L’Italia e il livore

L’Italia sta sprofondando nel livore. L’indignazione, sentimento giustissimo soprattutto in una società come la nostra devastata da una classe dirigente (politici, imprenditori, manager pubblici e privati, intellettuali) nella sua stragrande maggioranza incapace, arruffona, vorace, si è già trasformata in rancore sociale. Una buona parte degli italiani non sa più distinguere. Non vuole. Tutto è nero, tutti ladri, tutta merda. Ognuno, nella grande platea del web, di facebook e dei socialnetwork, si sente giudice supremo. La rete ti esalta e ti condanna in modo inappellabile. Trasforma l’imbelle in eroe o ti precipita negli abissi del disprezzo sociale. Neppure la morte riesce a mitigare i giudizi e a placare le ire dei sommi giudici da tastiera. Scrivo questo perché ho letto su Fb, sui giornali on line, su twitter i commenti alla morte del Capo della Polizia Antonio Manganelli. Che schifo. Uno in meno (ho letto anche questo), guadagnava 600mila euro l’anno, ora la moglie si consolerà con la sua pensione, non si è scusato per i massacri del G8 di Genova. Sentenze inappellabili scritte da chi non sa, non ha letto, non conosce la biografia di un uomo che era tra gli investigatori più apprezzati da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, giusto per citare due NOMI. Ma in quali abissi sta precipitando questo Pase? Dove siamo? Qui l’ignoranza di gente che ormai vive in simbiosi con una tastiera da computer sta prendendo il sopravvento. Frustrazioni individuali mai risolte si sposano con l’ignoranza sconfinata di chi non legge un libro o un giornale da secoli, la rabbia ottusa prende il sopravvento sulla ragione e la capacità di discernimento. I fatti e la vita degli uomini hanno una loro lettura a prescindere. Parlano di Manganelli (un uomo morto a 62 anni che lascia una moglie giovane e una figlia giovanissima) e del G8 ma la Genova di quei giorni l’hanno vista in tv. Blaterano di cambiare il Paese ma molti di loro non sono mai scesi in piazza a protestare. Vivono chini su una tastiera vomitando rancore, esaltando miserabili e condannando uomini perbene.