La spending review secondo la Regione Piemonte

Mentre tutta l’Italia è ‘distratta’ dai tagli dovuti alla spending review, la Regione Piemonte si muove con destrezza, introducendo – almeno in ambito sanitario – nuove strutture, meglio note come Federazioni sanitarie (prodotto della legge regionale numero 3 del 2012 “devoluzione alle federazioni sanitarie di funzioni gestionali delle Asl e AO”). Come si evince dal sito della Regione, “l’esempio di statuto” che regola tali società altro non è che il tentativo maldestro di gestione da parte della politica della sanità pubblica, finanche di strutture e appalti fino al 2042. Mentre leggiamo lo statuto – o esempio di statuto, che dir si voglia – pare di sfogliare le ultime pagine dell’Apocalisse. Quello del Piemonte è un ‘caso’ a tutti gli effetti. E non che nessuno non se ne sia accorto fino ad oggi. Dato che sulla questione i sindacati, e la FedirSanità in particolare, hanno già interrogato la Regione per ottenere chiarimenti circa la presunta illegittimità del provvedimento. Da parte sua l’Ente si nasconde dietro la maschera dell’autonomia federalista infischiandosene comunque di cittadini e personale che rischia pure di perdere il lavoro. In sostanza, con le Federazioni sanitarie, è possibile bypassare le Aziende Ospedaliere e le Asl per controllare, ancora più direttamente, la sanità per fini politici. Le aziende sovraziendali nascono con l’intento (ufficiale) di perseguire una razionalizzazione dei servizi e ottimizzazioni varie. Di concreto, però, si ripropongono vecchie pratiche che, non potendo più fare perno intorno alla figura del manager, sottoposto di volta in volta allo ‘spoil system’, cercano di costruire strutture stabili organizzate secondo un criterio che si basa sull’appartenenza politica. Di fatto, con tale sistema, tutte le funzioni amministrative passano per queste aziende private, (specificatamente ad una società consortile a responsabilità limitata di diritto privato con attività interna) ma dovranno essere svolte da personale già incardinato nelle Asl/AO del servizio sanitario regionale (il cui diritto di lavoro, di diritto pubblico, è disciplinato da precise norme di legge del Contratto collettivo nazionale). La giunta regionale, da parte sua, ha già provveduto a nominare (lo scorso 27 aprile) i direttori generali che guideranno le aziende sanitarie ospedaliere e territoriali del Piemonte. Parallelamente, il presidente della giunta, Roberto Cota, ha designato i sei amministratori unici delle Federazioni che avranno il ruolo di gestione organizzativa, logistica ed informatica delle stesse. Chi controlla chi e cosa? Esiste una forte preoccupazione su due aspetti cruciali: la natura giuridico privata delle nuove Federazioni e lo strumento prescelto per l’utilizzazione del personale che è una non meglio qualificata ‘assegnazione funzionale’. Il personale interno delle Asl e AO è stato così scavalcato e, secondo questo quadro, anche in maniera illegittima all’atto della formazione delle Federazioni. Tale istituto non è infatti presente in alcuno ordinamento legislativo e contrattuale attualmente vigente in materia. E come potevano essercene!! Il costo per gli amministratori unici è pari ad almeno un milione di euro l’anno. Il resto, ovviamente, è un’altra storia e non interessa le stanze dei bottoni. Queste aziende private prenderanno qualsiasi decisione e sempre a discrezione della giunta regionale. Ma andiamo al valzer delle anomalie. Fra i compiti dell’azienda vi sono: piani di acquisti annuali e pluriennali e approvvigionamento di beni e servizi, ad eccezione dei servizi socio-sanitari; la gestione del materiale, dei magazzini e della logistica; lo sviluppo e la gestione delle reti informative e digitalizzazione del sistema; la gestione del patrimonio immobiliare per le funzioni ottimizzabili in materia di manutenzione, appalti ed alienazioni, in coerenza – ovviamente aggiungiamo noi – con gli indirizzi regionali; la gestione del patrimonio tecnologico per le funzioni ottimizzabili in materia di manutenzione, acquisizione, riallocazione e dismissione (HTA – HTM); gestione e organizzazione dei centri di prenotazione; gestione degli affari legali; altre eventuali attività di carattere amministrativo, logistico, tecnico-economale e di supporto stabile della giunta regionale con appositi provvedimenti. E ovviamente la società eroga i suoi servizi a favore dei soci anche a seguito di affidamento diretto “in house”, che impone il cosiddetto “controllo analogo”. Garante di tutto questo è sempre e solo la Regione. E l’Assemblea può decidere sull’approvazione dei bilanci; sulla nomina dell’Amministratore unico su designazione del presidente della giunta regionale (sempre Cota); sulla nomina dei sindaci, dei supplenti e del presidente del collegio sindacale; sulle modificazioni dell’Atto costitutivo a seguito di un provvedimento del Consiglio regionale o, negli altri casi, previa autorizzazione della giunta regionale; la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale o una rilevante modificazione dei diritti dei soci, previa (sempre) acquisizione di apposita autorizzazione da parte del Consiglio regionale; la nomina dei liquidatori e i criteri di svolgimento della liquidazione; il versamento di contributi a carico dei soci; la variazione della sede sociale, previa autorizzazione da parte della giunta regionale. Ciò basta per capire quanto grande sia il peso politico in questa iniziativa aziendale privata. E il governo vigile che si sta spendendo per i tagli alla spesa pubblica e per una gestione diretta di alcune attività, non ha tenuto conto di un simile provvedimento? Non si è accorto di nulla? O la revisione della spesa pubblica vista dalle Regioni può assumere qualsiasi carattere e generare carrozzoni politici e clientele fino al 2042?