Rapina a Delianuova finita nel sangue, comunità sconfitta
Si è costituito l’ultimo dei ricercati dai carabinieri per la rapina di Delianuova finita nel sangue sabato scorso. Si tratta di Giuliano Napoli, il cugino di Luigi Napoli, ucciso dal titolare del supermercato Crai, Giuseppe Antonio Strano di 48 anni, che è deceduto subito dopo essere stato colpito dai colpi d’arma da fuoco. In manette anche il figlio di un carabiniere, Antonino Festa, 20enne di Cinquefrondi. A dare una svolta alle indagini, subito dopo la rapina, è stato il ritrovamento del cadavere di Luigi Napoli. Il corpo senza vita del giovane di 19 anni è stato rinvenuto a circa un chilometro dal supermercato, senza i documenti che i “compagni” avevano pensato bene di portare via, magari per rallentare le indagini. Solo dopo i rilievi della Scientifica, infatti, si è scoperta l’identità del ragazzo, già noto alle forze dell’ordine, che hanno pure individuato gli altri componenti della banda, come comunicato in conferenza stampa dal procuratore Creazzo. Prima è stato arrestato Festa che ha ammesso le sue responsabilità, poi Giuliano Napoli che ha deciso di costituirsi.
La notizia che più ha fatto clamore è il ruolo del figlio di un carabiniere in servizio alla Compagnia di Palmi (peraltro già arrestato circa un mese fa per il furto di una macchina nel parcheggio dell’ospedale di Polistena). Un padre che pratica la legalità e un figlio che invece è cresciuto in un ambiente malato. Un ragazzo che nella piccola comunità di Cinquefrondi – soggetta a continui e ripetuti episodi di furti nelle abitazioni – è conosciuto da tutti per il suo carattere ribelle e per le sue frequentazioni ‘anomale’, rispetto al ruolo del padre. Un ragazzo che andava fiero delle sue bravate, tanto da raccontarle anche durante le chiacchierate con amici e conoscenti. Festa voleva avere un ruolo nella “Società” (mafiosa, s’intende) e sapeva che per scalare la gerarchia della ‘ndrangheta doveva darsi da fare, dimostrare di sapere portare a termine colpi importanti. Non viveva più con i genitori e la sorella da tempo. Aveva preso una casa fuori dal centro cittadino dove stava con una ragazza più piccola di lui. Nonostante la giovane età aveva avuto anche una figlia da una precedente relazione. Era già un ‘uomo’ a tutti gli effetti, fiero e sprezzante del rischio. Che il problema fosse l’ambiente in cui viveva (probabilmente non quello di casa) lo si evince anche dalla non-indignazione nelle ore seguenti il fatto di sangue. In fondo la comunità lo conosceva bene e nessuno si è scandalizzato più di tanto, nemmeno per il ragazzo che è morto ed è stato abbandonato in mezzo alla strada dallo stesso cugino. Una freddezza che fa rabbrividire.
Una immagine che colpisce profondamente la Piana di Gioia Tauro. Antonino Calogero, il segretario della Cgil, è stato il primo ad intervenire ufficialmente per chiedere attenzione al governo Monti, per fermare la “mattanza con investimenti e posti di lavoro”. Un modo per stare vicino anche alle famiglie colpite e alla comunità di Delianuova.
Ma la vicinanza dovrebbe andare anche alla comunità di Cinquefrondi che sta diventando uno dei paesi più poveri, sotto ogni punto di vista, della Piana. Troppi gli episodi di microcriminalità che spesso guadagnano qualche trafiletto sul giornale e poche prese di posizione. Troppi i giovani che non trovano alternativa alla strada, che crescono senza veri punti di riferimento. Una società allo sbando che non educa i suoi figli ma li abbandona a se stessi. Intere famiglie distrutte dal dolore per la perdita di un figlio, piuttosto che per l’arresto di un altro. Troppo facile puntare il dito quando nulla si fa per prevenire, quando l’indifferenza regna sovrana e, spenti per l’ennesima volta i riflettori, si aspetterà il prossimo morto ammazzato e si assisterà inermi all’escalation criminale.