che muoiono lentamente. Città della Scienza era un luogo della speranza e del bel volto della città. Un gioiellino nel deserto di Bagnoli, l’ex area siderurgica dell’Italsider e delle grandi illusioni industrialiste del secolo scorso. Ermanno Rea ha raccontato gli altiforni e l’ umanità di marmo che ruotava attorno alle colate nel bel libro “La dismissione”, prima di lui, nel 1978, un giovane regista tedesco, Werner Schoeter, ambientò sulla spiaggia di Bagnoli annerita dagli scarichi la scena più struggente del film “Nel regno di Napoli”. “Me ne voglie fuì da stu mare chine ‘e munnezza”, voglio fuggire da questo mare pieno di immondizia, diceva più o meno il protagonista del film. Di quella poesia rimangono solo i ricordi dei vecchi caschi gialli, anche quelli bruciati nel rogo dei capannoni che ospitarono Città della Scienza. “Hanno dichiarato guerra alla città”, ha detto a “IL Mattino” Ermanno Rea. “Siamo sotto attacco, questa è strategia della tensione”, dice il sindaco Luigi de Magistris. Due persone lontane per età, cultura e idee politiche, osservano le ceneri dell’opera che doveva rilanciare il sogno post industriale di Bagnoli, e lanciano lo stesso allarme. Ma chi, quali ambienti, quali interessi vogliono “mettere le mani sulla città”, come dice il sindaco? “E’ presto per avere un quadro preciso, ma è fuor di dubbio che Bagnoli fa gola a tanti, non solo alla camorra. Parlo di interessi economici e criminali che spingono per costringerci a ridisegnare i piani sull’utilizzo di quelle aree. L’incendio di Città della Scienza ha un valore simbolico fortissimo in questo momento di debolezza politica e istituzionale del Paese”. Bagnoli e la sua storia infinita. Da 21 anni ci sono piani, società, finanziamenti per rilanciare l’area di “quella radura piena di ferite” (Rea). Un milione 945mila metri quadri del centro siderurgico e 157mila mq dell’ex Eternit (cemento-amianto) da risanare, e poi la grande colmata, la spiaggia artificiale costruita con 1300 metri cubi di materiale di risulta dell’acciaieria da bonificare insieme ai fondali marini. Un costo stimato nel 2007 di 60 milioni di euro. E società, prima Bagnoli spa, poi Bagnoli futura, finanziate con fondi pubblici per raggiungere l’obiettivo. Con costi, come rilevato dalla Corte dei Conti per gli anni 2003-2007, che lievitavano rispetto alle previsioni dell’86%, e finiti “solo in minima parte alla bonifica degli arenili, dei suoli e della balneabilità delle spiagge”. Bagnoli futura, che da mesi ha un nuovo presidente, l’ex magistrato Omero Ambrogi, è stata da sempre terreno di caccia della politica. Risultato un debito accumulato di 339 milioni di euro. E opere finite ma non utilizzate, alcune incompiute, cantieri chiusi e operai in cassa integrazione. L’Auditorium da 300 posti è pronto, ma l’impresa che lo ha costruito vanta crediti per 7 milioni dalla società Bagnoli futura, che però deve averne 11 dalla Regione. I 30 ettari del Parco dello Sport sono completi di tutto, ci sono i campi e le attrezzature, ma le erbacce se li stanno mangiando e i 50 operai del cantiere sono in cassa integrazione. Anche l’acquario telematico è quasi completo, ma non potrà essere inaugurato perché mancano le strade di accesso, le stesse che difettano per usare il parcheggio per 600 posti auto. Città della Scienza era un gioiellino con i suoi 300mila visitatori ogni anno, ma la fondazione che la gestiva non pagava gli stipendi ai suoi dipendenti da undici mesi e i debiti erano tanti. Succede a Napoli, città incompiuta dove tutto accade e il peggio bussa alle porte.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano)