Il sud brucia per interessi speculativi?

(di Carmine Zaccaro)

L’Italia a scadenze stagionali, ormai cicliche, è interessata dai problemi legati agli incendi. Il Corpo Forestale dello Stato solo nell’ultimo anno ha contato più di 2.500 focolai che hanno distrutto oltre 10mila ettari di terreno; si è registrato un aumento del 76% rispetto al 2011. Rappresenta un gravissimo problema che molto spesso riguarda particolare aree dell’Italia, nell’ultimo anno le regioni maggiormente colpite sono state Calabria e Campania.
Secondo quanto emerge dai dati nazionali diffusi dal Cfs i dati relativi agli incendi del 2012 (il periodo di riferimento va dal 1 gennaio al 30 giugno del 2012) stimano 2.500 incendi, i danni causati vanno dal «disordine idrogeologico» al «deterioramento del suolo» e ai «cambiamenti climatici dovuti alle emissioni di anidride carbonica».
In Calabria si sono verificati 306 incendi, in Campania 377 incendi circa il 65% del totale degli incendi è sempre di origine dolosa «spesso gli incendi dolosi derivano dalla previsione errata che le aree boscate distrutte dal fuoco possano essere utilizzate successivamente a vantaggio di interessi specifici, connessi alla speculazione edilizia, al bracconaggio, all’ampliamento della superficie agraria»; altre ragioni afferenti l’incendio doloso comprendono “le manifestazioni di protesta e risentimento nei confronti di privati o della Pubblica Amministrazione e dei provvedimenti da essa adottati, quali l’istituzione di aree protette. In altri casi si tratta di azioni volte a deprezzare aree turistiche, o ancora da ricondurre a problemi comportamentali, quali la piromania e la mitomania”.
Il fenomeno degli incendi costa allo Stato svariati euro.La protezione civile, che fornisce i mezzi come i Canadair , va incontro a forti spese, secondo quanto riporta l’ufficio stampa risulta che «l’impegno finanziario totale sostenuto dal Dipartimento nazionale della Protezione civile per l’attività della flotta aerea AIB 2011 è pari a € 115.462.000,00 circa. Nel dettaglio, il costo relativo alla gestione e all’utilizzo dei Canadair e pari a € 68.000.000,00 circa».
In Calabria tra il 14 e il 18 luglio sono stati appiccati dei gravi incendi in alcune aree del Parco Nazionale del Pollino, in particolare le zone comprese tra i comuni di Morano Calabro e Castrovillari: Cornale, Sambuco, Timpone Dolcetti, Valle Piana e Conca del Re.
I luoghi colpiti dai focolai rientrano nell’area del Parco Nazionale del Pollino, uno tra i maggiori parchi a livello europeo.Le stime dei danni contano oltre 600 ettari di territorio andato in fiamme.Gli incendi hanno mandato in fumo i pini loricati, alberi che rappresentano un raro patrimonio dell’area.
Dai dati che si ritrovano nel Piano Antincendio Boschivo 2011 del Parco risulta che la registrazione dei fenomeni incendiari è aumentato a partire dall’anno di costituzione dell’Ente Parco nel 1993, poi nel 2000 e ancora nel 2007.Tra il 2006-2010 gli incendi registrati sono stati 376, di cui 351 attributi a cause dolose «Tra le cause dolose ricordiamo la pratica di togliere lo spazio al bosco per tramutarlo in pascolo, tipica di certe forme di pastorizia». Il numero degli incendi appiccati per motivazioni legati al rinnovo del pascolo sono 151, per motivi legati a turbe mentali se ne registrano 58.
I comuni del versante calabro più colpiti sono quelli di Papasidero, Morano Calabro e Santa Domenica Talao; nel versante lucano Chiaromonte , Viggianello e San Costantino Albanese. Il Presidente del Parco Domenico Pappaterra, alla domanda se gli incedi siano da considerarsi di matrice criminosa per fini speculative o lucrative, così ha dichiarato « ho escluso categoricamente la possibilità che gli incendi siano da legare ad attività illegali e forme di speculazioni edilizie in quanto il nostro territorio non suscita appetiti di questa natura per come può avvenire in Parchi terrestri/marini come il Gargano o il Cilento. A mio giudizio, nonostante siano passati più di 20 anni dall’istituzione del Parco, permangono alcune incrostazioni in alcuni settori, che qualcuno non intende superare e che sfociano in alcuni casi in odio verso l’area protetta che prevede un regime autorizzatorio molto più vincolante che altrove. Forse è la logica delle “mani libere” che qualcuno vorrebbe affermare»