Muos, la Sicilia al microonde

Se avete in programma di trascorrere qualche giorno di vacanza sulle meravigliose spiagge della Sicilia Sud-orientale, vale assolutamente la pena di lasciare chiusi per un po’ ombrellone e sdraio ed addentrarsi nei comuni dell’entroterra. Niscemi, Comiso, Caltagirone, Vittoria, Modica, tanto per citarne alcuni; terre di arte barocca, verde e buona cucina. Ed è molto facile, girando per queste zone, imbattersi nella scritta “No Muos” messa un po’ dovunque. Striscioni, manifesti, locandine. Se quando si parla di “no ponte”, si sa subito a cosa ci si riferisce, e se abbiamo imparato tutti – più o meno – cosa sia la Tav e perché in Valsusa non ci stanno a farla costruire, il Muos è qualcosa che sfugge ai più, insieme alle ragioni di chi non lo vuole a casa propria. Il Mobile User Objective Sistem, in arte Muos, è un sistema di comunicazione gestito dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, composto da quattro satelliti in orbita – più uno di riserva – e quattro stazioni di terra. Al momento della sua entrata in funzione, prevista nel 2013, consentirà ad ogni militare sparso per il globo (sia esso su una portaerei in mezzo all’oceano Pacifico o in una zona desertica dell’Afghanistan) di comunicare in piena libertà, trasmettendo voce, dati ed immagini attraverso un sistema radio ad altissima frequenza, compresa tra i 300Mhz ed i 3Ghz. In parole povere, comunicare attraverso il Muos è come avere un telefono cellulare che aggancia un segnale affidabile praticamente ovunque, facendo “rimbalzare” la comunicazione tra i satelliti in orbita geostazionaria e le stazioni di terra. Ognuna di queste stazioni è dotata di tre antenne paraboliche del diametro di 18,4 metri (due sempre in funzione, una di riserva) e due trasmettitori elicoidali (uno in funzione, l’altro in riserva) alti 4 metri. La selezione dei siti è stata completata nel 2007, e sono situate ai quattro angoli del globo: in Australia occidentale, presso l’Australian Defence Satellite Communications Station, 30 km da Geraldton; presso il Naval Computer and Telecommunications Aerea Master Station Pacific nelle isole Hawaii; nella Virginia Sud-Orientale. La quarta “ground station” del Muos dovrebbe sorgere in Sicilia, a circa 60 km dalla Naval Air Station di Sigonella, nel comune di Niscemi. Proprio in questo comune è già presente, dal 1991, la più grande base di telecomunicazioni della marina americana nel Mediterraneo, la Naval Radio Transmitter Facility (NRTF), composta da 41 antenne. Il tutto – ma forse è solo un dettaglio – all’interno della riserva naturale orientata della Sughereta di Niscemi.
La storia del Muos in Sicilia parte nel 2001, quando l’allora governo Berlusconi sigla un accordo bilaterale con gli Usa. Nel 2006 il governo Prodi ratifica l’intesa ed impone il rispetto delle normative in materia di inquinamento ambientale ed elettromagnetico. Si da mandato alla regione Sicilia di dare i nulla-osta per l’avvio dei lavori, e la regione delega di questo compito i comuni coinvolti. Nel 2008 la notizia arriva a Niscemi, insieme alle rassicurazioni degli americani in merito all’assoluta mancanza di rischi per la popolazione e l’ambiente circostante. Le cose però, non sono cosi semplici e sicure. Lo conferma una relazione di novembre 2011, a cura dei docenti del Politecnico di Torino Massimo Zucchetti e Massimo Coraddu, che disegna un quadro a tinte tutt’altro che limpide.
Tra il 2008 ed il 2010 l’Arpa (Agenzia regionale protezione ambiente) Sicilia compie delle rilevazioni presso la stazione NRTF di Niscemi. Rilevazioni eseguite con “strumentazione e procedure non del tutto adeguate”, in quanto effettuate con appena 27 delle 41 antenne in funzione e senza una centralina in grado di monitorare la grande antenna che trasmette a bassa frequenza onde lunghe circa 6 km, destinate alle comunicazioni sottomarine. Malgrado ciò, si segnala un “sicuro raggiungimento dei limiti di sicurezza per la popolazione, ed anzi un loro probabile superamento”. Questo succede a Niscemi da vent’anni.
Veniamo al Muos. Le fonti americane dichiarano che, fuori dal raggio d’azione dell’antenna (appena qualche grado), la quantità di radiazioni emesse è minima e trascurabile. Certo, la quantità di radiazione all’interno del fascio principale di microonde è tale da causare danni irreversibili a chiunque vi si trovasse in mezzo: necrosi dei tessuti derivante da ipertermia, che colpirebbe per primi gli occhi. Il problema, sottolineano Zucchetti e Coraddu nella loro relazione, è che l’ipotesi che un essere umano si trovi all’interno di questo campo letale di radiazioni è tutt’altro che fantastica: basterebbe un errore di puntamento dovuto ad un incidente, ad un malfunzionamento del sistema o ad un errore umano e l’ambiente circostante all’antenna si troverebbe irraggiato dal fascio principale di microonde per un raggio di 20 km, e non si può prevedere per quanto tempo. Il comune di Niscemi si trova ad appena 6 km dal sito indicato per l’installazione del Muos. Si possono invece immaginare le conseguenze dirette ed immediate sulla popolazione, oltre che su apparecchiature mediche come bypass e pacemaker. Non solo, perché al fascio principale di microonde emesso dalle parabole durante il loro funzionamento ordinario è associato il rischio di incidenti provocati dall’irraggiamento accidentale di aeromobili in volo anche a decine di chilometri dal sito. Non dev’essere un caso che gli americani tengano il Muos lontano dalla base area di Sigonella ben 60 km. Sistemi gps, elettronica di bordo, impianti elettrici, tutto potrebbe essere disturbato dalle interferenze del sistema di comunicazione militare.
Nella relazione tecnica si evidenziano forti dubbi anche riguardo l’effettivo impatto delle emissioni “fuori asse” del Muos, le radiazioni residue emesse fuori dal fascio principale della parabola. Un contributo difficile da calcolare, che andrebbe ad aggiungersi a quello dei campi già emessi dal sistema NRTF e che “provocherebbe un incremento del rischio, già ora elevato, di contrarre malattie dovute all’esposizione cronica dei campi emessi dalla stazione esistente”. Per non parlare delle ricadute sull’ambiente naturale immediatamente circostante l’installazione militare, come quelle dell’avifauna che entrerebbe inevitabilmente nel fascio principale di irraggiamento.
La relazione si conclude in modo inequivocabile: “per un principio di salvaguardia della salute della popolazione e dell’ambiente, non dovrebbe essere permessa alcuna installazione di ulteriori sorgenti di campi e.m. presso la stazione NRTF di Niscemi, e anzi occorre approfondire lo studio delle emissioni già esistenti e pianificarne una rapida riduzione, secondo la procedura di “riduzione a conformità” prevista dalla legislazione italiana in vigore”.
Quando si parla di programmi militari come il Muos, si cita spesso – in maniera anche un po’ impropria – l’articolo 11 della Costituzione, secondo cui l’Italia ripudia la guerra e vieta l’aggressione militare. Un pezzo di elevata civiltà che assume un sapore sempre più tristemente utopico. Se c’è uno Stato in guerra è proprio il nostro, e l’installazione in Sicilia del sistema Muos sarebbe solo l’ultimo capitolo di questa storia infinita. Una vera e propria tragicommedia, che ci vede da una parte partecipi – e perché no, trionfanti – ai programmi bellici “alleati” che hanno militarizzato ogni angolo della nostra penisola, e dall’altra vittime inconsapevoli e – quel che è peggio – impotenti di quella stessa logica che sacrifica senza tanti complimenti la vita umana sull’altare della “ragion di Stato”. Non ci è bastato il Cermis, non ci bastano novanta testate nucleari sul nostro territorio, non ci bastano i tumori contratti da chi abita intorno al poligono di Quirra. Quali sono le contropartite di tutti i rischi che, come cittadini, ci siamo assunti in questi anni? Anche questa è sovranità nazionale – e popolare – che ci sta scivolando dalle mani come granelli di sabbia.