Una campagna elettorale senza confronti
Il traguardo elettorale è ormai in vista, e fa un certo effetto pensare che tra meno di dieci giorni il contesto politico italiano potrebbe essere radicalmente diverso da come lo è oggi. Potrebbe, e il condizionale è d’obbligo: se per qualcuno queste sono già le elezioni che cambieranno l’Italia, per qualcun altro, vada come vada, non potrà nascerne che un Parlamento ingovernabile. Pensare a quanto potrebbe essere diversa la scena politica, con i suoi protagonisti, le sue caricature e le sue comparse. Ma lascia altrettanto pensare come questi attori abbiano dialogato nelle settimane di competizione elettorale. Anzi, non dialogato.
Perché, in fin dei conti, a cosa si è ridotto il dibattito politico di questa tornata elettorale? Ad un fuoco incrociato fatto di happening davanti alle platee amiche e monocolore, ai twitta e ritwitta, alle interviste televisive cercate, temute, dribblate e disertate, ai video messaggi di sapore guerrigliero. Ma il confronto in diretta, quello no, non c’è stato. Qualcuno potrebbe ribattere che non se n’è sentita la mancanza, di vedere le solite facce sputarsi veleno reciprocamente facendo la felicità degli indici di share. Per certi versi vero, ma per altri abbastanza deprimente. Viene spontaneo chiedersi, davanti a questo rifiuto del faccia a faccia, cosa sia rimasto della dialettica politica. Quella vera, intesa come scambio, scontro ma soprattutto confronto di idee, ideali e programmi.
Cosa ci è rimasto di tutto ciò? Apparentemente molto poco, e per molteplici motivi. In primo luogo perché, più che le idee, ormai sono le facce a confrontarsi. La deriva personalistica che hanno preso le maggiori forze politiche è qui a testimonianza del fatto che schierarsi da questa o quella parte politica si riflette in un sostegno non tanto alle idee, alle proposte ed alle prospettive, ma alla squisita simpatia o antipatia che si nutre per questo o quel personaggio.
In secondo luogo, che lingua parlano questi leader? Cosa sarebbero in grado di dirsi, posti l’uno di fronte all’altro, un Berlusc….pardòn, Alfano (l’unico vero candidato PdL, carismatico, trascinatore e legittimato dal basso) e, tanto per fare un esempio, un Beppe Grillo (che se leggesse direbbe che non ho capito niente, ché lui non è né un politico né un candidato, ma probabilmente neanche lui ha capito che non può darci a bere che un movimento dotato di una base non può non avere anche un vertice)? Probabilmente molto poco, se da una parte la propaganda viaggia su ettari di manifesti, e dall’altra sui “mi piace” di Facebook. Cambia il linguaggio della politica e si sposta su posizioni diametralmente opposte, ma viene anche da chiedersi se il linguaggio dei politici corrisponda effettivamente al linguaggio della base che li sostiene. Tra il tecnico, il populista verace, il moderato stucchevolmente pacato ed il nostalgico, cambiano i registri, si confondono ma non si integrano in nessun modo. E la continua, quanto paradossale e dannosa atomizzazione della platea politica è una conseguenza diretta anche di questo fenomeno.
E infine, ma non sarà che questi capi politici hanno, molto banalmente, paura di un confronto diretto? Semplice, riduttivo forse, ma non credo tanto scontato. In questi ultimi mesi tutte le parti politiche hanno accumulato una serie non indifferente di debolezze, di lati discutibili ed ambigui. E non è questione di limitare i danni, quando ormai è chiaro che nessuno è veramente senza peccato, quanto di convincere l’elettore che gli altri sono sempre e comunque peggiore. Una manovra facile da eseguire a mezzo di un monologo, ormai il mezzo espressivo di gran lunga preferito dai nostri politici. Molto più difficile e rischioso riuscire nell’impresa all’interno di un dibattito serrato.
Forse siamo davvero davanti a un cambiamento radicale, almeno per quanto riguarda la comunicazione politica. O forse è in corso una sorta di involuzione, di imbarbarimento del dibattito portato alle estreme conseguenze. E’ un danno soprattutto nei confronti di noi cittadini. La democrazia, se perde il carattere dialettico che ne è per molti aspetti l’essenza, rischia di rimanere lettera morta. Ed i nostri rappresentanti ci stanno dando un pessimo esempio in questo senso. Oltre al fatto che, ammettiamolo con un sorriso amaro, ci siamo persi davvero un bello spettacolo.