L’uomo dei Piromalli che sussurrava a Marcello
Aldo Micciché era il consigliori politico della cosca Piromalli della Piana di Gioia Tauro, ma era anche amico di Marcello Dell’Utri e punto di riferimento di altri pezzi da novanta del Pdl. Lo hanno arrestato due giorni fa in Venezuela e ora i magistrati della procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria ne chiedono l’immediata estradizione in Italia. Dovrà scontare 11 anni di galera e chiarire tanti misteri. Uno in particolare: cosa accadde nei giorni roventi delle elezioni politiche del 2008 in Venezuela, che fine fecero le schede votate dagli italiani residenti nel paese sudamericano.
E’ l’8 aprile del 2008 quando da Caracas Aldo Micciché chiama Filippo Fani, un dirigente del Pdl e braccio destro di Barbara Contini, l’ex governatrice di Nassirya fiore all’occhiello delle candidature di Berlusconi. “Ti dico delle cose molto riservate. Mi sono trovato questa notte a dover…non avevo via d’uscita, perché non me le potevano consegnare…di distruggerle, chiaro o no?”. Fani, capisce e annuisce. Micciché, agitato, continua il racconto della sua notte brava: “A Barbara questa notizia devi dargliela in via segretissima, che viene dai servizi di sicurezza. Le…(i puntini sospensivi stanno per schede, ndr) avevano il cartone completo, dai, parliamoci chiaro”. Il risultato delle elezioni è incerto, la battaglia è all’ultimo voto anche nei collegi esteri. E in Venezuela Micciché nota che “i comunisti” si stanno dando da fare. “La nostra candidata comunista ha chiesto aiuto a Chavez. Una parte di queste buste (i plichi con le schede votate dagli italiani in Venezuela, ndr) erano partite grazie ai servizi di sicurezza”. Quando il faccendiere si accorge che le cose stanno andando male per il Pdl, prende il telefono e chiama Barbara Contini per comunicarle la decisione di bruciare le schede. Sono le tre di notte. “Ma Barbara non mi ha potuto rispondere – dice nella telefonata al dirigente del Pdl Fani – povera disgraziata, stava dormendo. Io questa notte sono riuscito a fare questo. Per chiamare alle tre di notte Barbara Contini, ti rendi conto come ero combinato? Dall’altro canto, non è che quelli me le potevano consegnare per farle votare io…perché se no avevo risolto il problema questa notte. Ed allora sai cosa ho fatto? Ho messo il tappo della benzina ecc…così si è risolto il problema. Ho le ceneri, se volete ve le posso mandare. Non avevo altra scelta…quindi le ho bruciate, che cazzo me ne fotte”. Ancora una volta, Aldo Miccihé ha fatto un buon lavoro. Basta guardare le percentuali del voto degli italiani residenti in Venzuela: Senato 72,69%, Camera 65,92. Un bottino grasso rispetto al misero 27,9% che Forza Italia portò a casa due anni prima.
Aldo Micciché è uomo della cosca Piromalli. “E’ uno che conosce i capuzzuni”, dicono di lui i boss della Piana ammirati dalla fitta rete di relazioni politiche del faccendiere. “E’ il simbolo del perfetto strumento a disposizione della cosca mafiosa. In teoria dovrebbe essere persona che qualunque altra timorata delle leggi dovrebbe tenere alla larga. Ed invece, alla luce del tessuto relazionale del Micciché, nella realtà è proprio il contrario. Egli è il punto di riferimento di tutta una serie di personaggi che, consapevoli o meno, divengono funzionali allo scopo principale che l’indagato si prefigge: quello di incrementare la forza del sodalizio di cui fa parte integrante”. Così scrive il pm Roberto Di Palma nella maxi inchiesta “Cent’anni di storia”. I Piromalli volevano che Micciché si adoperasse per alleggerire il carcere duro per alcuni di loro e per far ottenere un consolato estero ad un loro parente. Marcello Dell’Utri ha sempre minimizzato i rapporti con il consigliori dei Piromalli. “Ero in contatto con lui per ragioni di energia”. Ma il legame era molto più sretto. Dell’Utri manda suo figlio Marco a Caracas nel 2007, Micciché è entusiasta e gli parla di “azioni” e affari. Petrolio e gas russo. Ma quando si tratta di elezioni, Micciché promette voti. In Calabria e a Milano. “Fagli capire a Marcello che lì c’è una torma di calabresi pronti a votarlo e tu vai lì a nome di questi”. A Buccinasco come nella Piana di Gioia Tauro. La ‘ndrangheta vota.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 25 luglio 2012)