Per Barbara Salvatore e Giuseppe
“Chi tace è complice” una frase di Danilo Dolci su una delle tante maglie che mi passano davanti mentre mi avvio alla lapide che ricorda la strage del 2 aprile 1985 a Pizzolungo,Erice provincia di Trapani, la terra di Matteo Messina Denaro. E qui sono ritrovati in tanti da Margherita Asta a Don Luigi Ciotti ai ragazzi sottoposti a procedimenti penali e che sono sotto la tutela dei servizi sociali. Con loro Salvatore Inguì, responsabile di Libera Trapani, Umberto Di Maggio,Libera Regionale. E con loro i due sopravvissuti della strage, gli uomini della scorta di Carlo Palermo : Antonio Ruggirello e Salvatore La Porta con le loro mogli.
Una giornata passata insieme dalla commemorazione, al pranzo e al dibattito con i ragazzi.
Uomini e donne che hanno trasformato una tragedia in una forza travolgente per ricordare, per battersi, per cambiare il mondo. Ed è stato significativo incontrare quei ragazzi, guidati da Salvatore Inguì, che hanno già alle spalle omicidi, rapine. Hanno lo sguardo basso, hanno quasi paura di trovarsi in un ambiente “legale”. Uno dei ragazzi viene presentato al Comandante Provinciale dei Carabinieri e allunga la mano senza guardarlo negli occhi. Per loro questo percorso è una sfida. Francesco, 16 anni,vestito di nero scuro di capelli e in volto, accetta di parlare con me e in relazione alla strage mi dice “Questa che hanno fatto è una brutta fine,mi ha pianto il cuore. Poteva essere mia madre. Libera mi sta insegnando che nella vita bisogna combattere per liberarci”. E si avvicina Lucia piccola occhi azzurri una sigaretta in mano che mi dice “mi aspetto il meglio nel mio futuro”. E poi scopro che lei fra poco finirà la sua pena ma lei si è trovata così bene con la Cooperativa “Il Miglioramento” che segue questi ragazzi, con la collaborazione di Libera, che ha chiesto di poter rimanere ancora. Tanto è importante questo lavoro. Tanto li fa sentire accettati. Sono tutti ragazzi che alle spalle hanno famiglie portatrici di disagio, economicamente fragili. Lucia è stata abbandonata a due anni. Libera, Salvatore Inguì sono la sua casa.
E vederli in Chiesa ad ascoltare Don Luigi anzi ad aspettarlo tra i banchi per stringergli tutti la mano è toccare con mano come con poco, con l’accoglienza e la sensibilità,si potrebbero cambiare le cose.E poi tutti a pranzo e io con a fianco Antonio Ruggirello e di fronte sua moglie Lucia Calì, che rappresenta per Libera le vittime delle mafie per la provincia di Trapani, e Salvatore La Porta. Due uomini dello Stato dimenticati come se sopravvivere sia stata un’aggravante per loro. Due testimonianze vere di persone vere con famiglie e dolori. Lucia mi racconta come dopo l’attentato il suo cuore abbia iniziato a fare le bizze, come i suoi capelli siano diventati improvvisamente bianchi, come suo figlio si nascondeva ogni volta che sentiva suonare alla porta.
Vite distrutte e vite che si sono ritrovate insieme come loro e Margherita Asta che quel giorno ha perso mamma e fratellini il cui padre è morto di crepacuore: Si era risposato e le aveva dato un fratellino ed una nuova mamma che oggi segue Margherita con gli occhi. Non la lascia mai.
Margherita solare ma con la voce incrinata quando ricorda i suoi e quando ci fa ricordare che in quel luogo qualcuno voleva farci uno stabilimento balneare quasi a voler cancellare ciò che era successo. Un tentativo di rimozione della memoria che è lo strumento essenziale per aiutarci a cambiare. Non bisogna dimenticare mai.