Fini bocciato dagli elettori. Di Pietro addio
Fuori dal Parlamento dove speravano di ritornare. Fuori da Montecitorio, stucchi, buvette e saloni dei passi perduti erano ormai diventati la loro prima casa. Il voto che col Parlamento ha terremotato il Paese intero, ci consegna anche questo. Nomi che sembravano dovessero essere preceduti per sempre da due lettere magiche e potenti: “on.”, sono fuori dalla Camera.
QUELLO più eccellente, se i dati provvisori saranno confermati da quelli ufficiali, è certamente quello di Gian-franco Fini, con il suo parti-tino Futuro e Libertà, candidato nel cartello di Mario Monti. Fini ha vissuto una vita intera nella politica, iniziando negli anni Settanta del secolo passato, quando la scelta di un partito era totalizzante. Si era missini, e Gianfranco lo diventa fino a diventare pupillo di Giorgio Almirante, missine erano le amicizie, Storace, Alemanno La Russa, quelli che poi nel corso degli anni diventeranno i colonnelli di Fini, missini erano gli amori e i matrimoni. Era il 1983 quando Gianfranco Fini venne eletto deputato per la prima volta, prima era stato segretario del Fronte della gioventù, l’organizzazione giovanile del partito, infine segretario del Msi. Una vita in Parlamento e nel governo con Berlusconi, vicepresidente del Consiglio, ministro degli Esteri, infine presidente della Camera. Fino a quel “che fai mi cacci ?”, col dito alzato e la valigia pronta per lasciare la casa di Silvio. La débâcle con il voto di domenica e lunedì. Se proiezioni ed elaborazioni dei primi dati saranno confermai dai risultati definitivi, Fli è allo 0,5%, troppo poco per entrare alla Camera e per assicurare un seggio all’ex pupillo di Giorgio Almirante.
Tonino Di Pietro non parla. In una sola mossa ha perso tutto: il partito e il seggio parlamentare. Rivoluzione Civile non ha neppure lambito la soglia del 4% necessaria per eleggere deputati e la sua Idv scompare definitivamente dal Parlamento. Rimane l’enclave del Molise, dove un Di Pietro, il figlio Cristiano, potrà fregiarsi del titolo di consigliere regionale, ma è troppo poco per un sogno politico che era iniziato nel lontano 1996. Quell’anno l’ex pm di Mani Pulite venne chiamato da Romano Prodi a ricoprire l’incarico di ministro dei Lavori Pubblici. Erano passati poco più di tre anni da Tangentopoli e quel ministero era una delle centrali occulte delle tangenti. Tonino cambiò tutto e cominciò anche a prendere gusto alla politica.
UN ANNO dopo, a giugno, si candidò al Parlamento nelle elezioni suppletive scegliendo il collegio superblindato e rosso del Mugello. Contro aveva Giuliano Ferrara, per il Pdl, e Sandro Curzi per Rifondazione comunista. Stravinse e da allora volle farsi un partito. Alle europee del 2004 tentò con Achille Occhetto, poi quattro anni dopo, ormai fondata Italia dei valori, si alleò con Veltroni e il Pd. Rifondazione comunista era fuori e Tonino, col 4,4% si elesse un bel numero di deputati e senatori. Altri tempi, ora la realtà ci consegna una Idv sull’orlo della liquefazione. Fuori dal Parlamento, dove non c’erano già dalle ultime elezioni, anche Oliviero Diliberto e Paolo Ferrero, altri due azionisti del cartello di Rivoluzione civile di Ingroia. Nella coalizione di centrodestra, invece, non dovrebbero entrare in parlamento l’ex governatore della Sicilia Raffaele Lombardo e Gianfranco Micciché (Grande Sud), così come er pecora Teodoro Buon-tempo e Francesco Storace, gli ex missini entrambi già fuori anche nell’ultima legislatura, che adesso condivideranno il destino con Fini, di nuovo.
Da Il Fatto Quotidiano del 26/02/2013.