Polizia: l’ora del cambiamento?

Parole chiare, quelle di Antonio Manganelli, il Capo della Polizia. Che stridono col silenzio ormai insostenibile di Gianni De Gennaro, nei giorni del G8 e della macelleria messicana della Diaz, al vertice delle forze dell’ordine, oggi sottosegretario di governo con delega all’intelligence. E decisioni, quelle prese dal Viminale a poche ore dalla sentenza della Cassazione. Si cambia, con nomi nuovi. Al posto che fu di Franco Gratteri, capo dell’Anticrimine, va il prefetto Gaetano Chiusolo, a dirigere il Servizio centrale operativo, in pratica il coordinamento di tutte le Squadre Mobili, una donna, Maria Luisa Pellizzari in sostituzione di Gilberto Calderozzi. Parla Manganelli e dice parole che l’opinione pubblica italiana aspettava da undici anni. “E’ il momento di chiedere scusa”. Dopo la sentenza sulla Diaz, “è chiaramente il momento delle scuse ai cittadini che hanno subito danni e a quelli che, avendo fiducia nella Polizia, l’hanno vista in difficoltà per qualche comportamento errato ed esigono sempre maggiore professionalità ed efficienza”. Si dice orgoglioso il Capo della Polizia di dirigere uomini e donne che quotidianamente si sacrificano per il Paese, ma va oltre e traccia la nuova mission degli agenti. “Assicurare all’Italia democrazia, serenità e trasparenza dell’operato delle forze dell’ordine, garantendo il principio del quieto vivere dei cittadini”. Parole impegnative, che piacciono anche a Paolo Ferrero e al Comitato giustizia per Genova. Per Claudio Giaardullo, segretario del Silp-Cgil, “è un gesto culturale e istituzionale di altissimo profilo che fa bene a questo Paese”. Fin qui l’ufficialità. Il retroscena, invece, ci parla di una dichiarazione combattuta e di una esposizione del Capo della Polizia che in molti, anche all’interno del Dipartimento di Ps, non hanno gradito. Si tratta di quella parte della burocrazia del Viminale che in questi anni ha fortemente sperato che sui fatti della Diaz intervenisse un poderoso colpo di spugna. Manganelli , è l’opinione dei suoi sostenitori, non si è fatto irretire dagli inutili strepiti e dalle solidarietà interessate della destra. Chi lo conosce bene, ricorda che il Capo nei giorni del G8 (all’epoca Manganelli era uno dei vice di De Gennaro) si prese un lungo periodo di ferie. Troppe le pressioni del governo di allora (Berlusconi-Fini) sui vertici della Polizia, troppa tensione preventiva diffusa ad arte, anche da parte dell’intelligence e con tv e giornali berlusconiani a fare da grancassa. Ma a fare da contrasto a questa presa di posizione così netta, è il silenzio di chi all’epoca era il numero uno della Polizia di Stato, Gianni De Gennaro, il superpoliziotto che ha navigato tra governi e ministri della Prima e della Seconda Repubblica, per approdare, agli albori della Terza, ad un ruolo politico importante, quello di sottosegretario con delega ai Servizi segreti. Le cronache ricordano le tante, troppe, contraddizioni sulla ricostruzione di quella notte alla Diaz, tra le sue dichiarazioni e quelle degli altri dirigenti presenti a Genova. Undici anni dopo, anche per l’uomo che lavorò fianco a fianco con Giovanni Falcone e indusse Tommaso Buscetta a tornare in Italia e a parlare, è venuto il momento della verità. Qual era il clima i quei giorni, quali le direttive arrivate dall’allora ministro Scajola, quali le pressioni per trasformare la piazza, i manifestanti, tutti, senza esclusione alcuna, in nemici? Cosa ci facevano esponenti di Forza Italia e soprattutto di Alleanza nazionale nelle sale operative? L’Italia che apprezza le parole di Manganelli, aspetta ancora.
Cambiano i vertici. E i nomi designati alla direzione di settori cruciali, come l’Anticrimine e lo Sco, indicano una lenta ma progressiva fuoriuscita da quello che nei piani alti del Viminale chiamano il “cerchio magico di De Gennaro”. Quegli uomini che si sono formati alla sua scuola e che nel corso degli anni hanno viaggiato in squadra. Lo stesso metodo investigativo, l’identica tenacia, una spiccata capacità a muoversi nel ventennio dei cambiamenti politici radicali. Gaetano Chiusolo, ad esempio, ha costruito la sua carriera dal basso, squadre mobili di questure importanti, la Criminalpol, l’antidroga. Per questo a chi gli ricorda che è il cognato di Pierferdinando Casini (ha sposato la sorella del leader Udc), risponde ricordano gli anni della gavetta. Maria Luisa Pellizzari è il colpo di teatro assestato dalla ministra Cancellieri: per la prima volta una donna sarà a capo del servizio che deve coordinare, tanto per dirne una, la cattura di latitanti del peso di Matteo Messina Denaro.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 7 luglio 2012)