Palermo, il Pdl può uscire subito

Elezioni a Palermo, un poker all’ultimo voto dove tutti si giocano tutto. Angelino Alfano e il suo Pdl in crisi anche qui, nella roccaforte del travolgente 61 a 0 delle politiche 2001. Un ricordo sbiadito. Lo riconosce nel suo linguaggio colorito il più furbo di tutti, Gianfranco Micciché, l’ex promotore di Publitalia che Berlusconi elevò ai fasti del dicastero dell’Economia: “Fino a quando ci siamo rotti le corna l’uno con l’altro ci siamo fatti del male. Ora basta, ci vuole unità”. Perché questa volta non si vincerà al primo turno ed è già un miracolo se il debolissimo candidato sostenuto da Pdl, Udc e Grande Sud, il partito arancione di Micciché, riuscirà ad arrivare al ballottaggio. Massimo Costa, 33 anni, ex presidente del Coni, è un ragazzo nato bene e vissuto meglio, veste come si deve e sorride sempre. Ma è debolissimo. Paga lo sfascio del governo di Diego Cammarata, il sindaco tennista che ha portato Palermo sull’orlo del default finanziario. E quando parla in pubblico, ti dicono a mezza bocca i vecchi marpioni delle campagne elettorali palermitane, “è un vero disastro”. Esordì definendosi un “problem solver” e dalla folla qualcuno si chiese“cu minchia è”.Al Teatro Politeama, affollatissimo per la chiusura della campagna elettorale, si è lanciato in un paragone ardito: “Sono giovane come Alessandro Magno”. Ed è toccato di nuovo a Micciché mettere le cose a posto: “Spero per te che i palermitani ti paragonino a Pino ‘u tasciu, perché vorrà dire che sei entrato nei loro cuori”.
Quello che è certo è che dietro i sorrisi del giovane Costa e i suoi inglesismi, si nascondono i protagonisti di sempre dello sfascio palermitano: 32 tra consiglieri e assessori della vecchia maggioranza di Cammarata sono candidati nelle liste che lo appoggiano. Si gioca tutto anche il Pd trascinato nella palude di primarie viziate da brogli, voti truccati e risultati contestati. Alla fine, insieme al partito di Vendola, sostiene Fabrizio Ferrandelli. Bersani, dicono suo malgrado, ha dovuto di nuovo cedere alle pressioni dell’ala del suo partito che fa da stampella al governatore Raffaele Lombardo. Nonostante i pessimi risultati del governo regionale e l’imputazione per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio. Totò Cardinale, Beppe Lumia e Antonello Cracolici, i big-sponsor di Ferrandelli l’hanno avuta vinta.
Ma chi sul tavolo verde di Palermo ha puntato tutto, passato, presente e futuro, è Leoluca Orlando, il sindaco della “Primavera” negli anni Novanta. Non ha accettato il risultato delle primarie e ha rovesciato il tavolo. Ora corre con Idv, Federazione della sinistra e Verdi, ed è sicuro di vincere. I sondaggi, per quello che valgono nel magma di Palermo, lo danno sicuramente primo al ballottaggio, le uniche incognite riguardano il nome del suo competitor. Ferrandelli o Costa? Lo scontro con il Pdl o altre settimane di lotta fratricida dentro un centrosinistra a pezzi? Ferrandelli era il pupillo di Leoluca, ora i due non si risparmiano colpi.“Orlando è il vecchio, vada in pensione, io rappresento il futuro”. “Ferrandelli ha avuto un passato virtuoso, ora ha un presente vizioso”. Dal suo blog lo scrittore Roberto Alajmo ha annunciato il voto per Orlando, ma si serve dell’antropologia per spiegare la contrapposizione al veleno tra i due. “È molto siciliano questo appagarsi della rovina dell’ex amico, più che della sconfitta dell’avversario e addirittura a scapito della propria vittoria”. Venerdì notte Fabrizio Ferrandelli ha chiuso la sua campagna elettorale in Piazza Magione, centro storico, insieme a Nichi Vendola. “Orlando al ballottaggio è pura fantapolitica. Vinco io”. Frase che il giovane candidato del Pd (ha 33 anni e una figlia in arrivo), ripete come un mantra. Mentre giù, tra la folla, sventolano bandiere socialiste, quelle di Carlo Vizzini, già assessore al bilancio della giunta di centro destra del sindaco Cammarata.
Pochi isolati dopo, in un’altra piazza, parla Leoluca Orlando. Sul palco ha accanto Oliviero Beha (“ho capito che era giusto essere qui quando ho visto D’Alema e Violante attaccarti”), Moni Ovadia (“Luca fa politica da anni e non è stato mai sfiorato da inchieste”), attori e uomini di cultura. Parla della sua Primavera e ne promette una nuova. “Riaprimmo il Teatro Massimo, lo Spasimo alla Kalsa, ora faremo della Favorita il più bel parco d’Europa ”. Si propone come “l’anti-politica, la vera unica alternativa alla casta siciliana”, per strizzare l’occhio ai grillini dell’analista aziendale Riccardo Nuti, attacca Lombardo e il suo governo “vergogna della Sicilia”. In piazza un anziano ci spiega con un proverbio il suo voto a Orlando: “Megghiu ‘u tintu canusciutu, cu ‘u bonu a canusciri”. Sarà battaglia fino all’ultimo voto. Per tutti, per gli 11 candidati a sindaco per i 1319 che aspirano ad un posto in Consiglio comunale, per i 220 che si accontentano di un seggio in una circoscrizione. Perché nella città dove il 30% dei giovani tra i 25 e i 34 anni è disoccupato, buttarsi in politica conviene. La Sicilia è autonoma, uno Stato a parte e qui l’austerità non ha ancora fatto capolino. Un consigliere comunale può arrivare a 3mila euro lordi al mese, uno di circoscrizione anche a più di mille. Uno stipendio che fa campare nella città sull’orlo del baratro.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 6 maggio 2012)