I nostri figli sono morti di Stato?
La strage dei Georgofili fu la strage del 41 bis, il carcere duro, che i boss volevano eliminare. Cosa Nostra di rito corleonese, forse con l’aiuto o l’assenza di altre “entità” ancora sconosciute, semina il terrore a Firenze. I morti sono 5, i feriti, alcuni gravissimi, sono 48.Da allora Giovanna Maggiani Chelli e i familiari delle vittime non si sono fermati un attimo per ricostruire fino in fondo le responsabilità,soprattutto istituzionali, di quell’eccidio.”Ora grazie all’inchiesta della Procura di Palermo, ne sappiamo di più e possiamo dire che avevamo visto giusto. E con noi il pm Gabriele Chelazzi. Quanti silenzi,quante coperture eccellenti. Ecco, se potessi mandare un messaggio al senatore Nicola Mancino, gli direi di onorare la sua vita e gli anni passati al vertice di istituzioni importanti. Lasci che la legge faccia il suo corso, lasci dire una parola definitiva ai processi dove potrà intervenire e difendersi. Non li ostacoli chiedendo la protezione e l’intervento del Quirinale. Ricordo che nel 1997 lo incontrai a La Spezia dove lui era presente per un convegno, gli chiesi cosa sapeva delle stragi,lui mi rispose che la matrice era certamente mafiosa. Il quadro che emerge oggi ci parla anche di pesanti responsabilità e coperture istituzionali”.La signora Maggiani Chelli conosce gli atti dell’indagine di Firenze a memoria. “Le trattative tra Stato e mafia sono almeno due. Le prima trattativa è quella che viene fuori dal rapporto tra il mafioso Antonino Gioè e Paolo Bellini,un uomo di Cosa Nostra e un personaggio coinvolto in mille trame oscure e ritenuto vicino ad ambienti dei servizi segreti. Bellini propone a Gioè una sorta di scambio, il boss chiede l’alleggerimento delle condizioni di carcerazione per cinque detenuti. Si tratta di boss anziani, tra questi anche il padre di Giovanni Brusca. Bellini si consulta con qualcuno (non sappiamo chi e soprattutto quale ruolo ricopriva) e torna da Gioè con un no. A quel punto il mafioso buttà lì la famosa frase: e che ne dite se domani non trovate più la Torre di Pisa?”. E’ la strategia della tensione mafiosa. Bombe e mano tesa. “Se vuoi la pace preparati alla guerra”, teorizza Toto Riina con i suoi. “E quindi il famosissimo papello con le richieste allo Stato.Non dimenticate che è lo stesso Riina a dire che sino sono fatti sotto,riferendosi evidentemente a pezzi dello Stato che avevano avanzato offerte. Forse ci stiamo avvicinando alla verità. Noi vogliamo sapere se i nostri figli sono morti perché lo Stato era colluso,e Dio non voglia per il futuro di questo paese, o perché qualcuno non è stato in grado di gestire la trattativa con la mafia. Speriamo solo che vi siano altre interferenze. Quando Mancino si è rivolto al consigliere giuridico del Presidente Napolitano, ci saremmo aspettati una sola risposta:Senatore lasci lavorare la magistratura.Così non è stato. Ne prendiamo atto, sapendo che in questo modo si mettono dei freni all’accertamento della verità. E una democrazia senza verità muore”.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 26 giugno 2012)