Mariuoli
Nella Calabria senza speranza dove la disoccupazione giovanile supera il 70%, la fame di lavoro è un affare per politici senza scrupoli. “Mi voti e io sistemo te, tuo figlio, tuo nonno e pure le galline. Non mi voti, ‘nto culo a te e alla tua famiglia”. Era Cetto La Qualunque, emblema soft del politico calabrese, la realtà supera ogni fantasia. Al confronto con i politici veri, consiglieri comunali, regionali, assessori, onorevoli, il politico macchietta La Qualunque è un dilettante, un buono, un benefattore. “Quella la puoi prendere anche per un mese, poi la butti fuori, ma la devi prendere”. Parlava così al telefono Totò Caridi, oggi assessore regionale alle attività produttive. “Quella” è una ragazza che deve essere assunta in un supermercato, uno dei tanti dell’imprenditore-politico di centrodestra Dominque Suraci. Siamo alla vigilia di elezioni importanti e l’assessore chiede aiuto a mister Dominique. Tu dai a quella sventurata che cerca il pane l’illusione di un lavoro, di uno stipendio da mille euro al mese che le assicuri un minimo di tranquillità, lei ci vota e dopo la butti fuori. Senza pietà, senza dignità alcuna, sono gli stessi politici che poi nelle piazze calabresi predicano sviluppo e giustizia, cianciano di Calabria vilipesa da un Nord vorace, e che nei convegni attaccano il povero Giorgio Bocca, uno che nei suoi scritti ha messo a nudo la pochezza di una classe politica che è la vera causa del sottosviluppo di una intera regione. Ma queste sono parole di un giornalista, e come tali contano poco. Affidiamoci al giudizio dei magistrati dell’inchiesta “Sistema” che hanno scoperchiato il pentolone nauseabondo degli affari di Suraci e company. “Il vero sprezzo di Suraci nei confronti delle persone e dei loro bisogni, è pari solo al cinismo con il quale le stesse venivano utilizzate fornendo loro il miraggio di un posto di lavoro, al solo scopo di ottenere il voto per poi rimetterle in mezzo a una strada”. Dominique Suraci, re dei supermarket a Reggio, fa una rapida carriera politica nel centrodestra di Peppe Scopelliti, il Governatore, il golden boy del berlusconismo sullo Stretto, l’ex simpatizzante dei Boia Chi Molla che voleva rinnovare la Regione governata dal centrosinistra di Agazio Loiero. In campagna elettorale cianciava di “consiglio regionale più inquisito d’Italia”, ora si ritrova ad essere il presidente di una Regione che ha ben tre consiglieri arrestati. Due per i loro rapporti con le cosche di ‘ndrangheta, uno, l’ultimo, Antonino Rappoccio, per i suoi traffici elettorali. Suraci aveva modi spicci. “Ho saputo – dichiara un testimone sentito dai magistrati – che molti dipendenti sono stati costretti a votare i candidati che gli imponeva il datore di lavoro, altrimenti rischiavano il posto di lavoro”. Rappoccio, invece, aveva messo su una vera e propria fabbrica della speranza. Cooperative, società, gruppi, dove gli aspiranti al posto dovevano non solo assicurare il voto loro e delle loro famiglie, padri e nonni compresi, ma anche pagare una quota di iscrizione: venti euro. Era repubblicano, il poco onorevole Rappoccio, e pure lui con i suoi 3814 voti estorti “con raggiri o artifici volti a limitare la libertà degli elettori”, ha concorso alle elezione regionali del 2010 alla mirabile ascesa di Scopelliti. Ottocento e passa persone ingannate, ragazzi e ragazze che venivano convocati per partecipare a concorsi inesistenti. “Avrete la chiamata a breve”, era questa la formula di rito per tenere in caldo famiglie intere che avevano già ceduto la loro libertà di voto, in cambio di un posto per il figlio. Rappoccio, un ex operaio forestale, riceveva i disoccupati in quella che nella sede della cooperativa della grande truffa chiamavano pomposamente la “stanza della Presidenza”. Roba da far rivoltare nella tomba Ugo La Malfa. “Lavoro con Rappoccio dal 2006. Dopo la sua elezione in consiglio comunale e le innumerevoli promesse per l’eccellente lavoro svolto, non ho visto entrare un centesimo nelle mie tasche lavorando nella sua segreteria anche per dodici ore al giorno”, dichiara agli esterrefatti magistrati, uno dei tanti giovani illusi da Rappoccio. E ai pm non resta altro che vergare parole di fuoco. “La vicenda costituisce un esempio paradigmatico dello scadimento sul piano dei valori etici e civici di una certa parte della classe politica, che con cinica determinazione specula sui bisogni e le aspettative di tanti giovani in cerca di un approdo sicuro che solo il lavoro stabile può fornire per costruirsi un futuro”. Dominique Suraci e Antonino Rappoccio sono in galera, il consiglio comunale di Reggio è sull’orlo dello scioglimento per mafia, la Regione Calabria ha il consiglio più arrestato d’Italia, ma più del carcere e delle inchieste giudiziarie, è lo scadimento dei valori etici della classe politica calabrese la vera tragedia di una regione già oltre il baratro. Quando si inganna una gioventù disoccupata, quando si costringono ragazze e ragazzi a vendere la loro libertà in cambio di una promessa farlocca, si uccide il futuro.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 30 agosto 2012)