Napoli: Silvio non c’è

Berlusconi in video messaggio – da Il Mattino

“Scafati per Silvio”, si legge sullo striscione. Ma Silvio non c’è, e c’entrano poco il “vitreo monolaterale” e la congiuntivite: Silvio Berlusconi non viene a Napoli a chiudere la campagna elettorale perché sa che la Campania è persa. I sondaggi non si possono citare ma circolano dentro lo stato maggiore del partito, e qui tutti sanno che in Campania il Pdl deve ammainare bandiera bianca almeno per il Senato. Il premio di maggioranza andrà a Bersani e Vendola, meglio giocare le ultime ore della partita elettorale altrove e non nel catino infuocato del padiglione 6 della Mostra d’Oltremare, tra big stanchi e big cacciati che consumano la loro vendetta. Una volta, quando Napoli amava Silvio, e Silvio la amava con tutto se stesso fino a dedicarle insulse canzonette e fidanzamenti multipli, altro che catino, si andava a Piazza del Plebiscito. Sempre piena di folle adoranti che si estendevano fino al Teatro San Carlo, con i bus stracarichi di militanti e fedelissimi che arrivavano a frotte soprattutto dal Casertano, la terra di Nicola Cosentino. Ora Nick non c’è più, non ha portato masse e non si è visto nell’area vip insieme a Nitto Palma, Mara Carfagna, Gianfranco Rotondi, Giggino Cesaro-‘a purpetta e agli altri gerarchi del berlusconismo sotto il Vesuvio. “Non lo hanno candidato e gli hanno firmato un biglietto di sola andata per Poggioreale”, dice un suo fedelissimo prima di sbattere la cornetta in faccia al cronista. Nick ‘o mericano, sdegnato, è asserragliato nel suo bunker di Caserta, i suoi elettori sono rimasti a Casal di Principe. Silvio fisicamente non c’è, il clima che si respira è da otto settembre del berlusconismo. Certo, c’è Angelino Alfano che dal palco tenta l’impresa impossibile di rincuorare le truppe. “Siamo in testa, in Campania vinceremo e porteremo al successo Berlusconi e il Pdl. Siamo a poche ore da un successo clamoroso e inaspettato”. Applausi, pochi e poco convinti. Agitarsi nelle prime file di una schiera di ragazze in tubino nero aderentissimo e tacco iperbolico, le irriducibili dell’eterno Drive In di Silvio. Parla Angelino e attacca il “traditore Fini”, i comunisti, lo spread e la Merkel. Poi, all’improvviso, sui maxi-schermi si materializza lui: Silvio Berlusconi. Le bandiere, sventolano, gli striscioni vengono innalzati (quello degli abusivi contro gli abbattimenti, e quello del “Meglio il bunga-bunga che il banca banca”), ma lo schermo rimanda l’immagine di un uomo stanco. Un vecchio attore che dimentica le battute, ricicla malamente quelle che lo hanno reso famoso, “in queste ultime ore telefonate alle vostre ex fidanzate”. Un uomo che ha paura del futuro perché non riesce più a capirlo. Una volta, quando l’avventura iniziò nel lontano 1994, era circondato da filosofi, politici esperti, sondaggisti, ora gli rimane solo Masssimo Boldi, re delle scorregge da cinepanettone. “Grillo è un istrione straordinario, un ottimo attore che fa divertire le folle, ma attenti, il mio amico Boldi mi ha detto che è l’uomo più cattivo del mondo”. Il resto è un lungo discorso sui “comunisti che diffondono l’invidia sociale e ci sommergono di tasse”. E promesse: “Interverremo sulle pensioni minime come facemmo nel 2001, le aumenteremo”. Nonostante Monti, il professore che “ha guardato l’economia dal buco della serratura e ha mancato alle promesse di non candidarsi fatte a me e al Capo dello Stato quando lo nominammo senatore a vita. Se andrà in Parlamento sosterrà Bersani e Vendola”. E poi la Svizzera che proprio ieri ha smentito l’esistenza di un accordo fiscale tra Berna e Roma. Insomma, quei quattro miliardi che Berlusconi ha promesso di far rientrare dalla Confederazione e di utilizzarli per coprire la restituzione dell’Imu, non ci sono. “L’accordo c’è, c’è, c’è”, ripete invece Silvio. Berlusconi parla per quasi due ore, agita un mazzo di fogli che stringe in una mano, elenca cifre e numeri che sbaglia puntualmente e così le centinaia di migliaia di disoccupati per ogni settore produttivo che cita spariscono. E’ confuso e si riprende solo alla fine, quando si appella ai suoi. “Se fossi qui col mio spadone magico vi batterei sulla spalla destra e vi nominerei missionari di libertà”. Lo scarso popolo presente esplode in un applauso, i vip esultano, Gigino Cesaro-‘a purpetta sventola la sua bandiera di libertà. Comunque vadano le cose sarà rieletto, avrà tutto, immunità parlamentare compresa, e non è poco per lui. Un sistema di potere è al tramonto, deputati, consiglieri regionali, provinciali, comunali, membri di Asl e consigli di amministrazione, sciamano lentamente. Vanno via anche le signorine in tubino nero e tacco dodici. La divisa storica del berlusconismo. Non la riporranno nel cassetto, forse servirà ancora per allietare le coreografie del nuovo potere che sta per nascere.
(pubblicato su Il fatto Quotidiano del 23 febbraio 2013)