Pastori sardi nel “continente” per protesta
La Sardegna, nell’immaginario collettivo di chi abita ’in continente’, come usano dire gli abitanti dell’isola, riporta alla mente cartoline di una terra meravigliosa, abbastanza vicina da poter essere raggiunta agevolmente, ed abbastanza lontana da poterla considerare il rifugio per le agognate vacanze estive.
Ma pensare alla Sardegna solo in riferimento alle sue spiagge è un errore tanto diffuso quanto madornale. Perché se il turismo isolano continua malgrado tutto a tirare avanti, ci sono settori fondamentali dell’economia dell’isola che stanno sprofondando sotto il peso della crisi economica, della disattenzione della politica e, non ultimo, dell’indifferenza di tanta informazione. Questo è lo stato attuale dell’agro-pastorizia sarda: un settore che per secoli ha costituito, e costituisce ancora, un ramo portante dell’economia dell’isola e che oggi rischia semplicemente di dissolversi.
Da anni il Movimento Pastori Sardi porta avanti una battaglia volta a rendere a questo settore la posizione che gli spetta nel quadro economico nazionale. Qualche ora di traghetto non sembra essere un problema per questi vivaci attivisti che realizzano spesso pacifiche ’incursioni’ nella penisola, l’ultima delle quali proprio ieri a Roma, in occasione del summit sulla Politica agricola comunitaria, che ha visto presente anche il commissario europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale Dacian Ciolos. Di questo ed altro abbiamo parlato con Felice Floris, Presidente del Movimento.
Signor Floris, sembra durante il vostro sit in romano ci siano stati dei momenti di tensione, malgrado i presupposti totalmente pacifici, come mai?
Non capiamo bene cosa sta succedendo a Roma perché ogni volta che ci siamo affacciati in quel territorio c’è sempre un po’ di ostilità che non riusciamo a capire. Una volta perché non chiediamo autorizzazioni, un’altra volta perché l’amministrazione decide di spostarci rispetto alla nostra richiesta, e cosi via. Noi abbiamo inoltrato una richiesta alla questura di Roma attraverso la questura di Sassari, in cui abbiamo comunicato che noi saremmo stati li il 29 in via 24 maggio a fare un sit-in occasione della venuta di Ciolos in occasione di questo convegno sui fondi all’alimentazione. Non c’è stato nessun contrordine. Quando siamo arrivati li, e siamo arrivati scaglionati perché siamo stati prudenti – i siciliani, venuti con il pullman, li hanno aspettati all’entrata di Roma, scortati in forze e chiusi in un recinto, come hanno fatto con noi a Milano quando siamo andati davanti alla Borsa – e man mano che arrivavamo ci è stato detto che non potevamo stare lì. Al che ho chiesto di poter parlare con il responsabile del servizio e mi è stato detto che non avevamo autorizzazione. Chiamata la questura di Sassari, mi è stato confermato che non c’erano stati problemi. Molto probabilmente è stato richiesto dagli organizzatori del convegno di tenerci distanti, in maniera ingiustificata, anche perché eravamo una piccola delegazione. Ci hanno obbligati ad andare molto distante e volevano chiudere anche noi in quel “recinto.
Eravate circa duecento, dico bene?
No, eravamo un centinaio, poco più di cento.
Il Movimento Pastori Sardi nasce negli anni novanta. Come è evoluto in questi vent’anni e come, e se, sono cambiate le istanze portate avanti dal movimento?
Pensi che è nato quando mio figlio aveva sei anni, ed ora è un pastore adulto ed un organizzatore del Movimento. Abbiamo accresciuto la nostra maturità sul campo, abbiamo valutato punti deboli e punti di forza, ragioniamo con i criteri dell’analisi e della conoscenza: tutta una serie di cose che ci permette di anticipare quello che per altro è ancora distante. Stiamo seguendo la questione della Pac da un anno, perché sappiamo che lì si sta tracciando il destino dell’agricoltura europea, e ci sono posizioni che sono quelle del “lasciamo le cose come stanno, perché è meglio”, da parte di coloro che hanno sempre preso un mucchio di soldi da questa Pac, molti dei quali non sono nemmeno agricoltori, questo è il bello. La cosa positiva è che sembra che Ciolos abbia visto giusto: qui c’è gente troppo grassa, che ha preso molto dalla Comunità e poi, all’interno di ogni singolo stato e di ogni singola regione, questa divisione non c’è mai stata. Ad esempio in Italia, tra le aree del sud e del nord, ma con delle eccezioni, visto che ad esempio la Puglia è una regione avvantaggiata come la Lombardia ed il Veneto, oppure il nord della Francia rispetto al sud della Francia.
Se ieri era interesse della Comunità europea spingere sulle agricolture potenzialmente più produttive ed incentivarle, perché c’era un problema di approvvigionamento, oggi quel problema non c’è più e nasce una questione di interesse sulle produzioni locali, non più agroindustriali, che vivono in sintonia con l’ambiente e le culture locali. Insomma, una rivoluzione davvero profonda. Noi abbiamo colto questo sentore, ed eravamo proprio li per dire a Ciolos “vai avanti che siamo con te”. Si sta andando a scardinare il potere dei forti e non sarà un’impresa facile, ma per quello che possiamo contare le nove regioni italiane che potranno beneficiare da una riforma della Pac daranno sostegno. Questo era il significato, un sit-in di solidarietà.
Qual è lo stato attuale del settore agricolo-pastorale sardo?
In Sardegna è al fallimento totale, ormai è collassato. Il nostro territorio è 70% collinoso, dal punto di vista dell’agricoltura intensiva è perdente. Ma è un territorio vasto e con pochi abitanti, per cui ben si presta al nostro lavoro di pastorizia estensiva. Il mantenimento dell’ambiente è anche il mantenimento di una fetta grossa dell’economia sarda, perché produciamo il 50% del latte italiano, produciamo latte di pecora quanto la Francia e la Spagna messe insieme. Non siamo una debolezza ma una forza che è crollata perquesto latte, che a livello europeo mediamente ha il valore di 1 euro, in Sardegna siamo ancora mediamente a 60, 65 centesimi.
E questo da cosa dipende?
Dipende da una componente di trasformatori che sono padroni del nostro latte, dipende dal fatto che siamo un’isola e spostarsi non esiste: il latte è un bene facilmente deteriorabile e sei comunque soggetto ad offrire a quello che te lo chiede, ad accettare le condizioni che ti impongono. Per cui loro non solo praticano un prezzo basso, ma non sviluppano nemmeno un valore aggiunto a quel formaggio, continuando a produrre formaggi di basso valore aggiunto e di basso valore commerciale perché, avendo la materia prima, possono permettersi anche di non crescere.
Una risorsa incredibile che va sprecata.
Io molte volte mi dico: “ma è possibile che la politica sia cosi secca che non capisce le potenzialità?” E’ vero che come Plv (Produzione lorda vendibile, ndr) noi non esprimiamo come la Saras, che è a Sarroch in provincia di Cagliari, che fa cinque volte quello che facciamo noi. Però è una struttura che da occupazione a poche centinaia di persone, e poi i guadagni che sta realizzando oggi sono destinati a poche persone. A noi resteranno gli svantaggi di dover bonificare quelle aree con dei costi per la collettività molto alti. Noi definiamo la pastorizia e l’agricoltura è un’economia democratica, perché è ben distribuita in questo vasto territorio e convive in maniera perfetta con l’ambiente. Sono tutte cose che un politico che ama i suo territorio deve condividere. Non lo fa perché è molto più facile sostenere i forti, creare delle cattedrali che mai produrranno, è più facile andare avanti con delle mentalità ’moderne’ che sono però già fallite. Quella alimentare è una sfida per il futuro, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Ci sono anche altri sospetti, che non esponiamo certamente in maniera velata, che si vorrebbe la Sardegna come un posto libero da utilizzare per altri interessi, come le energie rinnovabili. Non tanto dall’interesse di produrre energia, ma di avere quelle estensioni coperte di vetro e di pale per poter beneficiare di buoni verdi nella negoziazione internazionale. Una speculazione: se io ho la fabbrica a Berlino e non mi metto in regola con le norme del trattato di Kyoto ho dei grandi problemi. Se io ho delle quote di energia verde, invece, le posso barattare. Il discorso è molto semplice: la Sardegna è una regione autosufficiente come produzione di energia elettrica. Oltretutto l’energia in più è venduta al continente attraverso due cavi sottomarini che sono già saturi. Che senso ha incentivare produzione di energia che non si riesce neanche a mettere in rete? In giro per le nostre campagne si vedono decine e decine di pale ferme, secondo noi per questa ragione qui.
Prima ha parlato del vostro sostegno alle politiche europee. E con i politici locali che rapporto avete?
Se posso raffigurarli in due battute, sembrano i vecchi signorotti che si accontentavano, quando venivano i viceré, di questo o quel pezzo di terra in cambio dei loro regi decreti.
Sul vostro sito (www.movimentopastorisardi.org) avete pubblicato una lettera, datata 2 novembre, indirizzata all’Assessorato all’agricoltura ed alla riforma agro-pastorale, in cui richiedete un incontro con l’assessore Oscar Cerchi. C’è stato questo incontro, e con quale esito?
No, non c’è stato. Non ha capito che si sta misurando con un movimento grande e determinato. Gli abbiamo chiesto per ben due volte un incontro per discutere una soluzione per eliminare il monopolio del latte, creare veramente un libero mercato, un equilibrio del processo di produzione senza spendere una lira, ci sono soldi già stanziati e mai spesi. Non stiamo cercando niente, stiamo cercando di dare delle idee.
Del tutto inascoltati dalla politica locale?
Io l’ho sempre detto: stanno aspettando che ci scappi il morto. E non lo dico così, ma perché sono realmente preoccupato: nel movimento c’è gente che ho visto crescere. Stanno tirando una corda che ormai è talmente tesa che basta un niente per spezzarla.
Ultimissima battuta. Avete fiducia nel nuovo Ministro dell’agricoltura?
No, assolutamente. Non lo dico per polemica, è una cosa verificabile: è una persona che è stata trentacinque anni dentro il ministero, è stato collaboratore di un mucchio di ministri, da Goria a Romano, per cui è stato legato alle grandi lobby, alle lobby del tabacco, alla Philip Morris, agli ingrassatori di vitelli padani, all’agroindustria.
Ai ’poteri forti’?
Ai poteri forti. Può andare tranquillamente a braccetto con De Castro (Paolo De Castro, Presidente della Commissione Agricoltura a Strasburgo, ndr), che rappresenta anche lui quel tipo di poteri.
(pubblicato su www.lindro.it)