Scacco al clan delle donne
(di Alessandro Chetta)
Reggenti in galera, a comandare erano le donne. Femmine boss che secondo gli inquirenti tenevano le redini di uno dei consessi criminali più pervasivi della provincia di Caserta, quello dei Belforte, detto dei “Mezzacane”. Stamane il clan è stato decapitato grazie al blitz operato congiuntamente da carabinieri del reparto operativo, agenti della mobile di Caserta e Guardia di finanza. Quarantaquattro le ordinanze di custodia cautelare emesse sulla scorta dell’indagine coordinata dalla Dda. E’ stato inoltre disposto il sequestro di beni mobili e immobili per dieci milioni di euro.
La struttura criminale era egemone nei territori di Marcianise, Maddaloni, San Nicola La Strada, San Marco Evangelista, capace di arginare in molte zone persino l’influenza del cartello dei Casalesi, costretti ad accordarsi, nel corso dello scorso decennio, sulla spartizione delle zone da taglieggiare. L’accusa per gli arrestati è di associazione a delinquere di stampo mafioso.
L’inchiesta ha delineato anche il ruolo di assoluto rilievo svolto negli ultimi anni dalle mogli dei capoclan, condannati a lunghe pene detentive e reclusi in regime di 41 bis: le donne, secondo le indagini, gestivano la cassa comune garantendo il proseguimento delle attività illecite. Attività che portano in diverse regioni d’Italia. La pista seguita dalla Procura porta a un gran numero di rapporti bancari (oltre 250) facenti capo a persone o società riconducibili a prestanome dei Belforte.
La buona riuscita dell’operazione è anche l’occasione per il pm antimafia Giovanni Conzo per lanciare un allarme al ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, in visita a Caserta: “È un miracolo quello che riusciamo a fare con i mezzi che abbiamo a disposizione: la lotta alle mafie è una priorità e servono più uomini, più mezzi e più soldi per proseguire su questa strada e per tutelare le nostre vite”. Ancora Conzo: “Otteniamo risultati ragguardevoli. La Dda è costantemente impegnata nel contrasto alla camorra ma, per farlo, abbiamo bisogno di tutela: le nostre vite sono a rischio e non possiamo affidarci alla buona volontà di chi è disposto a fare gli straordinari sapendo che poi non verrà pagato”.