Il ricatto dell’Ilva

Stop and go. La strategia dell’Ilva è chiara. Apertura, annunci di diaologo e braccio di ferro. A 24 ore dal pronunciamento del Tribunale del Riesame di Taranto, che dovrà confermare o meno gli arresti di Emilio Riva, del figlio e di altri sei manager dello stabilimento, e soprattutto dire una parola definitiva sul sequestro degli impianti. Parla Bruno Ferrante. “Se passa la linea tracciata dal Gip nel suo provvedimento chiaro e netto”, se il Riesame non imprime un altro corso alla vicenda, “possiamo solo chiudere: non abbiamo altra scelta”. E a spegnersi sarebbe “non solo tutto lo stabilimento di Taranto, ma anche Genova e Novi Ligure, che vivono su quanto Taranto produce”. Ferrante ha disegnato uno scenario da incubo: migliaia di lavoratori in mezzo alla strada, il settore dell’acciaio italiano in ginocchio, e lo ha fatto davanti ai parlamentari della Commissione d’Inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Vince la linea dura, nel variegato mondo Ilva dove un giorno prevalgono i falchi, e l’altro le colombe. Per Ferrante anche gli otto arresti sono “un gesto pesante”. Una frase che ha irritato il Presidente della Commissione Gaetano Pecorella. “Un giudizio su questo punto non tocca né a me, né a lei”. Il resto dell’audizione, Ferrante l’ha riservata ai giuramenti della famiglia Riva e del gruppo Ilva sulla volontà di non voler abbandonare Taranto. Ancora una volta, però, il nuovo presidente del colosso dell’acciaio ha evitato di parlare degli impegni finanziari dell’Ilva sulla complessa partita delle bonifiche e del risanamento ambientale. L’Ilva, ha detto, è oggi “tecnologicamente all’avanguardia”, “le Pm10 a Taranto sono inferiori che a Milano” e che dopo i “336 milioni destinati alla bonifica dei terreni” sbloccati dal governo, “poi potrebbero esserci finanziamenti per nuove tecnologie che l’impresa volesse applicare sugli impianti”. Se ci saranno questi soldi pubblici bene, ma di altri interventi, o di cambiamenti dei processi produttivi non si parla perché “richiederebbero investimenti talmente grandi che non credo al momento si possano immaginare”. Un atteggiamento che il Presidente della Commissione, Gaetano Pecorella (Pdl), ha stroncato in una intervista a “Il Fatto quotidiano.it”. “’Ferrante mi ha convinto solo di una cosa: vi è in corso un’alternativa senza possibilità di sfuggirvi che è: o ci lasciate andare avanti così o noi chiudiamo tutto, non solo Taranto. Questo non è accettabile. E’ inaccettabile perché così come in altri paesi anche da noi si deve produrre l’acciaio senza produrre diossina e senza provocare malattie”.
A Taranto la tensione sale in attesa delle decisioni del Riesame. La Fiom oggi pomeriggio a Taranto terrà una conferenza stampa del segretario generale Maurizio Landini, mentre Enzo De Luca, vicepresidente della Commissione sul ciclo dei rifiuti, preannuncia una ispezione dell’organismo in Puglia. “Ci accorgiamo della gravità dei problemi quando scoppiano vicende come quelle del’Ilva, in questo caso grazie all’azione meritoria della Procura. Non possiamo continuare a far finta di non vedere bisogna sollevare il velo e mettersi seriamente al lavoro per programmare un piano di interventi di bonifica su tutto il territorio nazionale”. E’ braccio di ferro, quindi. Con il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, che anche ieri ha attaccato i giornali. “Alcuni organi di stampa hanno costruito l’ipotesi che sull’Ilva di Taranto ci sia stata una sorta di ‘combine’ e questo è offensivo e irresponsabile”. Quelle che il ministro chiama ipotesi sono in realtà risultanze investigative della procura di Taranto che indaga sul “sistema” Ilva. In un corposo dossier della Guardia di Finanza ci sono nomi di alti funzionari del ministero che compaiono nelle intercettazioni con avvocati e dirigenti del gruppo. Come Dario Ticali, presidente della Commissione Ipcc, essenziale per il rilascio dell’autorizzazione Aia all’Ilva. Il suo nome compare nella telefonata in cui l’avvocato della famiglia Riva parla della necessità di “pilotare” il lavoro della commissione. Un altro nome è quello di Luigi Pelaggi, capo-dipartimento del Ministero, nominato dalla ministro Stefania Prestigiacomo, ma soprattutto sponsor del progetto Sistri, Sistema integrato controllo dei rifiuti. Un business da 70 milioni finito nel mirino della procura di Napoli che indaga sugli affari di Finmeccanica e sui rapporti con Luigi Bisignani.

(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 7 agosto 2012)