D’Ambrosio, una vita al servizio del potere

Loris D’Ambrosio non risponde più al telefono.Dicono che l’ordine di evitare altri contatti con i giornalisti dopo il terremoto provocato dalla pubblicazione degli atti dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia,si arrivato direttamente dai piani alti del Quirinale. D’Ambrosio non ci sta a sporcare la sua carriera con il peso delle ombre della trattativa e col sospetto di un a sua pesante ingerenza sull’inchiesta in nome e per conto della Presidenza della Repubblica. Chi lo conosce da anni, fin dagli esordi come pm della Procura di roma ( anni ottanta,indagini sul neofascismo9, si lascia andare a giudizi contrastanti. “Loris ha detto quelle cose al telefono con Mancino per il suo alto senso dello Stato”. “Loris è bravo , ma lo hanno rovinato gli anni di vicinanza col potere,quello alto,quello che conta”. Così spiegano quelle telefonate dai toni irrituali col “privato cittadino” Nicola Mancino. “Posso parlare con il Presidente (Napolitano ndr) perché se l’è presa a cuore la questione”. “Provo a chiamare Grasso (Pietro capo della DNA ndr)”. “Tranquillo presidente (rivolto a Mancino ndr) tanto questi ( i pm palermitani ndr) non arriveranno a niente, stanno facendo solo confusione”.
C’è di tutto e di più in quelle conversazioni intercettate dai pm di Palermo. C’è una comprensione, un venire incontro alle preoccupazioni di Mancino,un rassicurare l’ex potente della Prima e Seconda Repubblica, un prendere impegni sulle cose da fare che sta coinvolgendo direttamente il Capo dello Stato. Ecco perché, più passano i giorni – e le pagine dei giornali anche quelli che nei giorni scorsi si erano un po’ distratti, si arricchiscono di rivelazioni- più cresce l’imbarazzo di Napolitano. E l’insofferenza dei consiglieri del capo dello Stato nei confronti di un D’Ambrosio troppo ciarliero. E’ un brutto momento per Loris D’Ambrosio forse il peggiore vissuto nella sua lunga carriera di magistrato che consiglia il potere. Da via Arenula con i Ministri della Giustizia Martelli,Conso,Flick,Diliberto,Fassino e Mastella, al colle più alto della Repubblica con Ciampi e Napolitano..Il suo nome comparve nell’elenco di magistrati e giornalisti sgraditi a Pio Pompa., il superconsulente del Sismi, che per Silvio Berlusconi compilò una lista di personaggi da “disarcionare,neutralizzare,ridimensionare e dissuadere anche con misure traumatiche”. Berlusconi,che lo apprezzava per le sue elevate competenze giuridiche, ma proprio per questo lo riteneva pericoloso, non esitò ad attaccarlo e inserirlo nel “terzetto” del Quirinale, insieme ai consiglieri Donato Marar e Salvatore Sechi, che “controlla minuziosamente anche gli aggettivi delle leggi”,ovviamente frenandole. Per non parlare degli attacchi che gli piovvero addosso dalla destra quando, al Quirinale c’era Ciampi, frenò la legge Cirami sul legittimo sospetto. Ma quelle erano tensioni tutte governabili.
L’inferno scatenatosi oggi ha un inizio e può avere una fine sgradevole, e rischia di gettare ombre pesanti su un uomo che fu tra i più stretti collaboratori di Giovanni Falcone. Col magistrato ucciso a Capaci vent’anni fa, D’Ambrosio costruì l’impianto legislativo che portò alla formazione della super procura antimafia. Che anni quegli anni con Giovanni. “Il sogno che portò Falcone a Roma era creare un pool specializzato di 60-70 magistrati che operasse nelle diverse sedi per ricondurre ad unità le conoscenze e il contrasto di quel fenomeno unitario che aveva capito essere Cosa Nostra”, è il ricordo di Liliana Ferraro. Falcone,la Ferraro,Loris D’Ambrosio, Giannicola Sinisi, Pietro Grasso, questa era la squadra che in 13 mesi ridisegnò leggi e progetti per la lotta alla mafia.Si lavorava gomito a gomito, ricorda oggi chi c’era, di giorno e anchela notte,spesso davanti ad un piatto di spaghetti o con una bottiglia di ottimo brandy. Anni d’oro, di illusioni, speranze e progetti. Che le stragi e la lunga frequentazione col potere hanno oramai offuscato.”Va bene,presidente, si faccia il Natale tranquillo, tanto questi non arriveranno a niente, stanno facendo solo confusione”. Con queste parole D’Ambrosio rassicurava Mancino. Questi, i pm di Palermo che si ostinano a voler far luce sulla trattativa tra Stato e mafia,non arriveranno a niente.
(pubblicato su Il fatto Quotidiano del 21 giugno 2012)