Il bipolarismo in crisi e la fuga degli schieramenti
Fa uno strano effetto guardare quello che succede oggi quando il premier Monti parla alle camere, e andare con il pensiero ad alcune scene degli anni passati divenute ormai un classico dello scontro in aula tra i poli: dalle bottiglie di champagne alla caduta del governo Prodi – era il 2008 – al premier Berlusconi che si alza e gira i tacchi quando prende la parola Di Pietro – ricordate quella del “pregiudicato illusionista”? Se non ci fosse la Lega a tenere i toni sul pacato scambio di vedute – governo ladro, terroni, questa è per Monti (e mostra il dito medio) – ci sarebbe da non riconoscere più i nostri deputati e senatori. E proprio al Senato, oggi, nulla ha interrotto il discorso del premier nella seduta dedicata alle mozioni sulle politiche europee da portare a Brussels, se non applausi multicolore: centro-sinistra, centro e centro-destra. Tant’è che dei cinque documenti presentati, uno era siglato proprio dai tre maggiori partiti che siedono tra i banchi di questa singolare maggioranza: firma congiunta di Pd, Terzo polo e PdL. Che l’immagine della nostra economia stesa in una corsia di pronto soccorso abbia placato gli animi, o più semplicemente si cerca di tirarsi fuori gioco prima che diventi troppo duro per i più? Dei tanti “passi indietro” fatti in queste settimane, quanti sono dettati dalla responsabilità e quanti dall’opportunità? E negli altri paesi dell’Unione, il bipolarismo che ruolo sta assumendo? Cerchiamo di capire se e come un momento di crisi possa influenzare la lotta tra schieramenti politici opposti insieme al prof. Vincenzo della Sala, docente di Scienza politica presso l’Università degli studi di Trento.
Professor della Sala, questa mattina durante l’esame al Senato delle mozioni da presentare all’Unione Europea sulle politiche comunitarie Partito democratico, Terzo polo e Popolo della libertà hanno presentato un testo unico. Che significato ha questo “matrimonio” politico?
Più che un matrimonio, è una scelta di andare in vacanza insieme. Nel senso che riflette un momento abbastanza particolare per la politica e l’economica italiana, e che non credo abbia più di tanto dietro. I matrimoni si fanno nelle democrazie quando si va dall’elettore dicendo “noi ci presentiamo insieme”, e siamo ben lontani da questo. Certo la situazione mette insieme, può darsi, dei compagni di viaggio che altrimenti non avrebbero pensato di viaggiare insieme.
Nei mesi scorsi siamo stati abituati ad assistere a delle vere e proprie trincee parlamentari, ed ora vediamo scene di sedute tranquillissime con interminabili applausi finali. Cosa è successo?
Monti raccoglie applausi perché non si può fare diversamente in questo momento. Monti risolve i problemi di tutti: nel centro-destra e nel vecchio governo c’erano dei conflitti che non si potevano risolvere, e il governo tecnico gli ha dato il tempo di comporsi, di scaricare in un certo senso su di esso le responsabilità di una politica che avrà delle conseguenze pesanti per gli italiani, e dunque l’applauso è più un sollievo che altro. Da parte del centro-sinistra il governo Monti risolve alcuni problemi, e spinge più in avanti le decisioni da fare anche sul centro-sinistra. Direi che è si strano che dopo una politica polarizzata che dura da diciassette anni o forse di più, avere adesso una situazione in cui siamo tutti amici, ma è un momento particolare, e dura o finché persiste l’emergenza, dunque lo spread e la pressione che viene dai mercati rimane, o finché i partiti decidono che l’emergenza è passata e ritornano sui propri passi.
Non si può vedere in questo senso una sottrazione alle proprie responsabilità da parte dei partiti?
Certo, è una fuga di responsabilità da parte di tutti. Il fatto che c’è un ampio consenso vuol dire che la politica ha abbandonato il suo dovere. Ma non può durare, è una cosa che durerà massimo mesi o fino alla fine dell’anno, ma a un certo punto la politica deve tornare a fare il suo mestiere. Difficile capire come potrebbe essere diverso il nostro Paese in base ai vincoli che vengono dall’esterno: o l’Italia doveva decidere di abbandonare il progetto dell’Euro, o doveva abbandonare la politica per un po’ di tempo. Se questa è stata la scelta giusta, l’elettore italiano avrà occasione di esprimere la sua opinione.
Negli altri stati europei la crisi economica sta portando ad una polarizzazione o ad una conciliazione del dibattito politico?
Ci sono casi diversi. Il caso italiano e il caso greco sono casi singolari, nel senso che ci sono governi tecnici e ancora l’elettorato non ha avuto occasione di esprimere un giudizio. In Grecia per esempio, dove ci saranno elezioni a primavera, non sembra che ci sia un governo e un programma unitario che sarà presentato all’elettorato, i partiti presenteranno le loro posizioni ed è molto probabile che ci saranno delle forti divisioni, anche tra partiti che attualmente sostengono lo stesso governo. In Spagna, dove non so se si può parlare di polarizzazione, ci sono state delle elezioni in cui il centro-destra è tornato al potere con una forte maggioranza, ma non c’è una mossa unitaria dietro la politica economica del nuovo governo perché non è necessario, il governo ha una maggioranza in parlamento che lo sostiene, e stesso discorso in Portogallo. Se diamo un’occhiata a cosa succede in Francia, con le elezioni presidenziali che si terranno a marzo lo scenario è tutt’altro che unitario, c’è la posizione del candidato di centro-sinistra che critica fortemente il governo di centro-destra: dire che è un quadro politico più polarizzato rispetto al passato, forse no. Con una premessa: una delle posizioni estreme che stanno diventando parte delle quotidianità politica, quella anti-europea, di solito di destra, sta facendo parte della politica nazionale di alcuni stati membri, in Olanda ed in Finlandia ad esempio. Direi che è molto probabile che la crisi economica, come la storia ci ha insegnato, porterà più all’estremismo che a posizioni unitarie.
La governance centrale europea uscirà rafforzata o indebolita da questa crisi?
E’ difficile dire che le istituzioni UE emergeranno rafforzate. Qualsiasi soluzione si trovi, porterà un forte stampo intergovernativo. Dunque saranno gli stati membri più che le istituzioni europee a prendere decisioni di garantire il funzionamento dell’Unione Europea e delle decisioni che vengono prese a livello transnazionale. E’ chiaro che siamo solo all’inizio di questa crisi, ci saranno delle riforme nella governance europea, ma poco probabile che l’UE emerga rafforzata dalla crisi ed i conflitti all’interno dell’Unione possono soltanto incrementare. Non sono stati anni felici per l’Europa, anche se c’è chi pensa che essa vada avanti quando ci sono delle crisi e questo porta più cooperazione, è chiaro che ci sono dei problemi strutturali al suo interno. Un’altra conseguenza di questa crisi è che la Germania, ed in modo minore anche la Francia, emergono come dei veri leader con cui gli altri devono trattare, ed il downgrade della Francia è stato un duro colpo a questo asse franco-tedesco: difficilmente in francesi possono pretendere di essere pari con i tedeschi quando si parla di politica economica europea.