Genzano il diritto e la giustizia
(di Domenico Logozzo)
La cultura della civiltà contro la barbarie assurda della “giustizia fai da te”. Dalla strage di Genzano di Lucania viene un monito ed un appello alla convivenza pacifica.Sangue che ha lasciato il segno nel cuore della generosa gente del paese potentino,che ieri ha partecipato compatta alla cerimonia funebre delle tre vittime della notte d’orrore della vigilia di Natale.Il vescovo mons.Giovanni Ricchiuti ha invitato l’assassino a pentirsi:”La tua coscienza di uomo cristiano ti conduca subito a questo atto”. Mentre un parente delle vittime, rivolto ai familiari dell’assassino che si erano “dissociati” ha detto:”Non abbiate paura,noi siamo persone perbene,non avete nulla da temere”.Un gesto di grande valore sociale,una risposta di civiltà,che è anche una dimostrazione di fiducia nella giustizia .E la giustizia dovrà fare il suo corso.Pieno rispetto delle leggi .Questo è quello che da tutti viene auspicato.Per impedire che episodi di questo genere possano ripetersi.Niente processi mediatici,ma anche nessuna indulgenza verso chi si macchia di orrendi crimini. ”Mai più nessuno si faccia giustizia da sé”,è stato l’appello del vescovo.Un doveroso richiamo al rispetto delle leggi che ed un esplicito invito a chi amministra la giustizia di fare fino in fondo il proprio dovere.Giustizia giusta,contro ogni forma di sopraffazione.Non siamo per fortuna in terre tristemente note perché devastate dall’odio che viene purtroppo continuamente alimentato con il sangue delle vendette.La parola “ faida” ,che nella vicina Calabria frequentemente ricorre nei verbali delle forze dell’ordine e nei titoli dei giornali, qui non dovrà essere mai pronunciata. C’è bisogno di pace e serenità. Le divisioni,le liti di condominio,i contrasti per una canna fumaria che “disturba” non possono arrivare a conseguenze estreme.Va trovata la mediazione.Sempre e comunque.E chi ha autorità e competenza,lo faccia.Non si estranei.Perchè il male non può vincere sul bene ,la vita è preziosa , non può essere spezzata dal piombo omicida. I contrasti si cancellano con il sereno e franco colloquio.Ragionando e confrontandosi civilmente.
Genzano vuole continuare ad essere e sarà ancora un paese che ripudia la violenza e coltiva l’amore.Non solo con le parole.Ma soprattutto con i fatti .E i buoni esempi. Diceva Madre Teresa di Calcutta: “Sappiamo che se vogliamo amare veramente,dobbiamo imparare a perdonare. Perdonate e chiedete di essere perdonati; scusate invece di accusare.La riconciliazione avviene per prima cosa in noi stessi, non con gli altri. Inizia da un cuore puro”.E con questi sentimenti deve proseguire il cammino di civiltà dei genzanesi .Per onorare le vittime di una tragedia che si poteva evitare.Una comunità oggi sconvolta da una vicenda terribile e che in passato è balzata agli onori delle cronache giornalistiche per motivi ben diversi.Vale la pena sfogliare qualcuno di quei giornali per “scoprire” come veniva descritta la realtà del povero e dimenticato Sud dai quotidiani del ricco Nord .Un importante tuffo nel passato. Gli inviati dei grandi giornali erano arrivati fin qui per scoprire “le ultime fattucchiere della Lucania”,come titolava la Stampa del 14 settembre 1974.Scriveva Luciano Curino: “Ancora pochi anni fa, studiosi venivano qui a raccogliere storie di riti magici, di credenze, pregiudizi e superstizioni, poi scrivevano libri sulla magia del Sud. Cinque anni fa, la studentessa Alessandrelli dell’Università di Bari ha presentato una tesi di laurea dal titolo “ La magia a Genzano di Lucania”. Genzano è un quieto paese tra colline di grano della provincia di Potenza, che si affaccia sul Tavoliere pugliese. Pare che ancora una quindicina di anni fa vi operassero una ventina di fattucchiere. Dalle trecento pagine della tesi della Alessandrelli (tre anni di lavoro) risulta che le maghe genzanesi tessevano fatture e svolgevano malìe, erano specializzate in filtri che avevano la facoltà di destare l’amore oppure l’odio; di scatenare passioni basse e illecite; di provocare malattie o altre sventure o rendere sessualmente impotente la persona oggetto della fattura. Ma le fattucchiere avevano anche qualità benefiche: guarivano i peggiori mali, preservavano dal malocchio, liberavano dal mal’ vint’, dal « cattivo vento », che sono gli spiriti delle vittime di morte violenta che si attaccano al passante dopo aver errato a lungo, inquieti. E le fattucchiere avevano formule efficaci per combattere la siccità e la tempesta. Venivano a frotte dalle fattucchiere (dette maciare) di Genzano: uomini e donne, molti dei quali per la prima volta uscivano dalle solitarie alture delle Murge, da paesi dove le vedove vestono ancora il nero tutta la vita”.
Si concludeva poi con queste considerazioni l’interessante reportage di Luciano Curino,pubblicato sulla terza pagina del quotidiano torinese:” Gente povera, ma dignitosa e di natura gentile. Dice l’arcivescovo di Potenza: « Un popolo strano, questo, su cui grava un fatalismo atavico e che porta nel sangue lo scintillio del pensiero greco, il senso innato del diritto e della giustizia, che ha enormemente sofferto e pure con la forza della disperazione ha percorso le strade del mondo, che ovunque si rechi porta nel cuore l’amore struggente alla sua terra e alla famiglia come un male da cui non riesce a guarire, che ha il senso sacro dell’ospitalità, fiero ed altero e pure sentimentalmente bambino, povero di beni materiali, ma ricco di affetti come è ricco di sole ». Condizioni di lavoro durissime hanno costretto il contadino lucano a un’esistenza sub-umana. Per tentare di scrollarsi di dosso la miseria una volta per tutte si emigra. Mezzo milione di lucani sono emigrati in questo secolo. Per chi resta, la vita è aspra e amara. E dominata dalla paura, dice lo studioso Lombardi Satriani, che nota: « Paura della miseria, dell’ambiente naturale ostile, dei meccanismi della società. L’esperienza quotidiana per cui quel poco che è necessario per sopravvivere deve essere strappato con fatica alla natura e agli altri ha colorato l’orizzonte di vita lucano di tinte cupe “.Questa era Genzano,questa era la Basilicata di quasi 40 anni fa.Gente laboriosa,ricca di affetti e con il senso innato del diritto e della giustizia.Radici importanti.Che non seccano.Non potranno seccare!