Illegal network

Illegal Network è il convegno che si è svolto martedì a Milano, organizzato dal Pd e dai Giovani democratici. Ma è anche uno spunto interessante di riflessione sulle mafie e sull’illegalità, soprattutto a seguito delle recenti operazioni antimafia, che hanno mostrato il volto di quella che genericamente viene indicata come “area grigia”, in cui convivono professionisti, avvocati, politici, imprenditori e addirittura magistrati. D’altra parte, il social network, come ha affermato Maria Teresa Santaguida, una giovanissima laureanda calabro milanese, è la nuova potente arma di comunicazione di massa, lo spazio ideale nel quale i giovani producono molte delle loro idee e le diffondono. «Altra cosa è invece il network oscuro che sottende alla realtà imprenditoriale e commerciale. Una fitta e impenetrabile rete di rapporti e scambi che gestisce spesso le azioni quotidiane del “sistema” Stato, città, paese». Ecco che i due aspetti, mafia e illegalità e network, s’incontrano nella strepitosa capacità d’intreccio e diffusione. Da un lato,dunque, c’è la mafia con l’uso della violenza e dell’intermediazione, dall’altro un mondo di risorse fatto- ne ha parlato anche il professor Michele Polo,della Bocconi- di imprenditori che hanno la potenza economica,professionisti che sono padroni della “tecnica”, politici che detengono l’autorità ed il potere, funzionari pubblici che conoscono le leggi. E tutto questo non fa altro che portare alla connessione fra i due mondi. A spiegarci meglio di questi due “mondi” è il giornalista calabrese, Gregorio Corigliano, che ha moderato il dibattito su mafia e network a Milano.

Come può essere sintetizzato il rapporto tra mafia e network?
«Si viene a creare un parasistema che si infoltisce come una mala pianta: espande radici e rami anche a scapito di quelle fasce della società che apparentemente dovrebbero esserne totalmente lontane come quella giovanile».

Le mafie “avvelenano la quotidianità”. C’è differenza tra Nord e Sud in questo senso?
«Non c’è alcun dubbio che le mafie “avvelenano la quotidianità”,è stato rilevato. Il modo di agire delle mafie, nella scansione delle giornate milanesi, è ormai improntato a questa logica di espansione secondo un modello “net” che non è più un mistero per nessuno. I nodi questa rete sono spesso collocati nelle attività industriali, politiche,commerciali di una realtà, che è il vero polmone dell’economia. E la mafia a Milano, è stato ribadito, non è più solo un “prodotto di importazione”dalla Calabria o da altre regioni del Sud, poiché dopo la spinta iniziale, cominciata una ventina d’anni fa, il controllo sul territorio del capoluogo lombardo e dell’intero hinterland, si è radicato ed è diventato autonomo dalle logiche e dagli obiettivi partenza. Anche se l’influenza permane. Nessuna differenza,quindi, tra Nord e Sud. Come ha sempre sostenuto l’attuale procuratore generale di Ancona,Enzo Macrì, già numero due della Direzione nazionale antimafia: “la lotta alla ndrangheta non si fa a Reggio Calabria,ma a Milano».

Le recenti operazioni antimafia hanno mostrato il volto della cosiddetta “area grigia”. quanto ha inciso questo sistema di complicità nel processo di evoluzione delle mafie?
«Si sostiene che le recenti operazioni antimafia abbiano mostrato il volto della cosiddetta “area grigia”. La differenza tra “colletti bianchi” di cui si parlava qualche anno fa e quelli “meno bianchi”per così dire, è divenuta ormai praticamente invisibile, poiché si insinua nella maglie della società, anche di quella civile e,importando le sue logiche, crea continue metastasi, come un tumore,la cui origine, ormai è difficile scovare,anche a chi osserva e combatte il fenomeno da anni. Ma cos’è la “zona grigia”?Non sono solo imprenditori,professionisti, politici che stanno in una posizione subalterna ai mafiosi. No, come scrive il sociologo calabrese Rocco Sciarrone, docente all’Università di Torino. Tra mafiosi e soggetti esterni si instaurano quelli che definisce “giochi a somma positiva”. Giochi, cioè, in cui tutti i partecipanti hanno qualcosa da guadagnare. Soprattutto “consenso sociale”, che si istituisce al momento della divisione della torta. E non sempre sono i mafiosi ad accaparrarsi la fetta più grossa. E’ fuorviante,pertanto,aggiunge il sociologo, parlare di infiltrazioni della mafia nell’economia legale: siamo in presenza di un vorticoso intreccio di relazioni e di affari in cui c’è collusione, ma soprattutto una vera e propria compenetrazione tra la mafia e gli esponenti di questa zona grigia che, – e se ne è parlato molto- Sciarrone considera una espressione giornalistica che ha dignità analitica,anche se,ha aggiunto Nino Castorina,reggino,responsabile del settore legalità dei “giovani democratici” rende l’idea. E qui, lo stesso Castorina ha portato l’esempio del “caso Penati”, sottolineando,al pari del parlamentare Franco Laratta che “il pd per essere credibile dev’essere durissimo con gli iscritti e gli amministratori coinvolti a vario titolo”. Come, tra l’altro è stato sostenuto da Chiara Terzoni, autrice del libro “Correnti Migratorie” si preferisce parlare di “borghesia mafiosa” per indicare, appunto, che professionisti, imprenditori, pubblici amministratori,politici,assieme ai capi mafia, sono al comando di un blocco sociale dentro il quale agiscono insieme».

Parlare di ‘ndrangheta, o delle mafie in generale, quanto è importante?
«E’ importante parlare di ndrangheta,si sono chiesti Umberto Ferrari,coordinatore di Libera di Crotone,Stefano Indovino, consigliere della zona 9 di Milano,Rosa Palone, del presidio di“Libera Angelo Vassallo,di Buccinasco e Dario Parazzoli,redattore del blog “stampo antimafioso”? Manco a porla la questione! E’ impossibile fare passi avanti significativi se non cresce la sensibilità e l’impegno di tutti gli attori della società civile. Da tutti occorre la disponibilità alla collaborazione con la magistratura(“no all’antimafia parlata, come ha rilevato Ilda Boccassini) e le forze dell’ordine. Nel suo ultimo volume, Nicola Gratteri, con Antonio Nicaso,ha ribadito che “i mafiosi si nutrono del silenzio”. La mafia uccide sogni e speranze, non crea benessere, ruba e distrugge, offre forme di lavoro che sono in realtà ricatti ,scrive Gratteri in “La mafia fa schifo” pagati al prezzo della libertà e della dignità».

Il futuro è nelle mani dei giovani. Come fargli capire che l’illegalità non conviene?
«Ai giovani occorre dire, con la Boccassini e Gratteri, che “devono continuare a reagire, a ribellarsi. Solo così si può segnare il riscatto di Milano e della Calabria. Se dei e nei social network si parla ormai senza interruzione, si è,in un cero senso,alzato il volume su quello che è un “illegal network,per monitorarlo ed esporlo e affrontarlo a viso aperto. Se il progresso della comunicazione di massa è ormai inarrestabile, quello dell’”illegalità di massa” va fermato,senza mai perdere le speranze e va bloccato non solo nelle sue manifestazioni violente,ma soprattutto nella sua capacità di tacere e di far tacere».