Sanità, un piano da rivedere
(di Livia Parisi)
Salvare un ospedale che serve 33 comuni e complessivamente 45.000 abitanti: questo chiedono i cittadini di Subiaco, che sono scesi in guerra contro il piano di riordino ospedaliero della Giunta Polverini, deciso per far fronte al piano di Rientro dal disavanzo sanitario della Regione Lazio.
In base al contestatissimo decreto 80 del 30 dicembre 2010, è stata, infatti, stabilita la chiusura, in tutto il territorio regionale, di 23 ospedali e il taglio di 873 posti letto. Tra le soluzioni trovate per ridurre i costi della Sanità, anche la riconversione dell’ospedale Angelucci di Subiaco, che dovrebbe ridursi ad un presidio di tipo C, passando da circa 80 a 8 posti letto.
Un’ operazione che procede speditamente nonostante le proteste delle associazioni di cittadini e dei sindacati: in pochi mesi, nove specialisti spostati, 16 i servizi ambulatoriali chiusi, l’ultimo, quello di rianimazione che rimane aperto con 4 posti letto destinati solo ad interni. Accorpati i reparti di Ortopedia e Chirurgia, chiuso quello di Ostetricia e Ginecologia, mentre manca ancora l’elisuperficie per il 118 (viene attualmente usata quella dei vicini Vigili del Fuoco).
E l’organico è ridotto all’osso, tanto che diventa difficile persino predisporre i turni, denunciano i sindacati. La conseguenza è la migrazione verso altre strutture sanitarie, lontane oppure private.
Tra i cittadini l’esasperazione è tale che dal febbraio 2011, è stato istituito un presidio permanente per difendere una struttura definita da molti “strategica”. Mantenerla in vita servirebbe a prevenire l’inevitabile congestione dei Dea romani e regionali, come hanno spiegato i cittadini alla delegazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori e disavanzi sanitari che ha fatto visita a Subiaco. La delegazione – composta dagli onorevoli Maria Grazia Laganà Fortugno, Melania De Nichilo Rizzoli e Francesco Proietti Cosimi – si è confrontata con i vertici della Asl Rmg, una delle più estese d’Italia, ma con soli cinque presìdi ospedalieri e un numero di posti letto bassissimo: 1,6 ogni mille abitati contro i 3,3 richiesti dallo stesso piano regionale.
“Una struttura come quella di Subiaco non può esser chiamata ospedale, perché un ospedale che meriti questo nome deve esser messo in condizioni di operare e risolvere le emergenze: se si arriva qui con un’emorragia uterina o un infarto, si muore”, ha commentato l’on. Melania De Nichilo Rizzoli.
Il direttore dell’Azienda sanitaria Rmg, Nazareno Brizioli, risponde con un piano che a differenza di quello della Polverini, salverebbe il pronto soccorso. Il nuovo atto aziendale, formula una proposta che tiene conto della necessità della riduzione dei costi ma anche delle rivendicazioni dei cittadini. “Il decreto 80 deve esser modificato in base alle richieste del direttore della Asl Rm G, Nazzareno Brizioli, ovvero nella direzione del superamento del progetto di trasformazione della struttura di Subiaco in una struttura di tipo C”, ha spiegato l’on. Cosimi. Ma il cosiddetto piano Brizioli è stato solo informalmente condiviso dalla Regione, mentre per l’approvazione definitiva serve il benestare del Ministero dell’Economia.
L’ultimo fronte della battaglia riguarda i posti letto in rianimazione, che avrebbe dovuto esser chiusa in concomitanza dell’apertura di quella a Colleferro: la chiusura a Subiaco c’è stata, mentre a Colleferro ancora è tutto fermo. Per questo, l’ultima mossa della Cgil e del Tribunale dei diritti del malato è un esposto alla procura: il progressivo smantellamento dell’ospedale, denunciano, non cancella i veri sprechi.