Sciolto il comune di Reggio Calabria
(di Angela Corica e Laura Aprati)
“A Reggio la ‘ndrangheta è la politica e la politica è la ‘ndrangheta”. E così le parole di Roberto Moio, genero di Giovanni Tegano, suonano oggi come premonitori dello scioglimento del Consiglio comunale della città in riva allo Stretto. Il ministro Anna Maria Cancellieri, a seguito del Consiglio dei Ministri ha annunciato lo scioglimento per contiguità dell’infiltrazione mafiosa del Comune di Reggio Calabria. Qualcosa che era nell’aria già da tempo, quando in seguito alle inchieste giudiziarie, erano stati evidenziati i rapporti mafia – politica. Un boccone amaro da digerire per il governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti che, parallelamente, era impegnato nei lavori del consiglio regionale. Un pomeriggio a nervi tesi dato che, il buon Scopelliti si è preoccupato, ancora una volta, di prendersela con i giornalisti che di mafia e politica hanno scritto e continuano a scrivere. L’epoca Scopelliti sindaco e diffusore del “modello Reggio” si è conclusa così, con l’aggiunta della continuità dei rapporti mafia-politica anche con la gestione del nuovo sindaco Demetrio Arena, pure lui in quota Pdl. La relazione prodotta dalla commissione d’accesso in questi mesi è un malloppo di oltre 300 pagine. Il libro nero di una città in cui ‘ndrangheta, massoneria e malapolitica hanno trovato una sintesi perfetta, quasi unendosi in un solo corpo. Ed è così che riemerge la storia della Multiservizi (la municipalizzata che si occupa di patrimonio urbano e ambiente) sciolta perché il 49 per cento delle sue quote erano in mano alla ‘ndrangheta. I pentiti stessi hanno rivelato come gestivano gli affari della città. Si ricorderanno le parole di Moio: “la società è gestita da noi Tegano”. Nell’ultimo anno molti sono stati i rappresentati della “Reggio bene” finiti in manette. Figure emblematiche come quella di Giovanni Zumbo, commercialista a disposizione, amico dei mafiosi, uomini dei servizi e massoni. Un modello finito male quello della città di Reggio. Un modello che è costato la vita anche a Orsola Fallara, dirigente del settore finanze che nel dicembre del 2010, ha deciso di uccidersi ingerendo acido muriatico dopo che la stessa di era liquidata illegittimamente somme pari a 800 mila euro. Un modello che ha prodotto un buco di bilancio di circa 180 milioni di euro, sperperati in spettacoli al grido di festa, farina e forca. Un modello che, purtroppo, si è allargato anche alla regione che nell’ultimo anno ha registrato l’arresto di ben tre degli uomini di Scopelliti: prima Santi Zappalà, consigliere regionale del Pdl arrestato per associazione mafiosa e corruzione elettorale; Antonio Rappoccio, consigliere regionale in Calabria arrestato con l’accusa di truffa e voto di scambio per aver promesso posti di lavoro in cambio di voti alle elezioni regionali del 2010; Francesco Morelli, finito in manette il 30 novembre 2011, nell’ambito di una inchiesta della Dda di Milano per presunti rapporti con la cosca della ‘ndrangheta Lampada-Valle. Nel dicembre scorso è stato arrestato anche il consigliere comunale del Pdl Giuseppe Plutino. L’allora Procuratore della città Giuseppe Pignatone nella conferenza stampa disse chiaramente: “C’è la prova di un sostegno elettorale da parte della cosca Caridi al consigliere Plutino in occasione delle ultime elezioni amministrative”. Il teatrino si chiude con una notizia che tuttavia era attesa da tempo, nonostante le pressioni contro lo scioglimento e il tentativo disperato di Scopelliti di difendere mediaticamente la sua creatura. Sobrietà da parte del ministro Cancellieri, che ha tenuto tutti col fiato sospeso fino a questo pomeriggio. Lo stesso rigore che si spera adesso torni anche a Reggio Calabria. E il Ministro, in conferenza stampa, dicendo quanto sofferta sia stata la decisione ha però ribadito quanto sia importante “restituire il paese alla legalità perché solo attraverso essa passa lo sviluppo anche delle aree più difficili”.