Scampia, Aleppo d‘Italia
“Astro del ciel, Pargol divin, mite agnello redentor…”. I bambini sono in fila e cantano, la mestra s’improvvisa direttrice del coro perché alla recita di Natale non bisogna sfigurare. A pochi passi da loro, nel cortile, l’inferno. Un uomo sanguinante corre con le poche forze che gli restano. Sanguina, cade, si rialza, sanguina ancora. A pochi metri da lui, preda designata, due malacarne su uno scooterone. Sono i suoi cacciatori, lo hanno aspettato sotto casa e gli hanno sparato ferendolo. Non sono riusciti ad ucciderlo e ora lo inseguono per finire il lavoro. Lo vedono mentre arranca nel cortile della scuola, quello seduto dietro si volta di lato e spara. L’uomo ferito urla, impreca, bestemmia, quando si accorge che non ci sono più ripari e non ha più scampo, chiede inutilmente pietà. Una grandinata di proiettili gli ricaccia le parole in gola. “Astro del ciel, Pargol divin…”. I bambini continuano a cantare la finta gioia di Natale. I due sullo scooter fuggono. Nessuno ha visto, nessuno sa dire. E’ morto così Luigi Lucente, 50 anni, una vita sbagliata vissuta nell’inferno di Scampia, Aleppo d’Italia, dove è guerra ogni giorno. Lucente era uno specialista nel “cavallo di ritorno”, ma ultimamente aveva fatto carriera e conquistato una piazza di spaccio tutta sua, quella di Cianfa di Cavallo. Si uccide per la droga, per il controllo di Bronx che si chiamano Vele, Case Celesti, Terzo Mondo, Case dei Puffi, si ammazza per i danari dell’eroina tagliata male e del kobret, un sottoprodotto che costa poco e garantisce lo sballo. Ci sono le sentinelle e i pusher, i gruppi di fuoco e i”ragionieri” che tengono i conti delle mesate da versare agli affiliati. Sopra tutti quelli che si credono i boss. Due eserciti che si combattono in una guerra senza regole e senza confini. Da una parte gli spagnoli, quelli che nel 2004 sconfissero l’impero di Paolo Di Lauro, Ciruzzo ‘o milionario, il re della droga. Dall’altra quelli che vogliono conquistarsi nuovi spazi e che con disprezzo chiamano “i girati”. Otto anni fa la guerra fece settanta morti. Malacarne uccisi per strada a colpi di calibro nove, bruciati nelle auto, torturati, ma anche innocenti. Dario Scherillo, 26 anni, Attilio Romanò, 29, Antonio Lardieri, 25. Ragazzi che con la camorra non avevano a che fare, giovani vite colpevoli di essere nati nel luogo sbagliato, Scampia. Nella guerra di oggi i morti dall’inizio dell’anno sono già una decina. Si massacrano gli uomini degli Abete-Abinante-Aprea e i “girati”, ma sicuramente in campo ci sono anche gli eredi dei Di Lauro, e lo fanno con una punta di ferocia in più. Perché sono saltate tutte le regole, ammesso che la camorra di regole ne abbia mai avute, e non ci sono più confini e limiti. I denari che girano attorno allo smercio della droga sono ancora tanti, solo a Scampia 100 milioni di euro l’anno. Tanti, che però non bastano più perché le bocche da sfamare sono troppe, tantissime le famiglie di carcerati da mantenere e i soldi da far girare per evitare tradimenti, passaggi di campo da un gruppo all’altro, pentimenti. Anche in questa guerra sporca più delle altre muoiono innocenti. Pasquale Romano, che tutti chiamavano Lino, stava aspettando la fidanzata. La sera del 15 ottobre era in macchina sotto un palazzo di Corso Marianella, la sua ragazza vive lì, nello stesso stabile dove quella sera maledetta un camorrista vero stava cenando. Era lui che aspettavano i killer venuti da fuori. Il piano era perfetto, una donna presente alla cena avrebbe avvertito il commando con un sms quando la vittima sarebbe andata via. Ma i sicari avevano fretta e la mente offuscata dalla cocaina. Videro Lino fermo in macchina e lo scambiarono per l’altro. Non ebbero dubbi ed eseguirono il loro compito con 14 colpi di calibro nove. “Bestie, animali, uomini da niente”, urlavano le mamme che ieri abbracciavano i loro bambini all’uscita della scuola materna Montale. “Sparate anche a noi ma non sparate tra i bambini”. Angelo Pisani, è il presidente del Municipio di Scampia ed è disperato. “Di questa guerra assurda non ne possiamo più. Chiediamo al governo e alle forze dell’ordine di presidiare scuole, chiese e tutti i centri abitati di Napoli perché la gente si deve sentire al sicuro e non in continuo pericolo”. I bambini non hanno visto il morto riverso facciabocconi sull’asfalto del cortile e coperto da un lenzuolo bianco macchiato di sangue, le maestre li hanno fatti uscire da una porta secondaria. Per questa volta i loro sguardi non hanno fissato l’orrore, ma molte famiglie hanno deciso che Scampia con le sue strade troppo larghe e sempre poco illuminate, i suoi palazzoni dai nomi fantasiosi e orribili, non è un posto per bambini. Basta vedere le statistiche delle iscrizioni, quest’anno calate del 41%. Sono piccole anime costrette a rinunciare alla scuola e mamme che hanno deciso di iscrivere i loro figli altrove, fuori dall’inferno. Dove il Natale è davvero Natale, e dove i bambini possono cantare le loro canzoni in allegria, lontano dai colpi di calibro nove. Lontano dalla morte e dalla violenza che stanno uccidendo Scampia, lembo abbandonato di Napoli.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 6 dicembre 2012)