Un pizzino per comandare

Donne e mafia. Pizzini e comandi. L’ultima operazione contro la ‘ndrangheta “Califfo2” impone in primis una riflessione sul ruolo delle donne, soprattutto in Calabria. Donne che spesso continuano a gestire i contatti dei mariti detenuti ed altre che arrivano a curare i patrimoni delle cosche. E, in secondo luogo, una riflessione sulla comunicazione degli affiliati. Fra le sette persone finite in manette perché legate alla cosca Pesce di Rosarno vi sono anche Maria Rosa Angiletta, Maria Carmela D’Agostino e Maria Grazia Spataro, oltre a Giuseppe Fabrizio, Demetrio e Domenico Fortugno, mentre risulta ancora latitante il reggente della consorteria criminale, Giuseppe Pesce (che dal carcere era stato nominato dal fratello Francesco, come suo successore al vertice). Gli arrestati sono accusati di intestazione fittizia dei beni e favoreggiamento alla ‘ndrangheta.
L’ordinanza di custodia cautelare è il naturale seguito dell’operazione Califfo. Secondo le indagini della Dda di Reggio Calabria, emergono delle intercettazioni telefoniche che si incrociano con la documentazione contabile sequestrata negli uffici della ‘Medma Trans Sas’, intestata (almeno formalmente) a Demetrio Fortugno, alla moglie Maria Grazia Spataro e a Maria Carmela D’Agostino.
In particolare, le indagini sono scattate dal rinvenimento nel carcere di Palmi, di un pizzino a firma del detenuto Francesco Pesce, alias ‘u testuni, l’11 agosto 2011. Quest’ultimo, in partenza per un altro penitenziario, aveva consegnato ad un detenuto rosarnese, Salvatore Giovinazzo, il suo manoscritto. In quella occasione Ciccio Pesce ha cercato di persuadere l’agente che aveva preso il biglietto: “Datimi stu bigliettu ca già sugnu rovinatu, vi giuru ca u sciancu davanti a vui”. Il giovane boss, prima del suo trasferimento, si era preoccupato di impartire nuovi ordini trascrivendoli nel biglietto che è poi passato al vaglio degli investigatori. Giovinazzo, che ha materialmente dato il bigliettino all’agente di polizia penitenziaria, veniva accerchiato da una decina di detenuti subendo un vero e proprio linciaggio interrotto dagli agenti.
Il biglietto effettivamente conteneva dei nominativi e precise direttive da impartire dal boss ai sodali in libertà, che hanno consentito lo svelarsi delle logiche interne all’organizzazione nonché la successione al vertice della stessa. La prima parte del pizzino riportava i nomi di Rocco Messina, Pino Rospo, Muzzupappa Rinaredu, Franco Tocco, Danilo, Paolo Danilo e si conclude con una precisa indicazione riguardante il latitante Giuseppe Pesce, classe ’80, fratello di Francesco: “Fiore per mio fratello”. Questo il messaggio. Inequivocabile. Il fratello, secondo le regole del linguaggio mafioso, doveva prendere il comando dell’organizzazione al suo posto. Nella seconda parte del pizzino ‘u testuni disponeva che Biase consegnasse ad una donna straniera (polacca) del denaro. La terza indicazione riguardava una nuova affiliazione (Santino) di un nuovo soggetto tra gli uomini d’onore della cosca. L’aspirante boss veniva indicato genericamente con il nome di Geometra Luca. Nella parte conclusiva del biglietto veniva indicato il nome della persona che doveva portare fuori dal carcere il bigliettino (‘Saverio, tuo cognato’). Oltre al fatto che una cospicua somma di denaro, ricavata dagli introiti della cosca, doveva passare alla sua famiglia: “lì da me”. Nell’ambito dell’operazione contro la potente cosca di Rosarno, i carabinieri del Ros, hanno eseguito il sequestro preventivo di 91 mila euro in contanti (nella disponibilità di Domenico Fortugno), del 50% sia delle quote sociali della “Calabria Trasporti Sas di Fabrizio Giuseppe” e dell’intero patrimonio aziendale della “Medma trans sas”.
Dall’operazione emerge un aspetto sociale, che è quello dell’importanza del ruolo delle donne (anche di quelle che si ribellano alla ‘ndrangheta, dato che sono state indispensabili le dichiarazioni di collaboratori e testimoni di giustizia per indebolire la cosca – donne come Giuseppina Pesce e Maria Concetta Cacciola); e uno economico e di potere di una delle più potenti consorterie criminali che tentano di mantenere il controllo dell’organizzazione impartendo ordini anche dal carcere, nonché il legame con antichi rituali di ‘ndrangheta.