Alberto Cisterna ed il rifiuto di un’archiviazione

Alberto Cisterna da cadoinpiedi.it

(di Lucio Musolino)

L’ex numero due della Direzione nazionale antimafia, Alberto Cisterna, non ci sta e chiede addirittura la revoca dell’archiviazione dell’inchiesta nei suoi confronti. Vuole essere processato pubblicamente rispetto alle accuse di corruzione in atti giudiziari e ai presunti rapporti con la cosca Lo Giudice.

“Voglio restituire onore alla mia toga intonsa di giudice della Repubblica”. Esplode così il palazzo dei veleni di Reggio Calabria, diretto fino all’anno scorso da Giuseppe Pignatone. L’attacco di Cisterna è pesantissimo: “La situazione degli uffici giudiziari reggini è in grande difficoltà. La ‘ndrangheta può aver deciso di fare esplodere gli uffici dall’interno”.

Le sue parole minano le fondamenta del palazzo dei veleni. L’ex vice di Piero Grasso non le manda a dire a Pignatone, oggi procuratore di Roma, e al pm Beatrice Ronchi, da tempo trasferita a Bologna, ma applicata straordinariamente a Reggio “per occuparsi pressoché in via esclusiva della mia persona”: “Ciò che è successo in questo processo è senza precedenti e mi auguro non si ripeta altrimenti i cittadini avrebbero di che preoccuparsi”.

Negli ultimi due anni, Alberto Cisterna ha visto la sua carriera frantumarsi tra le pieghe di un’inchiesta della Dda di Reggio che si è conclusa in un nulla di fatto e costellata di forzature degli investigatori, intercettazioni dimenticate, lettere che il magistrato aveva consegnato alla Procura e che sono state utilizzate contro di lui, dichiarazioni del pentito Nino Lo Giudice rese dopo i 180 giorni utili e fughe di notizie.
“Il decreto di archiviazione mi getta addosso insinuazioni e comportamenti disonoranti, e soprattutto privi di qualunque riscontro. L’archiviazione era inevitabile. Tuttavia è un provvedimento che non posso considerare accettabile”. Chiunque al suo posto festeggerebbe. Cisterna no: “Abbiano il coraggio di processarmi”. Le chiama “scorie velenose” quelle tumulate in quest’indagine: “Sono sicuro che, con un processo, sarà possibile chiarire ogni cosa”.

Anche i legami tra l’inchiesta che lo ha riguardato e la trattativa Stato-mafia. Bernardo Provenzano, pochi mesi prima della cattura, voleva costituirsi: “Su questo c’è un procedimento penale in corso alla Procura antimafia di Palermo che mi ha già sentito come testimone”.

(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 5 febbraio 2013)